Veterani e outsider, rivelazioni e revenant, star in cerca di doppiette e altre in attesa della prima vittoria. È una competizione agguerrita, quella per gli Oscar agli attori e alle attrici, protagonisti e non, anche perché i vari premi della lunga e ricca awards season non stanno indicando trionfatori annunciati. Vediamo lo stato delle cose, categoria per categoria. Le votazioni dei membri dell’Academy terminano il 16 gennaio, l’annuncio delle candidature è fissato al 22, la cerimonia di premiazione si svolgerà il 15 marzo.

Miglior attore

Difficile sostenere che un attore di appena trent’anni sia in credito di un Oscar, eppure Timothée Chalamet, la più grande star della sua generazione, meriterebbe davvero una vittoria. Mancata la statuetta un anno fa, quando grazie al suo Bob Dylan di A Complete Unknown avrebbe potuto diventare il più giovane vincitore della storia (ironia della sorte: è stato battuto da Adrien Brody per The Brutalist, detentore del titolo grazie all’Oscar vinto con Il pianista), Chalamet – già candidato nel 2018 per Chiamami col tuo nome – ci riprova con Marty Supreme di Josh Safdie, in cui dà vita a un venditore di scarpe ossessionato dal ping pong nella New York degli anni Cinquanta.

Come accaduto con il biopic di Dylan (la gag con la bici a noleggio, la partecipazione al concorso di sosia del cantautore, l’album di cover, il look ispirato alle varie fasi della carriera, la disponibilità con i fan), Chalamet si sta spendendo moltissimo nella campagna per la statuetta: una live streaming strutturata come un hellzappopin, una diretta Instagram con una chiamata Zoom per discutere della strategia di marketing di Marty Supreme con l’A24 (che distribuisce il film), l’idea di usare l’arancione così come Barbie tinse tutto di rosa. Ed è anche una campagna metatestuale perché incrocia le vicende del protagonista con “la ricerca di grandezza” dichiarata dallo stesso Chalamet nel suo discorso di accettazione del SAG Award per A Complete Unknown.

LEONARDO DI CAPRIO as Bob Ferguson in “One Battle After Another.” A Warner Bros. Pictures Release. Photo Courtesy Warner Bros. Pictures
LEONARDO DI CAPRIO as Bob Ferguson in “One Battle After Another.” A Warner Bros. Pictures Release. Photo Courtesy Warner Bros. Pictures

LEONARDO DI CAPRIO as Bob Ferguson in “One Battle After Another.”  A Warner Bros. Pictures Release. Photo Courtesy Warner Bros. Pictures
 

Chalamet è generalmente considerato l’erede di Leonardo DiCaprio, non solo perché (teen) idol bello e carismatico ma anche perché crede nel cinema e appartiene al grande schermo (per dire, Chalamet e DiCaprio non fanno serialità, scelgono i film con cautela e precisioni, esercitano un divismo che è sintomo di eccezionalità). DiCaprio, cinquantuno anni, è in corsa per la seconda statuetta grazie al frontrunner di questa edizione, Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson, nel ruolo di un rivoluzionario decaduto, pieno di ansie e paranoie, alle prese con il ritorno del suo acerrimo nemico. La “narrazione Oscar” di DiCaprio è mitologica: già ignorato per Titanic, dopo quattro candidature da protagonista ha vinto esattamente dieci anni fa con l’Oscar bait Revenant (“esca per Oscar”: quelle performance che sembrano studiate e realizzate per attirare l’attenzione dell’Academy).

Wagner Moura, già Pablo Escobar della serie Narcos, potrebbe confermare il bel momento del cinema brasiliano, dopo dopo Io sono ancora qui (Oscar per il film internazionale ma anche nomination per il film e l’attrice, Fernanda Torres). In L’agente segreto di Kleber Mendonça Filho, Moura, premiato al Festival di Cannes, interpreta un dissidente politico che, nel Brasile della dittatura militare del 1977, pianifica un modo per fuggire con il figlio ma si accorge di essere finito in una rete di sorveglianza.

Margaret Qualley e Ethan Hawke in Blue Moon di Richard Linklater
Margaret Qualley e Ethan Hawke in Blue Moon di Richard Linklater

Margaret Qualley e Ethan Hawke in Blue Moon di Richard Linklater

(Sabrina Lantos / Sony Pictures Classics)

Attore stimato e amatissimo, da quarant’anni in attività, il cinquantacinquenne Ethan Hawke ha raccolto meno riconoscimenti di quanti ne avrebbe meritati. La terza nomination all’Oscar potrebbe arrivare grazie a Blue Moon, diretto dal sodale Richard Linklater, in cui si trasfigura nel leggendario paroliere Lorenz Hart, colto nella sera della prima del musical Oklahoma!, scritto dal suo ex collaboratore Richard Rodgers. Hawke è gigantesco in un personaggio non solo molto basso, ma che si abbassa via via che la serata procede, schiacciato dalla delusione, dalla malinconia, dai ricordi, dalle frustrazioni, dal passato.

E, sì, si fa fatica a credere che il cinquantunenne australiano Joel Edgerton non abbia mai ricevuto una candidatura dall’Academy. Che Train Dreams sia la volta buona? Nell’opera seconda di Clint Bentley, presentata al Sundance e poi acquistata da Netflix, è un taglialegna che affronta le sfide di un mondo in rapido cambiamento, trovando bellezza e brutalità nelle foreste che ha contribuito a trasformare.

A caccia della prima candidatura anche Michael B. Jordan, la star afroamericana più potente emersa negli ultimi anni, capace di incidere in un blockbuster che ha segnato una stagione (il cattivo di Black Panther) e di rivisitare una saga con intelligenza (Creed, da Rocky, di cui ha anche diretto il terzo capitolo). La sua interpretazione in I peccatori di Ryan Coogler è a prova di Oscar: due fratelli gemelli criminali che tornano nella loro città natale segnata da un male soprannaturale. Anche Oscar Isaac non ha mai ricevuto una nomination dall’Academy e chissà se i buoni riscontri per Frankenstein possano spingerlo nella cinquina.

Al di là di Hawke (ma con un personaggio non esattamente popolare) e, parzialmente, di Chalamet (Marty Supreme è ispirato a Marty Reisman, medaglia di bronzo ai mondiali di tennistavolo), mancano i grandi biopic. Inizialmente favoriti, Dwayne Johnson per The Smashing Machine (su Mark Kerr, campione delle MMA) e Jeremy Allen White per Springsteen: Liberami dal nulla sembrano essere fuori dai giochi, anche per scarsi rendimenti al botteghino. Tra gli outsider, Jesse Plemons, che si conferma interprete di valore grazie al complottista di Bugonia, e, perché no, George Clooney, nel meta-para-biopic Jay Kelly.

Miglior attrice

Avessimo scritto questo pezzo qualche mese fa, avremmo indicato come favorite alcune vincitrici in cerca di doppietta come Julia Roberts, professoressa al bivio in After the Hunt, Jennifer Lawrence, madre con depressione post partum in Die My Love e Laura Dern, ex moglie di uno stand-up comedian in È l’ultima battuta?, star in ascesa da Sydney Sweeney (il biopic Christy sulla pugile Martin, flop al botteghino) a Dakota Johnson (Material Love, che sconta lo snobismo sulle commedie sui sentimenti), outsider fuori dalla norma come la novantaseienne (96!) June Squibb per Eleanor the Great, opera prima di Scarlett Johansson, e la rediviva Kate Hudson, che emoziona cantando Neil Diamond in Song Sung Blue. I premi delle varie associazioni che si stanno accumulando in questo periodo ci dicono che – a parte Hudson, in ascesa – nessuna di queste attrici è davvero della partita.

Come capita sempre più spesso, quella per la miglior attrice si conferma la categoria più competitiva. Sull’onda del successo della coetanea Mikey Madison, che con Anora ha superato Demi Moore, la folgorante esordiente Chase Infiniti, venticinque anni, è tra le grandi favorite grazie al suo personaggio in Una battaglia dopo l’altra, la figlia ribelle di DiCaprio che sfida i suprematisti, i razzisti, i fascisti.

4238_D045_00238_RJessie Buckley stars as Agnes and Joe Alwyn as Bartholomew in director Chloé Zhao’s HAMNET, a Focus Features release.Credit: Agata Grzybowska / © 2025 FOCUS FEATURES LLC
4238_D045_00238_RJessie Buckley stars as Agnes and Joe Alwyn as Bartholomew in director Chloé Zhao’s HAMNET, a Focus Features release.Credit: Agata Grzybowska / © 2025 FOCUS FEATURES LLC
Jessie Buckley stars as Agnes and Joe Alwyn as Bartholomew in director Chloé Zhao’s HAMNET, a Focus Features release.Credit: Agata Grzybowska / © 2025 FOCUS FEATURES LLC

Anche la trentaseienne irlandese Jessie Buckley è in rampa di lancio per la statuetta grazie a Hamnet – Nel nome del figlio, in cui interpreta la moglie di William Shakespeare, una figura sospesa tra stregoneria e realtà, devastata dal dolore dopo la morte di uno dei figli. Un’interpretazione dilaniante che conferma la qualità di quest’attrice già candidata per La figlia oscura e pronta al salto “pop” con La sposa!, horror ispirato a La moglie di Frankenstein.

Il tema della maternità torna anche nella performance di Rose Byrne, che in If I Had Legs I’d Kick You è una terapeuta sull’orlo di un esaurimento nervoso, che vive con la figlia affetta da una misteriosa malattia. Per la quarantaseienne Byrne Premiata a Berlino con l’Orso d’Argento, il National Board of Review e il riconoscimento dei critici di New York, è la grande occasione per una candidatura ed, eventualmente, un alloro. Così come Il testamento di Ann Lee, biopic musicale su una predicatrice del Settecento, lo è per la quarantenne Amanda Seyfried, attrice dalla carriera altalenante tra hit e flop.

Dimenticata dall’Academy ai tempi del magnifico La persona peggiore del mondo, la norvegese Renate Reinsve è in predicato di cinquina grazie a Sentimental Value di Joachim Trier, in cui interpreta un’attrice in conflitto con il padre, grande regista che la vorrebbe per il film del suo rilancio. Trentotto anni, pronta a muoversi tra grande cinema europeo e occasioni americane, rappresenterebbe la “quota non anglofona” che ciclicamente si ritrova nella categoria (Fernanda Torres, Karla Sofía Gascón, Sandra Hüller, Penélope Cruz).

Renate Reinsve e Anders Danielsen Lie in Sentimental Value
Renate Reinsve e Anders Danielsen Lie in Sentimental Value

Renate Reinsve e Anders Danielsen Lie in Sentimental Value

(Kasper Tuxen Andersen)

Che dire di Cynthia Erivo? In caso di candidature, diventerebbe la prima interprete afroamericana a ricevere tre nomination come migliore attrice. La sua Elphaba è un personaggio amatissimo, soprattutto negli Stati Uniti in cui Wicked è un vero e proprio fenomeno culturale, e la nomination arriverebbe un anno dopo quella ottenuta per il primo capitolo. E forse sconta proprio il fatto che si tratta della seconda parte: una conferma, certo, ma che consolida e non sorprende il suo statuto, con altre attrici pronte a soffiarle il posto in cinquina. Il Critic’s Chioce Awards non è un indicatore, ma il fatto che non sia stata segnalata è interessante.

E, in questo panorama, la veterana finisce per essere Emma Stone, che a trentasette anni è l’attrice (e produttrice) più potente d’America: grazie a Bugonia, una distopia satirica che ha anche prodotto e in cui interpreta una capitalista “venuta da lontano”, potrebbe ottenere la quinta candidatura in undici anni (e, volendo, la terza vittoria).

Miglior attore non protagonista

Sembra la categoria che promette meno sorprese. A contendersi i cinque posti in palio sono meno di dieci attori. Due hanno già un Oscar in bacheca e fanno parte del cast dello stesso film, Una battaglia dopo l’altra: Sean Penn – che di statuette ne ha due – ha il personaggio più appariscente, un colonnello razzista, misogino e fascista che dà la caccia al rivoluzionario DiCaprio, ma, nel ruolo di un rispettato maestro di karate e protettore degli immigrati clandestini, Benicio del Toro – che potrebbe vincere nella stessa categoria a venticinque anni da Traffic – è la “forza tranquilla” che sta raccogliendo premi dalle associazioni.

TEYANA TAYLOR as Perfidia and SEAN PENN as Col. Steven J. Lockjaw in “One Battle After Another.” A Warner Bros. Pictures Release. Photo Courtesy Warner Bros. Pictures
TEYANA TAYLOR as Perfidia and SEAN PENN as Col. Steven J. Lockjaw in “One Battle After Another.” A Warner Bros. Pictures Release. Photo Courtesy Warner Bros. Pictures

TEYANA TAYLOR as Perfidia and SEAN PENN as Col. Steven J. Lockjaw in “One Battle After Another.”  A Warner Bros. Pictures Release. Photo Courtesy Warner Bros. Pictures
 

È tempo di nomination che per lo stimato e navigato Stellan Skarsgård, che a settantaquattro anni potrebbe entrare in gara per la prima volta grazie a Sentimental Value, in cui incarna un famoso regista ormai caduto nel dimenticatoio che cerca di riallacciare un rapporto con le figlie abbandonate da piccole. Peccato che sia sempre meno probabile la candidatura di suo figlio, Alexander Skarsgård, motociclista che intreccia una relazione BDSM nel romantico Pillion: non si era mai vista un corsa con padre e figlio in “lotta” per lo stesso premio.

Trentenne a febbraio, l’idolo generazionale Paul Mescal ha un posto sicuro grazie alla sua straziante interpretazione di Shakespeare in Hamnet, e si tratterebbe della seconda candidatura dopo quella da protagonista per Aftersun. Andrew Scott, suo compagno di scena nel meraviglioso (e dimenticato dall’Academy) Estranei, è in corsa per Blue Moon: la sua partecipazione nel ruolo di Richard Rodgers ha uno screen time molto breve ma l’impatto è cruciale nel far affiorare il dolore dell’amico Hanz e l’antico affetto che li lega (non a caso la giuria della Berlinale l’ha premiato con l’Orso d’Argento).

© 2025 Netflix, Inc.
© 2025 Netflix, Inc.
FRANKENSTEIN. Jacob Elordi as The Creature in Frankenstein. Cr. Ken Woroner/Netflix © 2025. (Ken Woroner/Netflix)

Altra star in ascesa, il ventottenne Jacob Elordi prenota un posto per Frankenstein, forte di un personaggio mitologico (la Creatura) e di un lavoro sul trucco che ne esalta la performance. Sempre sul fronte dei giovani talenti, l’infallibile Josh O’Connor potrebbe ottenere il primo cenno grazie al suo prete ex pugile in Wake Up Dead Man: Knives Out. A caccia della prima candidatura anche una star popolarissima come Adam Sandler, che nel ruolo dell’agente factotum è il cuore di Jay Kelly. Meno chance per due veterani come Delroy Lindo (73 anni) che si immola in I peccatori e William H. Macy (75 anni) che illumina Train Dreams.

Miglior attrice non protagonista

Riflettori puntati su Ariana Grande, in corsa per la seconda nomination consecutiva per il ruolo di Glinda, personaggio che in Wicked – Parte 2 ha uno sviluppo articolato e sorprendente. La storia ci dice che i musical portano fortuna alle non protagonista (Catherine Zeta-Jones, Anne Hathaway, Ariana DeBose e Zoe Saldaña) ma la popstar – che ha annunciato una pausa dalla musica – potrebbe scontare le stesse problematiche di Erivo. Ma a spadroneggiare tra le candidate dovrebbero essere alcune attrici mai in corsa finora.

Teyana Taylor, cantautrice R&B rivelata dall’indie A Thousand and One, è la favorita grazie a Una battaglia dopo l’altra: è lei, leggendaria rivoluzionaria compagna di DiCaprio, a innescare un passaggio fondamentale della storia e a condividere con Penn uno dei momenti più memorabili del film. Sempre per PTA, c’è una suggestione attorno a Regina Hall, un’altra guerrigliera che appare per otto minuti confermandosi attrice di valore.

Inga Ibsdotter Lilleaas e Elle Fanning in Sentimental Value
Inga Ibsdotter Lilleaas e Elle Fanning in Sentimental Value

Inga Ibsdotter Lilleaas e Elle Fanning in Sentimental Value

(Kasper Tuxen Andersen)

Due non protagoniste anche per Sentimental Value: se la norvegese Inga Ibsdotter Lilleaas nel ruolo di una delle due figlie di Skarsgård sta raccogliendo consensi nel circuito della critica, la ventisettenne Elle Fanning come nuova musa può trovare la prima candidatura dopo quasi venticinque anni di carriera (ha debuttato nel 2001 con Mi chiamo Sam accanto a Sean Penn). Doppietta anche per I peccatori, con la vincitrice del Gotham Wunmi Mosaku, ex moglie che pratica l’occulto, e la già candidata Hailee Steinfeld, ex fidanzata immortale (la prima nomination nel 2011 per Il Grinta).

E doppietta anche per Marty Supreme, con la newcomer Odessa A’zion e la rediviva Gwyneth Paltrow (vincitrice nel 1999 con Shakespeare in Love), una delle poche “veterane” nel novero delle papabili insieme a Emily Watson (madre di Shakespeare in Hamnet, con almeno una scena da antologia: la prima delle sue due candidature nel 1997 con Le onde del destino) e l’eterna Glenn Close (la più grande attrice americana mai premiata con l’Oscar è la cosa migliore di Wake Up Dead Man: Knives Out, e meriterebbe la nona candidatura in carriera). E soprattutto, Amy Madigan, nominata nel 1986 per Due volte nella vita e tornata alla ribalta grazie alla memorabile apparizione in Weapons: la sua misteriosa, eccentrica, spaventosa zia Gladys è uno dei grandi personaggi dell’annata.