Qual è lo stato di cattività, o di residuale libertà, che la dittatura impone? Quanto difficile affrancarsi, e non solo dal potere, ma dal senso di angoscia che esso genera? Come si finisce, ché si finisce, braccati, ovvero ridotti all’ineluttabilità – e gli altri, i cari, che ne è di loro?

Interrogativi che trasudano – sì, trasudano – da O agente segreto di Kleber Mendonça Filho, che nella natale Recife, genius loci e topos ideologico, inquadra Marcelo (Wagner Moura, sottile e intenso), in fuga dal passato e in procinto di riabbracciare il figlio nel 1977 della dittatura militare.

In Concorso a Cannes 78, un thriller eminentemente e non banalmente politico, che il regista di Retratos Fantasmas (2023), il documentario sul cinema nella sua Recife, del “generico” Bacurau (2019) e dell’eccellente Aquarius (2016) declina nella memoria del Paese, con un agente sotto copertura operativa e al di sopra di ogni sospetto morale, spia scoperta della repressione del Sistema e, di converso, della resistenza umana. Di Bacurau, appunto, c’è l’incursione di genere, ovvero una gamba amputata che si vendica, di Aquarius la profondità esistenziale, giocate nel Brasile del regime dei Gorillas: Marcelo cerca di sfuggire al suo misterioso retaggio, lascia San Paolo per Recife, ma la pace – durante un Carnevale che fa 91 morti – è possibile, l’inteso rifugio è agibile?

Kleber Mendonça Filho ha cercato di "esplorare come gli individui operano all'interno di un sistema oppressivo, come resistono o si sottomettono", ricreando l'atmosfera oppressiva di una dittatura per trasmettere l'angoscia dei personaggi agli spettatori: "Questo film ci immerge in un'epoca in cui i muri avevano orecchie e in cui ogni mossa poteva essere sospetta" – il lavoro sul sonoro è notevole, la sottrazione al verosimile, al fattuale sensibile e, appunto, inquietante.

Non è un film perfetto: la cornice contemporanea in cui ritroviamo, per mezzo delle audiocassette esaminate da una ricercatrice, la vicenda di Marcelo è arbitraria, posticcia, deludente, e la narrazione, anche per l’iterazione cui si concede, è farraginosa, stracca a tratti, ma O agente secreto rinnova l’attenzione politica di Kleber Mendonça Filho per il proprio Paese, di cui sonda le dinamiche di potere e ausculta le diseguaglianze sociali con transfocate temporali e, sì, ideologiche.

Dopo Io sono ancora qui di Walter Salles, Academy Award al miglior film internazionale quest’anno, il Brasile consegna a sé e al mondo un altro monito civile sulla dittatura militare.