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Nel 1908 il giornalista Gaston Leroux scrisse un romanzo che ha fatto la storia del genere: Il mistero della camera gialla, poi diventato un film nel 2003 per la regia di Bruno Podalydès. Qui si legge: “Eppure signore, è l’unico modo di spiegare le cose! La Camera Gialla era chiusa come una cassaforte. Per usare le vostre espressioni, era impossibile all’assassino uscirne normalmente o anormalmente”. Sembra che Rian Johnson sia partito da qui per realizzare il terzo capitolo del franchise di Knives Out, dal titolo Wake Up Dead Man – Knives Out.
Un monsignore dall’anima poco candida viene ucciso, bisogna scoprire il colpevole. È il nuovo caso di Benoit Blanc, che incarna tutti i grandi investigatori del passato. Sembra scaturire dalla mente di Agatha Christie, ma in lui abitano anche Maigret, Dupin, Ellery Queen e tanti altri. È uguale e diverso da loro, perché Blanc è figlio dei nostri anni, è un gallo cedrone da cui è impossibile non rimanere ammaliati, è un Poirot (lontano da quello di Branagh e più vicino al letterario) che si confronta con le fragilità di questa epoca. I suoi abiti sono inconfondibili, è sempre al centro della scena.
Johnson capisce il potere del protagonista, e allora sceglie di spiazzare lo spettatore. Blanc entra in scena dopo quaranta minuti, e non è il mattatore. Al centro c’è il Padre Brown della situazione, pronto a fargli da gregario. Ha la tonaca, un vissuto burrascoso, e un avvenire che rischia di essere dietro le sbarre. A trionfare è l’intelletto, in un’inaspettata riflessione sulla fede.
Si scontrano ideologie diverse: da una parte c’è chi sostiene che la Chiesa debba reagire con rabbia alle provocazioni subite, dall’altra che bisogna porgere l’altra guancia. Intanto dal pulpito tuonano sermoni di fuoco, da cui nessuno si salva. Johnson si destreggia tra la morte e la resurrezione. Utilizza la consueta ironia e un cast all star (ormai un marchio di fabbrica: Daniel Craig a Josh O’Connor, per arrivare a Glenn Close), e si trasforma in un illusionista pronto a scatenare applausi con un gioco di prestigio.
La parola è al centro, in un film di grande attualità. La politica passa attraverso i social, le guide si rivelano i primi colpevoli, e chi è senza peccato scagli la prima pietra. I bersagli sono coloro che vivono ai margini e chi non si omologa alle tendenze turbocapitaliste. L’America profonda viene descritta con tutte le sue irrequietezze, gli Stati Uniti sono un luogo in cui nessuno oggi può “andare in pace”. Blanc si fa predicatore della verità, alimenta una saga sempre di ottima fattura, da cui non si può che attendere la prossima indagine. Johnson diventa più profondo, morale, in una realtà in cui anche una messa (in barba a Napoleone che ci costruì un impero) può rivelarsi letale.

