Quattro semi di dente di leone in fuga dalla Terra per il cosmo. Momoko Seto debutta con l’animazione in una favola naturalista anche spassosa ma narrativamente debole. Alice nella Città
Le elezioni del 1993 in Nigeria negli occhi di due fratellini in viaggio con il padre verso Lagos. L’esordio di Akinola Davies Jr è una rapsodia dolceamara sulle illusioni di libertà del paese africano. Una perla folgorante ad Alice nella Città
Tra Cannes, TikTok e sale d’essai: come le nuove etichette indipendenti stanno cambiando il modo di produrre, distribuire e vivere i film, senza rinunciare alla visione e all'identità
Al Festival di Cannes abbiamo incontrato uno degli attori più talentuosi del momento, nel cast di La trama fenicia. E ci ha parlato anche di Sidney Lumet (“Non sprecava neanche un respiro”) e Spike Lee, che lo dirige in Highest 2 Lowest, fuori concorso sulla Croisette
Con la vittoria a Cannes, il regista iraniano ha conquistato i massimi riconoscimenti dei quattro principali festival europei. Ed eguaglia il record del maestro dell’incomunicabilità: ci sono altri che possono entrare nel club? (Spoiler: sì)
Da Resurrection a Sound of Falling, passando per O agente secreto, Renoir e Romería. Nel passato - delle nostre esistenze e del cinema - le radici su cui costruire il presente. E il futuro dell’immaginario
Il festival è uno spazio di tensione tra rappresentazione e realtà, per reagire alla saturazione digitale del presente e aprire varchi sul mondo. E ci ha dimostrato la necessità di prendere posizione
Flashback, voice-over, split screen, danza: quattro strategie formali per un cinema che risponde al cul de sac dell’immaginario. E un’assenza di peso: il drone
Dalla clandestinità alla Palma d’Oro 2025, il maestro iraniano scolpisce la memoria collettiva trasformando ogni fotogramma in gesto politico e carne viva dell’immagine
Premi a Mendonça Filho, Trier, Schilinski e Laxe per un palmarès che intreccia gesto politico e ricerca formale, consacra nuove voci e lascia fuori Loznitsa.
Giuria a maggioranza femminile, equilibrio geopolitico, potere delle indie-prestige. Tutti gli incastri e un solo frontrunner: A Simple Accident di Panahi. Con Loznitsa e Laxe pronti al colpo di scena
Kelly Reichardt firma un film di impeccabile rigore formale, sospeso tra minimalismo, disillusione e un'America che si perde nei suoi stessi ideali. Ma il coinvolgimento emotivo resta un'ipotesi. In concorso
L’insostenibile leggerezza di essere israeliani: Nadav Lapid firma un’opera batailliana, furiosa e scomposta, un grido animale che percuote non solo il Medio Oriente. Incredibilmente alla Quinzaine e non in concorso
I fratelli Dardenne ritrovano la loro voce più autentica: un film intenso e poetico sulla responsabilità, la maternità e la forza della cura. Miglior sceneggiatura a Cannes 78
Un’opera che giunge alle radici delle storie di Lav Diaz. E così l’avventura dell’esploratore diventa una storia di violenza, di ammutinamenti sedati nel sangue, dagli echi ancestrali e primordiali classici nel cinema del regista filippino. In Cannes Premiere
Europa Cinemas Cannes Label e premio degli autori al film del belga Valéry Carnoy, che affronta temi legati alla questione maschile e al rapporto con la violenza
La giuria, presieduta da Rodrigo Sorogoyen, sceglie l’esordio del thailandese Ratchapoom Boonbunchachoke, un incrocio stravagante tra satira sociale e commedia romantica in cui i fantasmi si reincarnano elettrodomestici
A Un Certain Regard, il film di Rigo de Righi e Zoppis sovverte i codici del genere: da Buffalo Bill alla ribellione femminile, passando per un buttero vulnerabile. In scena anche Nadia Tereszkiewicz e John C. Reilly
Nel nuovo film di Saeed Roustaee, nemmeno la morte di un bambino scuote una società sclerotizzata. Un'opera bulimica e forzata, che soffoca la denuncia sociale annegando nella telenovela. In concorso
Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis giocano ancora col western e il picaresco. Buono ma non superbo come Re Granchio, bravi Nadia Tereszkiewicz e Alessandro Borghi. In Un Certain Regard a Cannes 78
Tra la classicità di Brokeback Mountain e la malinconia privata di Moffie, Hermanus tenta una riflessione errante e dolente sul tempo, sull’amore e sul non essere mai dove si dovrebbe. Con più anacronismo che affettazione, in concorso