Un western girato in Italia, ma che parla all’oggi, che nasce dal mito di Buffalo Bill e si trasforma in una fuga amorosa, in una storia di emancipazione. È Testa o croce, il nuovo film della coppia Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, presentato nella sezione Un Certain Regard. Un film che, nelle parole dei suoi autori, “parte da una premessa classica per attraversare tutti i sottogeneri del western: revisionista, anti-western, surreale”.

Il punto di partenza è una leggenda popolare, la famosa sfida tra i cowboy americani di Buffalo Bill e i butteri italiani: “Conoscevamo la storia fin da bambini – raccontano i registi – ci è sempre sembrato un punto di partenza perfetto per costruire un film che iniziasse come un western classico e si trasformasse, scena dopo scena”.

Ma a colpire è anche lo sguardo tutto contemporaneo: “Ci interessava molto inserire un personaggio femminile forte, Rosa – spiega Zoppis – e fare in modo che fosse lei a prendersi la scena, a costruire un percorso di liberazione”.

Alessandro Borghi, che interpreta Santino, un buttero vulnerabile e impulsivo, conferma: “Non sa sparare, non sa fare a cazzotti, non sa gestire l’amore. È uno che mette davanti a tutto le sue fragilità. Mi piaceva tantissimo l’idea di mettere in scena questo meraviglioso scemo che doveva essere un po’ anche un dilemma di quello che in fondo siamo un po’ tutti noi maschi”.

La coprotagonista, Nadia Tereszkiewicz, racconta: “L’abbiamo costruito insieme, Rosa. Abbiamo avuto tempo, libertà. E come Rosa nel film, anch’io ho sentito di potermi liberare, di poter esplorare senza paura”. E sulla preparazione: “Il cavallo non è un attore, cambia tutto. Ma proprio per questo si entra in un altro tipo di relazione. Avevo paura all’inizio, poi volevo solo sparare tutto il tempo!”.

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set
Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set 

L’attore americano John C. Reilly, che interpreta Buffalo Bill, riflette sull’ambivalenza del personaggio: “Era un uomo che aveva vissuto la guerra contro i nativi americani, ma poi portava in scena racconti totalmente di finzione. La madre era una suffragetta, il padre un abolizionista. È stato interessante esplorare questa ipocrisia, questa complessità”.

Il titolo Testa o croce, spiegano i registi, “non rappresenta solo i due lati della medaglia – la leggenda e la verità – ma anche il desiderio che ognuno ha mentre la moneta gira. Non importa il risultato, importa cosa speri che venga fuori”.

Una dichiarazione d’intenti per un film che sceglie di ribaltare i codici, di reinventare il western come spazio della possibilità. Dove, come sottolinea Borghi, “ti innamori di nuovo del cinema, anche nei suoi disordini”.