“Un vero cowboy ha il cuore di un uomo e l'innocenza di un ragazzo”.

Nel 1890, durante uno degli innumerevoli tour del suo spettacolo rievocativo, il Wild West Show, il leggendario Buffalo Bill Cody accettò la sfida del duca Onorato Caetani, nei pressi di Cisterna di Latina: fu così che il buttero Augusto Imperiali, insieme ad altri compagni, ebbe la meglio sulla squadra degli yankee, domando e cavalcando più a lungo di quelli i puledri americani.

Prendono spunto con buona probabilità da questo evento leggendario (ad "Augustarello" venne intitolata una scuola elementare, eretta una statua commemorativa, poi ispirò libri e un fumetto biografico) Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis per imbastire il loro secondo film di finzione, Testa o croce?, ospitato in Un Certain Regard a Cannes 78.

Tornano dunque sulla Croisette quattro anni dopo Re Granchio, allora selezionato dalla Quinzaine. E lo fanno con un film che ancora una volta guarda al western e al picaresco, che mescola linguaggi - di parola, di sguardo - e che ragiona sulle molteplici sfumature di una storia, sulle infinite possibilità che ha di variare a seconda di chi, e di come, la tramanda. O di quale sia la convenienza nel raccontarsela in un certo modo...

Nadia Tereszkiewicz in Testa o croce?
Nadia Tereszkiewicz in Testa o croce?

Nadia Tereszkiewicz in Testa o croce?

A narrarla, in un certo senso, è lo stesso Buffalo Bill (John C. Reilly), a cadenzarla quattro capitoli, a viverla Rosa (Nadia Tereszkiewicz) e Santino (Alessandro Borghi), lei moglie infelice del signorotto locale, lui mandriano che vince la sfida di doma "tradendo" la volontà del suo padrone.

La loro fuga, che poi diventa d'amore, sarà naturalmente irta di insidie e di imprevisti. Il miraggio (per Rosa) è l'America, ma quella vera, non la versione farlocca e cartonata delle rievocazioni di conquista.

"Ogni grande nazione è nata con la violenza", le ricorda lo stesso cowboy nel preambolo. E suo malgrado Rosa per salvarsi e poi emanciparsi definitivamente non se lo farà dire due volte.

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set
Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set

Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis sul set 

Più propensi ad una narrativa meno affidata alla trasfigurazione dell'epica come nel film precedente, Rigo de Righi e Zoppis non perdono però l'afflato lirico e terragno, richiamano Gabriele Silli (allora protagonista) per affidargli il ruolo dell'ambiguo Zecchino e ribaltano strada facendo la percezione sulla figura di Santino, sulla testa del quale in seguito all'omicidio del padrone (che non ha commesso lui...) pende una grossa taglia.

E proprio per questo viene assurto a emblematico eroe da un gruppetto di anarchici insurrezionalisti. Dov'è dunque la verità? E la giustizia che dovrebbe assicurarla?

Dubbi da far perdere letteralmente la testa, per poi metterci una croce sopra.