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È Cate Blanchett a consegnare la Palma d’Oro a Un simple accident di Jafar Panahi , ma è il regista iraniano a farne subito un manifesto. «Che nessuno osi dirci come vestirci, cosa fare, come comportarci. È il momento di mettere da parte le differenze. Ciò che conta è il nostro paese e la sua libertà», ha detto Panahi, visibilmente commosso, ricevendo il premio per la prima volta di persona sulla Croisette, dopo anni di condanne, censure e arresti domiciliari. Accanto a lui, gli attori, i produttori, la figlia Solmaz.


A Simple Accident
Il film, un thriller morale e sensoriale in cui un gruppo di ex detenuti cerca di identificare — sulla base di odori, suoni, gesti — il loro torturatore, è stato girato in clandestinità, con attori non professionisti. Panahi lo ha costruito a partire dalle storie ascoltate in prigione. Una riflessione durissima sulla memoria, sulla giustizia, sulla vendetta e sulla possibilità (o meno) di riconoscere chi ci ha fatto del male. Un film cupo, teso, preciso, dove nulla è certo se non la necessità di non dimenticare.
Due giorni prima della cerimonia, Neon ne aveva annunciato l’acquisizione per il mercato nordamericano: è la sesta Palma d’Oro consecutiva vinta dalla casa di distribuzione americana. Una statistica senza precedenti nella storia del festival.


O agente secreto
Il Brasile vince due volte. Wagner Moura miglior attore, Mendonça Filho premiato per la regia
Il regista Claude Lelouch ha consegnato il Prix de la mise en scène a Kleber Mendonça Filho per O Agente Secreto, definendo il regista “uno dei sognatori del nostro tempo”. Mendonça Filho ha ringraziato il suo paese: «Il Brasile è pieno di poesia. Cannes è la cattedrale del cinema nel mondo».
Il Prix d’interprétation masculine è andato a Wagner Moura, protagonista del film, che interpreta un professore tornato a Recife durante la dittatura degli anni ’70. Moura, assente alla cerimonia, ha affidato il ritiro del premio al regista.
Ex aequo forte: Sirāt e Sound of Falling condividono il Premio della Giuria
Il Premio della Giuria è stato assegnato ex aequo a Sirāt di Óliver Laxe e Sound of Falling di Mascha Schilinski.
Laxe ha raccontato un aneddoto toccante: un tassista palestinese incontrato al festival di Gerusalemme gli disse «Forse sono stato ebreo tanti anni fa». “Forse anche io”, gli rispose il regista, che ha citato il Corano: «Siete stati fatti differenti perché poteste conoscervi».


Sirat di Óliver Laxe
Sound of Falling è un film corale e intimo, ambientato in una fattoria tedesca, in cui quattro ragazze di epoche diverse finiscono per condividere lo stesso spazio e, forse, la stessa esistenza. La regista tedesca Mascha Schilinski, assente, ha ringraziato con un messaggio.
Joachim Trier premiato con il Grand Prix, e la dedica al padre
Il Grand Prix – Speciale della Giuria è andato a Sentimental Value di Joachim Trier . A consegnarlo, la regista Coralie Fargeat, che ha ricordato l’importanza del festival nella sua vita da cineasta.


Trier ha dedicato il premio al padre: «Scappò dal nazismo e sopravvisse in un villaggio grazie al jazz e alla musica». Il film racconta la storia di Gustav (Stellan Skarsgård), regista in crisi, e delle sue due figlie, in particolare Nora, attrice affetta da attacchi di panico, interpretata da Renate Reinsve.
I Dardenne per la sceneggiatura, tra memoria e rigore
John C. Reilly, salito sul palco canticchiando “La vie en rose”, ha consegnato il Prix du scénario ai fratelli Dardenne per La maison maternelle, uno dei titoli più intensi della parte finale del concorso.
«Ringraziamo le cinque giovani protagoniste. Questo premio è anche loro», hanno detto i registi, visibilmente emozionati. Con questo riconoscimento, i Dardenne tornano a Cannes da premiati dopo quasi un decennio.
Nadia Melliti miglior attrice: la rivelazione dell’anno
Il Prix d’interprétation féminine è andato a Nadia Melliti, interprete La petite derniere di Hafsia Herzi, regista francese di origine algerina. Il premio è stato consegnato da Daniel Auteuil.
Melliti interpreta Fatima, ragazza musulmana che scopre la propria identità e sessualità tra i banchi di una scuola d’élite. «Ringrazio la mia famiglia, i miei insegnanti, e la regista che ha creduto in me anche nei momenti difficili», ha detto l’attrice, visibilmente emozionata.
Premio speciale a Resurrection di Bi Gan
La giuria ha voluto conferire un Premio speciale a Resurrection di Bi Gan , film visionario e sensoriale che parte dal cinema muto per raccontare un futuro post-apocalittico.


Resurrection
(Dangmai Films)Il regista ha dedicato il premio ai figli. Resurrection è stato uno dei titoli più discussi della seconda metà del festival: audace, disorientante, capace di evocare Beckett, Cronenberg e Wong Kar-wai nello stesso gesto.
La Caméra d’or va a The President’s Cake. Rohrwacher: “28 sguardi, 28 porte”
Alice Rohrwacher, presidente della giuria Caméra d’Or, ha consegnato il premio a The President’s Cake , film d’esordio iracheno. Menzione speciale a My Father’s Shadow di Akinola Davies Jr.
«Abbiamo visto 28 sguardi sulla realtà, e 28 porte», ha detto Rohrwacher. Il regista ha ringraziato “i bambini che ho incontrato per il film. Senza di loro, nulla sarebbe stato possibile”.
Una mappa coerente di premi e visioni
Con cinque premi su otto assegnati a registe, attrici o film a fortissima centralità femminile (Un simple accident, Sound of Falling, La Petite Dernière, Jeunes Mères, Sentimental Value), il palmarès conferma la centralità dello sguardo femminile in questa edizione, guidata da una giuria composta per la maggior parte da donne e attenta alla dimensione etica delle storie.
Allo stesso tempo, il verdetto fotografa la nuova geografia del cinema d’autore: Iran, Brasile, Norvegia, Ucraina, Germania, Spagna/Marocco, Francia e Iraq coprono un arco globale che riflette la distribuzione dei giurati e le nuove zone calde della produzione indipendente.
Le etichette: Neon domina, Mubi cresce
Con la Palma d’Oro a Un simple accident, Neon raggiunge quota sei in sette anni. Un dominio che va oltre la coincidenza. Accanto a lei, Mubi si consolida come il nuovo attore sistemico del cinema d’autore: tre titoli in concorso, co-produzioni in crescita, acquisizioni strategiche.
Anche The Match Factory e Goodfellas escono da Cannes rafforzati: sono loro a gestire vendite e internazionali dei film di Laxe, Loznitsa e Mendonça Filho.
Conclusioni
La Palma d’Oro a Jafar Panahi non è soltanto un premio al valore cinematografico di Un simple accident, ma un riconoscimento a una vita di resistenza artistica. Con questa vittoria, Panahi diventa il primo regista dopo Michelangelo Antonioni ad aver vinto nei quattro maggiori festival europei: Locarno (Lo specchio, 1997), Venezia (Il cerchio, Leone d’Oro 2000, condiviso), Berlino (Taxi Tehran, 2015) e ora Cannes.
Eppure, non è stata una Palma isolata. A prevalere è stato anche un desiderio condiviso di portare nuovi linguaggi dentro il cuore dell’istituzione: lo dimostrano i riconoscimenti a Sirāt, a Sound of Falling, alla delicatezza strutturale di Sentimental Value. Cannes ha premiato il cinema che osa costruire percorsi diversi, anche attraverso generi non canonici e approcci visivi meno consolidati.


Two Prosecutors - @ SBS Productions
Sorprende, e pesa, l’assenza di Sergei Loznitsa dal palmarès: Two Prosecutors è stato uno dei film più rigorosi, e avrebbe meritato una collocazione anche simbolica. Ma la giuria ha fatto altre scelte, tutte leggibili lungo un filo: emozione, sguardo, presa diretta sulla realtà o sulle sue ferite più profonde.
Il festival si chiude dunque celebrando un gigante finalmente libero e presente — Panahi — ma segnando anche il battesimo internazionale di nuove voci come Mascha Schilinski, e il consolidamento di autori in piena maturità come Óliver Laxe. Se Cannes serve ancora a dire chi siamo, e chi potremmo diventare, questa edizione lo ha fatto con una coerenza rara. E con un messaggio semplice ma non banale: il cinema resiste. Cambiando.