Piera Detassis fa bene a sottolineare che, per la prima volta dall’istituzione del riconoscimento, il David dello Spettatore (2019) va a un titolo candidato anche per il David al miglior film, che tra l’altro è anche in gara per l’esordio alla regia. È il segno dell’eccezionalità – non è un giudizio ma un dato – di C’è ancora domani, frontrunner della 69a edizione dei David di Donatello (e ci mancherebbe: come ignorare il film italiano più visto, redditizio, importante, discusso del 2023, oltre 36 milioni di euro al box office e più di 5 milioni di spettatori?), con il bottino record di 19 candidature (come Il capitale umano, che nel 2014 superò di un soffio La grande bellezza), ma la presidente dell’Accademia lo legge soprattutto come un progressivo allineamento tra qualità e incassi. D’altronde i film più candidati della 69a edizione sono stati anche piccoli “successi”: Io capitano (15 nomination, 4,7 milioni), La chimera (13, 1,2), Rapito (11, 1,9), Comandante (10, 3,6), Il sol dell’avvenire (7, 4,2). Certo, qualcuno poteva andare meglio, qualcuno è costato più di quanto ha reso (e forse più di quanto avrebbe potuto rendere), qualcuno ha retto in periodi poco felici, ma è evidente che c’è un cambio di passo. Pensiamo, per esempio, al David 2018, quando nella cinquina c’erano film molto belli ma non particolarmente fortunati al botteghino: La tenerezza (2,4 milioni), Ammore e malavita (1,6), Gatta Cenerentola (430mila), Nico, 1988 (197mila), A Ciambra (165mila).

Ora, la storia ci insegna che – checché se ne dica – i David sono imprevedibili, il secondo turno di votazione offre sempre molte sorprese, ma è un successo che tira la volata all’opera prima di Paola Cortellesi (potrebbe diventare il terzo esordio nella storia dei David a vincere per il miglior film dopo Ricomincio da tre e La ragazza del lago), soprattutto per il suo cammino all’estero (è già uscito in Francia, Svezia, Paesi Bassi, domani arriva in Germania, prossimamente in Spagna, Gran Bretagna, Irlanda, a novembre in Australia) non privo di qualche audace ambizione (ma al momento siamo sul piano delle ipotesi, magari dei sogni).

Mattia Baldo, Gianmarco Filippini, Romana Maggiora Vergano, Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi in C'è ancora domani (foto di Claudio Iannone)
Mattia Baldo, Gianmarco Filippini, Romana Maggiora Vergano, Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi in C'è ancora domani (foto di Claudio Iannone)

Mattia Baldo, Gianmarco Filippini, Romana Maggiora Vergano, Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi in C'è ancora domani (foto di Claudio Iannone)

È anche il segno dell’attenzione di una platea elettorale che tende a votare massicciamente un certo titolo: C’è ancora domani ha ricevuto nomination in tutte le categorie in cui era candidabile (più il David Scuola, assegnato da una giuria di studenti), esattamente come Io capitano di Matteo Garrone (15). È anche una sfida tra Vision – che ha distribuito Cortellesi (e ha vinto l’anno scorso con Le otto montagne, anche quello prodotto da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa di Wildside) e L’ultima notte di Amore (4 nomination) con Andrea Di Stefano in gara per la miglior regia al posto di Cortellesi, non candidabile in quanto esordiente – e Rai Cinema (e 01 distribution), coinvolta negli altri quattro film in corsa per il David più pesante. E, contro Cortellesi, l’artiglieria sfoderata è di quelle pesanti.

Garrone, forte della nomination all’Oscar, è il cavallo più forte della Rai, con quella candidatura-sentinella per la miglior canzone (l’esclusione di Colapesce e Dimartino per La primavera della mia vita è indicativa quanto singolare) a testimoniare il sostegno totale verso il titolo di punta distribuito da 01. Alice Rohrwacher è la suggestione più affascinante: la nostra autrice più internazionale (anche lei già in corsa per un Oscar) non ha mai vinto un David (Lazzaro felice ebbe 9 candidature senza ottenere premi) e grazie alla Chimera potrebbe diventare la prima donna a vincere per la miglior regia. Poi ci sono i venerati maestri in gran forma: per lo splendido settantenne Nanni Moretti (Il sol dell’avvenire) è una riconciliazione con quell’Accademia che l’aveva ignorato per Tre piani; e per Marco Bellocchio (Rapito), si tratta della conferma di una sconfinata giovinezza (84 anni e non sentirli). A parte Rohrwacher, restano fuori gli altri under 50, da Edoardo De Angelis (45 anni, Comandante ha 10 candidature ma né per film né per regia) e Sydney Sibilia (42 anni, Mixed by Erry è fermo a 2) a Pietro Marcello (47 anni, Le vele scarlatte in corsa solo per la sceneggiatura non originale) ma sono fuori dai giochi anche Emma Dante (Misericordia, una nomination per l’adattamento) e Stefano Sollima (Adagio ha 5 nomination). Che abbia ragione Detassis quando parla della debolezza dei nuovi immaginari?

Cortellesi è la donna da battere anche per il David all’esordio, quest’anno dominato quasi completamente da over 40 e da interpreti passati alla regia. Un voto che ha fatto fuori i registi non attori come Tommaso Santambrogio (Gli oceani sono i veri continenti), Alain Parroni (Una sterminata domenica), Simone Bozzelli (Patagonia), con l’eccezione del quarantenne Giacomo Abbruzzese (il più giovane del mazzo), in Concorso a Berlino 2023 con Disco Boy, film sorprendentemente candidato anche per la produzione. E, a parte Giuseppe Fiorello per Stranizza d’amuri (nominato anche per il David Giovani), sono in gara pure nel loro lavoro principale: Cortellesi ovviamente, Micaela Ramazzotti (miglior attrice per Felicità) e Michele Riondino (miglior attore e miglior sceneggiatore per Palazzina LAF). Senza dimenticare Claudio Bisio (in corsa per il David Giovani con L’ultima volta che siamo stati bambini) e Kasia Smutniak, il cui Mur è in gara per il miglior documentario. Categoria in cui se la vedrà con titoli piuttosto pop come Enzo Jannacci – Vengo anch’io di Giorgio Verdelli, Laggiù qualcuno mi ama di Mario Martone, Roma, santa e dannata di Daniele Ciprì (e Roberto D’Agostino aka Dagospia e Marco Giusti, padre di Margherita, regista del miglior corto The Meatseller) e Io, noi e Gaber di Riccardo Milani (marito di Cortellesi).

Palazzina Laf - Foto Maurizio Greco
Palazzina Laf - Foto Maurizio Greco

Palazzina Laf - Foto Maurizio Greco

Qualche sorpresa sul fronte delle interpretazioni. Dopo la clamorosa esclusione dell’anno scorso, Pierfrancesco Favino torna in gara con Comandante, Antonio Albanese cerca il primo David all’ottava candidatura con il suo Cento domeniche, Barbara Ronchi (Rapito) e Emanuela Fanelli (C’è ancora domani) potrebbero bissare il successo dei David 2023, la neostar britannica Josh O’Connor e l’appena onorata Isabella Rossellini hanno due non banali citazioni per La chimera. Isabella Ragonese (Come pecore in mezzo ai lupi), Linda Caridi (L’ultima notte di Amore) e Vinicio Marchioni (C’è ancora domani) sono presenze inaspettate, dimenticati la rampante Pilar Fogliati (Romantiche, ignorata anche tra gli esordi), il solido Edoardo Leo (Mia) il classico Christian De Sica (I limoni d’inverno), gli uomini di Rapito (Paolo Pierobon e Fausto Russo Alesi). Sul fronte veterani, tra Alba Rohrwacher (2 vittorie su 9 candidature, curiosamente dentro con La chimera ma fuori con Mi fanno male i capelli), Elio Germano (4 su 10 in vent’anni, in corsa per la quarta volta consecutiva con Palazzina LAF) e Silvio Orlando (3 su 13, ora per Il sol dell’avvenire), il più lanciato verso il quinto David in carriera è Valerio Mastandrea, alla diciassettesima nomination come protagonista di C’è ancora domani (naturalmente).