All’origine di Stranizza d’amuri c’è il delitto di Giarre, duplice omicidio avvenuto nel 1980 in provincia di Catania. Le vittime erano due fidanzati, il venticinquenne Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola detto Toni di dieci anni più giovane, da tutti soprannominati “ziti” in senso dispregiativo: scomparsi da casa due settimane prima, furono trovati morti, mano nella mano, uccisi da un colpo di pistola ciascuno alla testa.

La chiara matrice omofoba del delitto, commesso in un clima omertoso, suscitò commozione e indignazione in tutta Italia, tant’è che portò alla fondazione del primo circolo Arcigay. Il nipote di Toni, minorenne quindi impunibile, si dichiarò colpevole: sostenne i due ragazzi lo costrinsero a sparare, ma due giorni dopo il tredicenne ritrattò, affermando di essersi assunto la responsabilità su pressione dei carabinieri.

È un preambolo necessario per capire la vocazione civile che sottende l’esordio alla regia di Beppe Fiorello, che questa storia l’ha rincorsa per anni prima di vederla sul grande schermo. E che in qualche modo si ritrova nelle prime scene del film, quando vediamo Nino, il nipotino Totò e lo zio impegnati in una battuta di caccia, che è anche un modo per capire come, nonostante l’età, ben presto i bambini imparavano a usare fucili. Ma non c’è l’elemento crime: manca l’approccio investigativo perché, come dichiara il titolo tratto dalla canzone di Franco Battiato (quasi un deus ex machina), l’opera prima di Fiorello è soprattutto una storia d’amore. Di iniziazione all’amore, perché forse i due adolescenti protagonisti non sanno nemmeno cosa sia quel sentimento che stanno scoprendo semplicemente vivendolo.

Samuele Segreto e Gabriele Pizzurro in Stranizza d'amuri
Samuele Segreto e Gabriele Pizzurro in Stranizza d'amuri

Samuele Segreto e Gabriele Pizzurro in Stranizza d'amuri

Fiorello e i suoi sceneggiatori Carlo Salsa, Andrea Cedrola e Josella Porto (che nel 2007, insieme a Francesco Costabile, scrisse la sceneggiatura Fuoco all’anima, finalista al Premio Solinas) hanno cambiato i nomi (da Giorgio e Toni a Gianni e Nino), l’età (sostanzialmente coetanei, comunque minorenni), l’anno in cui si svolgono i fatti (dal 1980 si passa al 1982, nel luglio dei Mondiali di calcio).

L’intento è manifesto: partire da una vicenda ai più oscura non per cercare i colpevoli o ricostruire gli eventi ma per raccontare uno spaccato sociale preciso (una Sicilia arretrata, patriarcale, feroce nonostante le disponibilità economiche, i sentimenti ancestrali, la solidarietà familiare) in un’epoca “positiva” (la fine degli anni di piombo, il successo sportivo, l’enfasi sul cosiddetto “secondo miracolo economico”) e restituire dignità e centralità alla memoria di due vittime che avevano la sola colpa di amarsi.

In questo senso Stranizza d’amuri non dimentica mai di essere forse soprattutto un film per ragazzi: Fiorello si mette sull’orizzonte di Gianni e Nino, capitalizza il loro sguardo puro e allo stesso tempo riserva agli adulti compassione per i loro limiti anziché disprezzo per i loro gesti, tant’è che non ne fa i reali antagonisti quanto vittime e al contempo difensori di un sistema (così pure i violenti avventori del bar sotto casa di Gianni, “velati” in primis).

Alessio Simonetti, Giuseppe Lo Piccolo e Samuele Segreto in Stranizza d'Amuri
Alessio Simonetti, Giuseppe Lo Piccolo e Samuele Segreto in Stranizza d'Amuri

Alessio Simonetti, Giuseppe Lo Piccolo e Samuele Segreto in Stranizza d'Amuri

È un film istruttivo e opportunamente didascalico perché nell’emanciparsi dalla cronaca cerca di farsi romanzo, ricorrendo ad archetipi e retoriche in grado di rendere universali elementi particolari, slittando addirittura verso la favola nera, con forti iniezioni di melodramma e senza rinunciare a scene madri.

La generosità è indiscutibile, così come il minutaggio dilatato che a volte annacqua la tensione, e certe soluzioni un po’ scolastiche testimoniano ingenuità, dall’immancabile cantatina on the road, questa volta di Cuccuruccuccu in apetta, alla discutibile benché efficace colonna sonora di Giovanni Caccamo e Leonardo Milani che punteggia e sovrasta il momento topico della telefonata tra le madri.

Però dalla sua ha la direzione degli attori (bravi e non banali i giovanissimi Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, di valore le prove di Fabrizia Sacchi, Simona Malato e Antonio De Matteo), la passione nel recuperare una storia dimenticata, la fiducia nel grande schermo.