"Credere in qualcosa è impegnativo".

Ha ragione da vendere il 16enne Kevin (Zachary Delmas), terzo apice del triangolo amicale che chiudono Brenda (Federica Valentini) e il 19enne Alex (Enrico Bassetti), lei con qualche mese di ritardo e lui prossimo a diventare padre.

Le giornate trascorrono, sterminate, tra la campagna che perimetra il mare e le sortite nella vicina, caotica, capitale cupolona con i busti risorgimentali che al Gianicolo aspettano solo di essere stampati da labbra rossettate.

C'è un (nuovo) cinema italiano che sembra non volersi arrendere all'imperio dell'algoritmo, che sa mettersi sulla stessa lunghezza d'onda dell'oggetto che tenta di catturare - gli adolescenti, oggi - e che per farlo utilizza un linguaggio capace di anteporre lo sguardo alla legge della (sola, fredda) scrittura. È il cinema dei vari Yuri Ancarani (Atlantide), Gipo Fasano (Le Eumenidi) e Alain Parroni (classe 1992), che esordisce al lungometraggio con questo Una sterminata domenica, giustamente ospitato a Venezia 80 (in Orizzonti, come avvenne due anni fa con Ancarani) e nelle sale con Fandango dal 14 settembre.

È un cinema che, appunto, crede in qualcosa, intanto nell'urgenza di un qui e ora di atroce vitalità, senza alcuna pretesa moralistica, rifuggendo qualsiasi tipo di giudizio o la spasmodica ricerca di un "messaggio" da consegnare allo spettatore. Spettatore che invece diventa parte organica di un'esperienza che non si riduce alle due ore della visione, perché Una sterminata domenica sa cogliere quel limbo che sembra eterno di nulla e tutto in cui la bellezza verace e la desolazione di una generazione ai margini (non solo geografici, o urbanistici) viene restituita con ruvida tenerezza.

Che risalta in momenti di altissima, mai laccata poesia, anche grazie all'ottima fotografia di Andrea Benjamin Manenti e le bellissime musiche del giapponese Shirō Sagisu (l'annuncio del ritardo in ascensore, il phon acceso in bagno per nascondere il rumore di un imminente amplesso, i rituali della nonna di Brenda per sconfiggere il malocchio, il falò in riva al mare nella notte delle stelle cadenti): frammenti di un'esistenza colta in un momento spartiacque, decisivo ("mejo esse genitori da giovani e belli che da vecchi e rincojoniti!"), racconto che Parroni riesce a tradurre sullo schermo - parole sue, che condividiamo - come "il sogno di un adolescente preoccupato che si addormenta con lo smartphone in mano davanti alla TV accesa a tutto volume".

Poi per carità, magari il film poteva durare qualche minuto in meno e forse c'è qualche esagerazione di troppo (l'escalation del finale), ma vivaddio!, sempre meglio essere giovani e belli che vecchi e rincoglioniti (cit.).

Produce Domenico Procacci, coproduce (tra gli altri) Wim Wenders. A buon intenditor, poche parole.