Dare ordine al caos. Spegnere il fuoco delle paure. Coordinare le speranze. Come sempre, mai come in questo momento. In piena crisi, nel bel mezzo della pandemia, prigioniero di un inevitabile reset, il cinema gran saggio e gran profeta ci invita a ragionare. Oltre la tragedia: stop and go. Tra premiati, candidati e outsider, l’Oscar 2021 (nella notte tra il 25 e il 26 aprile), l'edizione più drammatica che si ricordi, traccia un identikit del futuro.

Un’agenda di valori da riscoprire dopo un anno, il 2020, di concitata riflessione. E di svolta. Non solo perché gran parte dei film, vincenti e no, viene dalle piattaforme digitali e dall’universo on demand. Il cambiamento è più profondo. Segnalato da Mank di David Fincher attraverso un richiamo al cinema ben scritto e ben costruito e alla forza del linguaggio per immagini, alla competenza e all’ironia. Ribadito da Il processo ai Chicago 7 di Aaron Sorkin con la necessità di ribellarsi alle ingiustizie e di consegnarsi alla protesta costruttiva, all’impegno, alle idee. Sottolineato da Nomadland, già Leone d’oro a Venezia 2020, attraverso temi poderosi come l’accoglienza, l’inclusione, l’urgenza multiculturale, il nomadismo intellettuale.

Nomadland

La domanda è: ostaggio del Covid e della crisi, il cinema si è ristretto perdendo impeto, forza visionaria, capacità di rappresentazione? Non ci sono limiti per il motore dell’immaginazione. Netflix che domina la corsa alla statuetta con 35 nomination contro le 24 di un anno fa, un terzo in più, di cui ben 10 per Mank e 6 per Il processo ai Chicago 7, è un segno chiaro dei tempi: mette i sigilli sulla legittimazione che il sistema-cinema sta concedendo allo streaming, ultima frontiera per lo spettatore stralunato dal virus e costretto a visioni alternative dalla chiusura delle sale, traghettatore di una memoria altrimenti resa evanescente dal disuso alle proiezioni.

Se si aggiungono le 11 candidature raccolte da Amazon, 6 per l’ottimo Sound of Metal di Darius Marder, 3 per il teatrale One Night in Miami di Regina King e 2, da soppesare, per il polemico Borat 2, oplà, il gioco è fatto. Netflix e Amazon come le grandi compagnie degli anni ruggenti. Produttori, distributori, esercenti in una moltiplicazione delle funzioni vitali del cinema, vedremo quanto virtuosa. E allora ecco che l’urgenza di ripensare le sale cinematografiche è evidente. I tycoon di Hollywood intanto affilano le calcolatrici per studiare come prendere possesso del nuovo mondo.

Tutte le nomination agli Oscar 2021

Dare ordine al caos. Mank si rivolge al passato e scava nella storia di Quarto potere attraverso la figura e la coscienza dello sceneggiatore Herman Mankiewicz (Gary Oldman). Lo stesso messaggio di The Father di Florian Zeller con lo splendido Anthony Hopkins, Judas and the Black Messiah di Shaka King e Ma Rainey’s Black Bottom sulla mamy del blues con gli assi Viola Davis e Chadwick Boseman, e The United States vs. Billie Holiday di Lee Daniels.

Judas and the Black Messiah - © Glen Wilson - 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved
Judas and the Black Messiah - © Glen Wilson - 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved
Judas and the Black Messiah - © Glen Wilson - 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved
Judas and the Black Messiah - © Glen Wilson - 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved

La storia si ripete. Corsi e ricorsi: quant’è facile immedesimarsi, e quant’è difficile correggere gli errori commessi. Tutti gli altri film del giro Oscar propongono il ritratto di un’America sfalsata e un po’ compromessa, post Trump, avamposto pervicace del mondo occidentale, disordinatamente ambientalista, ovviamente interrazziale, pronta a rinnegare la mitologia della società cinica e faccendiera uscita con le ossa rotte dall’assalto a Capitol Hill, dalla rivolta di Charlottesville e dall’omicidio di George Floyd.

Nomadland, Chloe Zhao e Frances McDormand diventano i simboli di una nuova solidarietà, più sofferta e profonda. Emerald Fennell e il suo Promising Young Woman i portabandiera di una precarietà senza confini geografici, sconfinante nell’infelicità, che emerge anche da digital cartoon come Soul, Onward, Over the Moon e Shaun, vita da pecora - Farmageddon.

Si profila un’America (e un mondo) di donne guerriere, educate e ultrasensibili, a cui si chiede una bazzecola: salvare il mondo, e in fretta. Le “brave ragazze” degli Anni Venti ce la possono fare. In un secolo solo cinque registe sono state nominate. Ora sono di più e più forti. Il fantasy intanto segna il passo: il fatto che kolossal come Tenet di Christopher Nolan e Notizie dal mondo, il western di Paul Greengrass, siano rimasti sull’uscio dell’Oscar più malizioso è la testimonianza che la realtà della pandemia e della catastrofe ha superato la fantasia.

Articolo pubblicato sulla Rivista del Cinematografo n. 4 - 2021