Oggi l’ANICA ha comunicato i 12 i film italiani che si sono proposti per la designazione del titolo candidato a rappresentare l’Italia nella selezione per la categoria del Miglior Film Internazionale per la 95a edizione degli Academy Awards.

A concorrere sono Chiara di Susanna Nicchiarelli, Il colibrì di Francesca Archibugi, Dante di Pupi Avati, Giulia di Ciro De Caro, L’immensità di Emanuele Crialese, Mindemic di Giovanni Basso, Nostalgia di Mario Martone, L’ombra di Caravaggio di Michele Placido, Le otto montagne di Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, Piccolo corpo di Laura Samani, Il signore delle formiche di Gianni Amelio e La stranezza di Roberto Andò.

Il prescelto dalla commissione di selezione (i nomi dei membri sono al momento segreti) sarà svelato il 26 settembre 2022, mentre l’annuncio delle shortlist (i dieci “semifinalisti”) è previsto per il 21 dicembre e, circa un mese dopo, il 24 gennaio 2023, verranno rivelate le nomination, per arrivare infine alla cerimonia di consegna del 12 marzo 2023.

Chi sarà il candidato italiano? Difficile dirlo. È vero, quest’anno manca un titolo davvero forte come l’anno scorso (È stata la mano di Dio aveva dalla sua la “familiarità” di Paolo Sorrentino con l’Academy e il supporto di Netflix), ma dobbiamo ricordare che nel terzo millennio l’Italia ha ottenuto la candidatura solo in tre occasioni (nel 2006 ci fu la sorpresa La bestia nel cuore), conseguendo una vittoria nel 2013 con La grande bellezza proprio di Sorrentino.

Su cosa puntare? Sull’allure internazionale di Penélope Cruz e il “tema” alla base de L’immensità (Crialese è stato designato anche nel 2007 con Nuovomondo e nel 2012 con Terraferma)? Sull’esperienza di Gianni Amelio, candidato nel lontano 1991 con Porte aperte e proposto invano altre tre volte (Il ladro di bambini, Lamerica, Le chiavi di casa)? Su adattamenti letterari di romanzi che hanno ottenuto buoni riscontri all’estero (Il colibrì e Le otto montagne)? Su santi e poeti (Chiara, Dante, Caravaggio, il Pirandello della Stranezza)? O sulla recherche napoletana con uno dei pochi attori italiani riconoscibili all’estero (Nostalgia sarebbe la prima volta per Martone)? O, sparigliando, sul nostro cinema indie (Piccolo corpo, Giulia, Mindemic)?

L'immensità di Emanuele Crialese - Luana Giuliani e Penélope Cruz - foto di Angelo Turetta
L'immensità di Emanuele Crialese - Luana Giuliani e Penélope Cruz - foto di Angelo Turetta
L'immensità di Emanuele Crialese - Luana Giuliani e Penélope Cruz - foto di Angelo Turetta
L'immensità di Emanuele Crialese - Luana Giuliani e Penélope Cruz - foto di Angelo Turetta

Vedremo. Sappiamo però cosa stanno facendo le altre nazioni.

Il Cile dovrebbe rivelare il suo candidato nella giornata di oggi: si parte da una rosa di quattordici titoli, tra i quali Ardiente Paciencia di Rodrigo Sepúlveda (primo originale Netflix cileno), Blanquita di Fernando Guzzoni, 1976 di Manuela Martelli e My Imaginary Country del maestro Patricio Guzmán. Per il Messico corrono il favorito Bardo di Alejandro González Iñárritu (che ambisce anche alle categorie principali), La caja di Lorenzo Vigas (già selezionato dal Venezuela, che si fa?), The Hole in the Fence di Joaquin del Paso, Nudo Mixteco di Ángeles Cruz e Presencias del veterano Luis Mandoki.

La Francia sceglierà il suo cavallo il 23 settembre. Full Time – Al cento per cento di Eric Gravel (due premi nella sezione Orizzonti a Venezia 2021), Les Pires di Lise Asoka e Romane Gueret visto al Festival di Cannes, Paris Memories di Alice Wincour, Saint Omer di Alice Diop (Gran Premio della Giuria all’ultima Mostra di Venezia) e Un beau matin di Mia Hansen-Love già passato sulla Croisette alla Quinzaine.

Un giorno prima, il 22, sarà la Svezia a svelare il suo candidato tra Boy from Heaven di Tarik Saleh, Zlatan di Jens Sjögren e Nelly & Nadine di Magnus Gertten. Resta fuori, da regolamento, Triangle of Sadness di Ruben Östlund, vincitore della Palma d’Oro a Cannes, che essendo parlato in inglese non può gareggiare nella categoria, ma sembra lanciato nella partita principale (film, regia, sceneggiatura).

La Danimarca dirà la sua il 27: in gara ci sono As in Heaven di Tea Lindeburg, Forever di Frelle Petersen e Holy Spider di Ali Abbasi. La Romania sta selezionando il suo titolo tra Blue Moon di Alina Grigore, The Wishing Tree: Childhood Memories di Andrei Hutuleac, Immaculate di Monica Stan e George Chiper, Metronom di Alexandru Belc, Miracle di Bogdan George Apetri e R.M.N. di Cristian Mungiu.

Finora sono 44 i paesi che hanno espresso un candidato. La Spagna lancia Alcarràs di Carla Simón, Orso d’Oro a Berlino. Il Belgio porta Close di Lukas Dhont, vincitore del Grand Prix a Cannes; la Polonia punta su EO del maestro Jerzy Skolimowski. L’Austria ci prova con il biopic su Sissi, Corsage di Marie Kreutzer, forte anche dell’interpretazione di Vicky Krieps.

Alcarràs

La Germania si affida al kolossal Netflix All Quiet on the Western Front di Edward Berger. La Repubblica Ceca schiera Il Boemo, biopic firmato Petr Václav. Girl Picture di Alli Haapasalo, visto al Sundance 2022, è la scelta della Finlandia. e attenzione all’Ucraina che porta Klondike di Maryna Er Gorbach, passato anche questo al festival indie americano.

Il Giappone, vincitore in carica grazie a Drive My Car, propone Plan 75 di Chie Hayakawa, sul ruolo degli anziani nella società nipponica. L’Iran punta su World War III di Houman Seyyedi, fresco trionfatore a Orizzonti 2022. Nos frangins di Rachid Bouchareb è la scelta dell’Algeria. Il Canada si lancia in un’operazione alla Flee, proponendo il documentario animato Eternal Spring di Jason Loftus. L'India ci crede e punta sull'evocativo e semiautobiografico Last Film Show di Pan Nalin.

E c’è già il film che, a detta degli esperti, si è già assicurato un posto in cinquina: Decision to Leave di Park Chan-wook, che corre per la Corea del Sud.

E la Russia? Il comitato preposto vorrebbe selezionare un titolo, nonostante uno dei cineasti più influenti del sistema russo, Nikita Mikhalkov, sostiene che "scegliere un film che rappresenterà la Russia in un paese che, di fatto, ora nega l'esistenza della Russia, è semplicemente inutile".

Curiosità: per la prima volta nella storia dell’Oscar, l’Uganda propone un film, Tembele di Morris Mugisha. Come l’anno scorso il Bhutan, che alla fine entrò in cinquina con Lunana, nello stupore generale.