La dolce vita

ITALIA - FRANCIA 1960
Marcello è un giornalista che scrive per un rotocalco articoli mondani, in cui figurano persone efatti noti nell'ambiente di Via Veneto. L'attività professionale lo ha portato ad adottare un sistema di vita molto simile a quello dei suoi personaggi. Così egli passa con indifferenza da una relazione all'altra: mentre convive con Emma non rinunzia ad altre avventure. Ha una temporanea relazione con Maddalena, giovane ricchissima, annoiata della vita, sempre in cerca di sensazioni. L'arrivo di Sylvie, celebre attrice americana, gli fornisce occasione di nuove esperienze sentimentali. Per dovere professionale Marcello si occupa di una falsa apparizione della Madonna, inventata da due bambini dietro istigazione dei genitori. Partecipa ad una festa organizzata da alcuni membri della nobiltà che gli dà modo di accertare il basso livello morale di quell'ambiente. Marcello è amico di Steiner, un intellettuale che riunisce nel suo salotto artisti e letterati. La felice vita familiare dell'amico lo impressiona favorevolmente visto che accarezza l'idea di sposare Emma per iniziare con lei un'esistenza più regolare e tranquilla. Ma qualche tempo dopo Marcello apprende che Steiner, in una crisi di sconforto, si è ucciso, dopo aver soppresso i suoi due bambini. Per superare l'orrore destato in lui dal tragico fatto, Marcello, si getta, senza alcun ritegno, nel turbine della vita mondana. Dopo un'orgia, che ha lasciato in tutti tedio e disgusto, Marcello incontra per caso sulla spiaggia una giovinetta dallo sguardo limpido e innocente, e cerca invano di capire quanto ella gli dice; un canale li divide e non afferra le sue parole, perciò segue i suoi squallidi amici.
SCHEDA FILM

Regia: Federico Fellini

Attori: Marcello Mastroianni - Marcello Rubini, Anita Ekberg - Sylvie, Anouk Aimée - Maddalena, Yvonne Furneaux - Emma, Alain Cuny - Steiner, Annibale Ninchi - Padre di Marcello, Walter Santesso - Paparazzo, Valeria Ciangottini - Paola, Polidor - Il Clown, Mino Doro - Amante di Nadia, Riccardo Garrone - Riccardo, Harriet Medin - Edna, segretaria di Sylvie, Alain Dijon - Frankie Stout, Giulio Girola - Dr. Lucenti, Nico Otzak - Ragazza a Via Veneto, Audrey McDonald - Jane, Renée Longarini - Signora Steiner, Giulio Paradisi - Tiziano, fotografo, Enzo Cerusico - Fotografo, Enzo Doria - Fotografo, Carlo Di Maggio - Totò Scalise, produttore, Adriana Moneta - Prostituta, Sondra Dee - Ballerina di Spoleto, Enrico Glori - Ammiratore di Nadia, Gloria Jones - Gloria, Lilly Granado - Lucy, Lex Barker - Robert, Jacques Sernas - Il divo, Nadia Gray - Nadia, Massimo Busetti - Pettegolo in Via Veneto, Carlo Musto - Travestito, Laura Betti - Laura, Evelyn Stewart - Debuttante dell'anno, Magali Noël - Fanny, Cesarino Miceli Picardi - Signore al dancing, Donatella Esparmer - Signora, Maria Pia Serafini - Signora, Oscar Ghiglia - Sfruttatore, Gino Marturano - Sfruttatore, Thomas Torres - Giannelli, giornalista in ospedale, Carlo Mariotti - Infermiere, Leonardo Botta - Medico, Francesco Luzi - Radiocronista, Francesco Consalvo - Assistente sociale, Guglielmo Leoncini - Segretario di Scalise, Alessandro von Norman - Interprete conf. stampa, Tiziano Cortini - Operatore del cinegiornale, Donatella Della Nora - Giornalista alla conf. stampa, Henry Thody - Giornalista alla conf. stampa, Maité Morand - Giornalista alla conf. stampa, Donato Castellaneta - Giornalista alla conf. stampa, John Francis Lane - Giornalista alla conf. stampa, Concetta Ragusa - Giornalista alla conf. stampa, François Dieudonné - Giornalista alla conf. stampa, Mario Mallamo - Giornalista alla conf. stampa, Nadia Balabine - Giornalista alla conf. stampa, Umberto Felici - Giornalista alla conf. stampa, Fabrizio Capucci - Fotografo alla conf. stampa, Adriano Celentano - Cantante Rock, Gondrano Trucchi - Cameriere Caracalla's, Giò Stajano - Pierone, Archie Savage - Ballerino, Paolo Labia - Cameriere a casa di Maddalena, Giacomo Gabrielli - Padre di Maddalena, Gianfranco Mingozzi - Pretino in casa Steiner, Alfredo Rizzo - Regista Tv, Alex Messoyedoff - Prete del miracolo, Rina Franchetti - Madre dei miracolati, Aurelio Nardi - Zio dei miracolati, Marianna Leibl - Signora Emma, Nello Meniconi - Litigante a Via Veneto, Vittorio Manfrino - Direttore tabarin, Vadim Wolkowsky - Principe Mascalchi, Giulio Questi - don Giulio Mascalchi, Eugenio Ruspoli di Poggio Suasa - don Eugenio Mascalchi, Leonida Repaci - Invitato in casa Steiner, Anna Salvatore - Invitata in casa Steiner, Doris Pignatelli - Signora con il mantello bianco, Franco Rossellini - Il bel cavallerizzo, Maria Marigliano - Massimilla, Cristina Paolozzi - Ragazza che ride, Elisabetta Cini - Duchessa dormiente, Carlo Kechler - Signore con orologio, Brunoro Serego Alighieri - Ragazzo col visone, Giuliana Lojodice - Cameriera in casa Steiner, Tito Buozzo - Tito, bruto muscoloso, Daniela Calvino - Daniela, Renato Mambor - Giovanotto alto, Lucia Vasilicò - Ragazzina che si confessa, Giulio Citti - Uomo al Night, Angela Giavalisco - Donna all'aeroporto, Romolo Giordani - Uomo al castello, Maurizio Guelfi - Giornalista, April Hennessy - Donna in Via Veneto, Gloria Hendy - Donna in Via Veneto, Nina Hohenlohe - Donna al Castello, Francesco Lori - Uomo nella sequenza del miracolo, Mara Mazzanti - Donna all'aeroporto, Desmond O'Grady - Ospite di Steiner, Ada Passeri - Donna nella sequenza del miracolo, Oliviero Prunas - Figlio del principe, Gianni Querrel - Uomo al night, Anna Maria Salerno - Amica della prostituta, Noel Sheldon - Uomo in Via Veneto, Teresa Tsao - Donna al night, Maria Teresa Vianello - Donna all'aeroporto, Angela Wilson - Donna in Via Veneto, Italo Zingarelli, Liana Orfei, Isabella Sodani, Oretta Fiume, Umberto Orsini, Giuseppe Addobbati, Winie Vagliani, Paola Petrini, Marta Melocco, Christine Graefeck, Else Knorr, Antoinette Weynen, Yamy Kamadeva, Libero Grandi, Loretta Pepi, Andrea De Pino, Lucia Modigliani, Ignazio Balsamo, Aldo Vasco, Armando Annuale, Ida Bracci Dorati, Gianni Baghino, Gino Talamo

Soggetto: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Brunello Rondi, Ennio Flaiano

Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi

Fotografia: Otello Martelli, Arturo Zavattini - operatore, Ennio Guarnieri - assistente

Musiche: Nino Rota

Montaggio: Leo Catozzo

Scenografia: Piero Gherardi, Giorgio Giovannini - assistente, Lucia Mirisola - assistente, Vito Anzalone - assistente

Costumi: Piero Gherardi, Lucia Mirisola - assistente

Altri titoli: The Sweet life, La douceur de vivre

Durata: 180'

Colore: B/N

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: TOTALSCOPE

Produzione: GIUSEPPE AMATO E ANGELO RIZZOLI PER RIAMA FILM (ROMA) - GRAY FILM - PATHE' CINEMA (PARIGI)

Distribuzione: CINERIZ (1960/1980) - DOMOVIDEO, NUOVA ERI, MONDADORI VIDEO, MULTIGRAM, L'UNITA' VIDEO - DVD: CINEMA FOREVER

NOTE
- DAVID DI DONATELLO 1960 PER LA MIGLIOR REGIA A FEDERICO FELLINI, PALMA D'ORO 1960 AL FESTIVAL DI CANNES PER IL MIGLIOR FILM, PREMIOFIPRESCI AL FESTIVAL DI ACAPULCO, NASTRO D'ARGENTO 1961 PER MIGLIOR SOGGETTO ORIGINALE, MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA A MARCELLO MASTROIANNI E MIGLIOR SCENOGRAFIA A PIERO GHERARDI. - OSCAR 1962 A PIERO GHERARDI PER I COSTUMI IN B/N E CANDIDATURA PER LA REGIA E PER LA SCENEGGIATURA ORIGINALE. - DA QUESTO FILM E' ENTRATO IN USO NEL LINGUAGIO COMUNE IL NEOLOGISMO 'PAPARAZZO'. - AINOUK AIMEE E' DOPPIATA DA LILLA BRIGNONE, YVONNE FOURNEAUX DA GABRIELLA GENTA, ALAIN CUNY DA ROMOLO VALLI.
CRITICA
"Il film - uno dei film più terribili, più alti, e a modo suo più tragici che ci sia accaduto di vedere su uno schermo - è la sagra di tutte le falsità, le mistificazioni, le corruzioni della nostra epoca, e il ritratto funebre di una società in apparenza ancora giovane e sana che, come nei dipinti medioevali, balla con la Morte e non la vede, è la "commedia umana" di una crisi che, come nei disegni di Goya o nei racconti di Kafka, sta mutando gli uomini in "mostri" senza che gli uomini facciano in tempo ad accorgersene." (Gian Luigi Rondi, "Il Tempo", 5 febbraio 1960). " Come cinegiornale, il film è splendido: divertente e tragico, mosso e svariante. E' nella sua estrema libertà di composizione, ricchissimo: senza principio né fine, così stratificato, è lungo tre ore e potrebbe durarne due o sei. Immagine del caos, sembra caotico ed è calcolatissimo; e il suo linguaggio è tenero e aggressivo, smagliante e profondo. Infallibile, viene la tentazione di dire: quasi che il dinamico e pittoresco barocchismo di Fellini avesse raggiunto-non sembri una contraddizione-un classico rigore." (Morando Morandini, "La Notte", 6 febbraio 1960). "C'è una certa monotonia, sia pure assai colorita, di tipi, di scorci, di accenti. Se codesta monotonia fosse stata soltanto apparente, e allora calibrata in un suo ritmo rigoroso, dalla sordina sempre più ossessiva, tutto ciò avrebbe potuto avere un'altra sua non meno straordinaria efficacia. Così, invece, i tipi si stingono talvolta l'uno sull'altro, o si ricalcano. Dovrebbe giustificarli un loro minimo comun denominatore; ma questo è così esplicito che, lungo il cammino, per forza di cose si attenua, e si fa risaputo." (Mario Gromo, "La Stampa", 6 febbraio 1960). "Pur tenendosi costantemente a un alto livello espressivo, Fellini pare cambiar maniera secondo gli argomenti degli episodi, in una gamma di rappresentazione che va dalla caricatura espressionista fino al più asciutto neorealismo. In generale si nota un'inclinazione alla deformazione caricaturale dovunque il giudizio morale si fa più crudele e più sprezzante, non senza una punta, del resto, di compiacimento e di complicità, come nella scena assai estrosa dell'orgia finale o in quella della festa dei nobili, ammirevole quest'ultima per sagacia descrittiva e ritmo narrativo." (Alberto Moravia, L'Espresso", 14 febbraio 1960). "E sbigottiamo anche noi. Due volte. La prima perché non è possibile affacciarsi senza un brivido su questa babilonia disperata che Fellini ha dipinto senza abbandonarsi a sciocchi anatemi, senza volerle infliggere altra punizione che quella di vedersi allo specchio in tutti i più minuti particolari. La seconda perché siamo di fronte a un cinema altissimo per originalità di linguaggio, aggressività di stacchi e cadenze, incisiva compiutezza di immagini; un cinema che, superando i confini riconosciuti, ci mostra risultati la cui vastità era nota finora solo alla grande letteratura e alla grande musica (a proposito: magnifico per incalzante funzionalità il commento musicale di Nino Rota). (Guglielmo Biraghi, "Il Messaggero", febbraio 1960). "Il film è troppo importante perchè se ne possa parlare come di solito si fa di un film. Benchè non grande come Chaplin, Eisenstein o Mizoguchi, Fellini è senza dubbio un 'autore', non 'regista'. Perciò il film è unicamente suo: non vi esistono né attori né tecnici: niente è casuale (...)." (Pier Paolo Pasolini, 'Filmcritica', 94, febbraio 1960) "Visto a distanza, col senno del poi, 'La dolce vita' fa figura di spartiacque nel panorama del cinema italiano del dopoguerra. In un certo senso, anzi ne segna la fine, e l'inizio di una nuova epoca. La sua importanza e il suo significato possono essere riassunti in questi punti: 1) rappresentò, nella carriera del suo autore, l'approdo alla maturità espressiva; 2) contribuì a quel rinnovamento dei modi narrativi che fu il fenomeno più vistoso nel cinema degli anni sessanta; 3) ripropose, come già avevano fatto Rossellini prima e Antonioni poi, quel problema del neorealismo e del suo superamento che in quegli anni costituì la cattiva coscienza - e, in qualche caso, il tormento - della critica cinematografica italiana; 4) segnò una svolta fondamentale nella storia della libertà d'espressione in campo cinematografico." (Morando Morandini, in "Storia del cinema" a cura di Adelio Ferrero, Marsilio, 1970). "C'è dunque una differenza profonda tra 'La dolce vita' e le altre opere di Fellini, ma è una differenza di quantità, non di qualità. Vi appaiono personaggi di tragedia, vi si agitano passioni dalle proporzioni inconsuete che Fellini non ci aveva mai raccontato, ma a cosa porta tutto questo accumularsi di materiali nuovi? Sembra che saggiando fino in fondo - su misure mai prima raggiunte - la inconsistenza (la 'vanità') della realtà cosiddetta vera (l'idolo dei realisti, a cui tutto andrebbe sacrificato), Fellini voglia, una volta per tutte, sgombrare il campo dagli equivoci e darci la risposta che più gli sta a cuore, offrirci in forma definitiva, lacerante e incontrovertibile, la sua dichiarazione di fede. La realtà è questo vuoto, questo nulla, questa materialità vacua. Quindi la scintilla del sentimento, la vitalità dello spirito, il vero esistere non può che scoccare nel momento della sconfitta della realtà stessa. La vita dell'anima si accende come un palpito nel momento in cui si rimpiange - attraverso la documentazione agghiacciante della inconsistenza del reale - un bene perduto (Zampanò); ma si accerta ancor più angosciosamente quando si è giunti attraverso l'esperienza 'radicale' della materialità, al fondo dell'abiezione. Allora la vera realtà - il trascendente (finale di La dolce vita) - appare come una folgorazione; irraggiungibile e incomunicabile, ma appare." (Carlo Lizzani, "Il cinema italiano 1895-1979", Editori Riuniti, 1980).