“Tutto è cominciato leggendo libri, inchieste giornalistiche, perdersi in quell’incredibile quantità di materiale, poi gli atti giudiziari, processuali. Era come se tutto questo materiale rimandasse ad una lettura successiva, era come se ci fosse la realtà piegata dalle esigenze di voler dimostrare una teoria. L’idea è stata quella di raccontare questa vicenda non abbracciando una tesi ma provando ad abbracciarle tutte: quindi tutti i sospettati, i presunti mostri che nel corso del tempo e delle indagini sono stati interrogati, processati, in alcuni casi incarcerati”.

Stefano Sollima arriva a Venezia con Il mostro, la serie in 4 episodi (una produzione The Apartment - società del gruppo Fremantle - e AlterEgo), creata dallo stesso regista insieme a Leonardo Fasoli, che dopo la premiere di oggi al Lido arriverà poi su Netflix dal 22 ottobre.

© 2023 Netflix, Inc.
© 2023 Netflix, Inc.
© 2023 Netflix, Inc. - Credits Emanuela Scarpa

Otto duplici omicidi. Diciassette anni di terrore. Sempre la stessa arma. Una beretta calibro 22. Una delle più lunghe e complesse indagini italiane sul primo e più brutale serial killer della storia del Paese: il Mostro di Firenze. Questa storia è stata ricostruita sulla base dei procedimenti e delle indagini ancora in corso. In una storia dove i mostri possibili, nel corso del tempo e delle indagini, sono stati molti, questo racconto esplora proprio loro, i possibili mostri, dal loro punto di vista. Perché il mostro, alla fine, potrebbe essere chiunque.

E per farlo, appunto, bisogna ritornare alle origini, a quel primo omicidio del 1968, risolto sbrigativamente come delitto passionale e con un colpevole – all’epoca dei fatti –reo confesso.

“Ci sembrava doveroso ricominciare dall’inizio e quella sulla pista sarda è la prima vera indagine sul Mostro di Firenze”, spiega ancora Sollima, che si è avvalso anche della collaborazione di Francesco Cappelletti come consulente storico della serie: “La vicenda giudiziaria è complessa e claudicante, per l’omicidio del 1968 c’è un colpevole, Stefano Mele, ma quando poi molti anni dopo uscirà fuori il nome di Pacciani attribuiscono a lui anche quell’omicidio, segno che ci sono troppi elementi che ogni volta vengono rimessi in discussione”.

E proprio questa assenza di un verdetto univoco, secondo Sollima, è conseguenza di una “concomitanza di cause, da una parte per limiti tecnologici dell’epoca, dall’altra per limiti culturali dati da un pregiudizio, senza dimenticare l’enorme pressione mediatica sugli investigatori per chiudere un caso, costretti quasi di volta in volta a stabilire che le indagini fossero terminate, individuando un colpevole, e poi ciclicamente il mostro ricominciava a colpire”.

© 2024 Netflix, Inc.
© 2024 Netflix, Inc.
© 2024 Netflix, Inc.- Credits Emanuela Scarpa

Non è un caso se la serie si intitoli semplicemente Il mostro, senza la specifica “di Firenze”, perché è evidente che alla base di tutto c’è l’evidente volontà di riportare a galla un contesto storico-sociale ben determinato: “Quasi tutti gli uomini indagati per il primo omicidio del 1968 erano uomini che abitualmente abusavano delle donne, abusi figli di una cultura patriarcale e maschilista, con la donna vista come oggetto”, spiega il co-creatore della serie Leonardo Fasoli, con Sollima che aggiunge: “Leggendo tutti gli atti è lampante che per ognuno degli otto delitti poi fosse una violenza di genere, l’uomo veniva eliminato in quanto ostacolo ma l’oggetto ultimo dell’omicidio era sempre la donna. L’abbiamo resa più esplicita raccontando il contesto storico e antropologico degli anni ’60-’70 che alle prime potrebbe sembrare diverso da oggi ma che forse non è così dissimile, considerando quello che leggiamo ogni giorno sui giornali”.

Dedicando ogni episodio alla figura dei quattro sospettati legati all’omicidio del 1968, indagine iniziata nel 1982, Il mostro si concentra così su Stefano Mele e Giovanni Mele, su Francesco Vinci e Salvatore Vinci, ma non viene mai nominato il terzo dei fratelli Vinci, Giovanni, che solo recentemente (a fine luglio 2025) è stato riconosciuto ufficialmente come il padre biologico di Natalino Mele, il “figlio” di Stefano e Barbara Locci, bambino che assistette all’omicidio della madre, in auto insieme all’amante Antonio Lo Bianco: “Inserire nel racconto il personaggio di Giovanni Vinci diventava difficile perché si rischiava di confondere lo spettatore senza aggiungere poi molto per le dinamiche della storia relativa ai delitti del mostro”, dice Fasoli, che sulla figura di Natalino Mele aggiunge: “All’epoca il bambino diede tante versioni differenti dell’accaduto, in merito a chi fosse realmente l’assassino e se con lui era presente sulla scena qualcun altro, perché era costretto di volta in volta a dire cose diverse, su pressione prima del padre, poi dei parenti infine degli stessi poliziotti”.

IL MOSTRO
IL MOSTRO
IL MOSTRO - © 2024 Netflix, Inc.- Emanuela Scarpa (EMANUELA SCARPA/NETFLIX)

Per la ricostruzione delle scene dei delitti “non c’era spazio per la creatività”, si è fatto ricorso ad “un lavoro di ricerca incredibile, dagli oggetti presenti in scena alla loro esatta posizione: tutto è stato ricostruito sulla base delle perizie balistiche-legali, nonostante il fatto che capita che le perizie cambiano e si contraddicono”.

Per la preparazione del progetto i creatori hanno preferito non incontrare i parenti delle vittime, perché “ci sembrava fargli rivivere inutilmente l’orrore rispetto a tutte le testimonianze raccolte nel corso degli anni che avevamo già a disposizione. Ci sembrava indelicato. Ma ci siamo assunti una responsabilità utilizzando i nomi veri per tutti i personaggi: il nostro intento era quello di ricordare una storia che non è stata raccontata per come è andata, ma travisata da una tesi e da un’ipotesi”.

Il cast della serie è composto da Marco Bullitta, Valentino Mannias, Francesca Olia, Liliana Bottone, Giacomo Fadda, Antonio Tintis e Giordano Mannu.