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La Regina Dei Cuori. Carolina Crescentini as Adelina Tattilo in episode 102 of La Regina Dei Cuori. Cr. Camilla Cattabriga/Netflix © 2025
Mrs Playmen, la serie Netflix in sette episodi prodotta da Aurora TV e ispirata alla storia di Adelina Tattilo, l’editrice della più nota rivista erotica italiana, con nota a margine ambosessi: “Nella mia concezione di erotismo la donna, con i suoi desideri e il suo diritto al piacere, è protagonista tanto quanto l’uomo”. In anteprima alla XX Festa del Cinema di Roma, dal 12 novembre sulla piattaforma streaming, è diretta da Riccardo Donna. scritta da Mario Ruggeri con Eleonora Cimpanelli, Chiara Laudani, Sergio Leszczynski e Alessandro Sermoneta, e interpretata da Carolina Crescentini (Adelina Tattilo), Filippo Nigro (Chartroux), Giuseppe Maggio (Luigi Poggi), Francesca Colucci (Elsa), Domenico Diele (Andrea De Cesari), Francesco Colella (Saro Balsamo), Lidia Vitale (Lella) e Giampiero Judica (Don Rocco).
Mollato al suo destino, ovvero mollata lei, il marito Saro, editore di Playmen, e ritrovatasi direttore responsabile della stessa, la signora Balsamo deinde Adelina Tattilo si rimbocca le maniche, si scopre pioneristica imprenditrice e vieppiù mente libera, squadernando il periodico nell’agone socioculturale degli Anni Settanta e, segnatamente, riversandovi l’incipiente emancipazione femminile. Insomma, il cuore e il reggiseno gettati oltre l’ostacolo, le battaglie per il divorzio e l’aborto a corredo, si va per le questioni di genere, gli inciampi deontologici, i colpi al cerchio e alla botte (la pubblicazione delle foto dei Casati Stampa, ma anche l’ignominioso diario del marchese quale memento etico) – e la correlata rivoluzione culturale, praticata tanto nel corpaccione editoriale, sfrondato del maschilismo, quanto nel tessuto ancora bigotto e conformista del Paese, insidiato scandalo dopo scandalo.
Fin qui tutto bene, il problema è come declinare la materia, come perfezionare il racconto, e Donna e i suoi lavorano senz’altro più sulla combinazione che sulla selezione – i movimenti fondamentali di ogni linguaggio – giacché già nelle prime due puntate viste alla Festa c’è di tutto, e di più, manco fosse la Rai: la liaison tormentata di Saro e Adelina, con scaturigini filiali; la bancarotta evitata dalla donna con grandi sacrifici personali; violenza sessuale e paventato matrimonio riparatore; occupazione a scuola e connessi filarini; opposizione del Sistema con sequestri e cavalli di Troia in redazione; relazione omosessuale in redazione; solo non si vedono i due liocorni.
L’intesa “storia di una rivista che ha riscritto le regole della società italiana” preferisce la paratassi all’ipotassi, denunciando non solo problemi di focus, ma scarsa fiducia nell’appeal di Adelina, che è trattata al più quale prima inter pares, quale prisma di un caleidoscopio fin troppo inclusivo, laddove lo script procede per accumulo, di più affastellamento di temi, risvolti e combinati disposti. Tutti debitamente omogeneizzati e pastorizzati, s’intende, per entrare nei parametri, e nelle licenze anziché nella licenziosità, del consumo audiovisivo globale.
Ma l’esaustività, l’esemplarità, l’enciclopedismo non fanno l’opera, non aguzzano l’ingegno, né danno piacere: più che Playmen c’è il bignamino, più che lo scandalo, al più in punta di capezzolo, c’è lo spiegone. Perché quello era Playmen, e questa è Netflix.