Warfare – Tempo di guerra (2025) è l’ultimo film diretto da Alex Garland. È stato realizzato sulla base dei ricordi, delle testimonianze e delle esperienze vissute sul campo da un gruppo di uomini dei corpi speciali della marina americana – tra cui il co-regista Ray Mendoza – che hanno partecipato a una missione ad alto rischio in Iraq, nel 2006. La pellicola ha come obiettivo non tanto di riportare in scena quei fatti, quanto di far vivere un’esperienza immersiva e viscerale al pubblico. Si tratta di una rivisitazione intensa del genere più che un’opera narrativa e retoricamente cinematografica.

Partendo da questo esempio, possiamo guardarci a ritroso e certificare come il cinema del nuovo millennio si sia particolarmente prodigato nel provare a indagare le ferite della Storia. Non solo raccontandole, ma a facendole vivere per risvegliarle anche quando sembravano sopite.

La guerra, il terrore, la perdita: ogni volta che la realtà si lacera e sembra impossibile da comprendere, il cinema – più della cronaca, più della Storia – tenta di colmare quel vuoto con immagini, suoni e sensazioni finalizzate non tanto a consolare, quanto a inquietare le platee, per far riaffiorare la vertigine di ciò che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere.

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