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The Sun Rises on Us All
A quattordici anni dal Leone d’Argento per People Mountain People Sea, il cinese Cai Shangjun torna in Concorso a Venezia 82 con The Sun Rises on Us All, il suo quarto lungometraggio di finzione, un discontinuo e rigido melodramma che cerca di affrontare temi universali sulla condizione umana attraverso una disperata storia d’amore tossico o di qualcosa che ci somiglia. La materia è quella di cui è fatto il cinema dei e sui sentimenti: il senso di colpa, il sacrificio, il peso del passato, le conseguenze del caso.
Due ex amanti si incontrano di nuovo dopo tanti anni: lui si era assunto la responsabilità di un crimine commesso da lei; lei, incapace di ripagarlo, era fuggita verso un’altra vita. Lei non ha alcuna intenzione di riaprire quel capitolo, lui ha coltivato un rancore inestirpabile. Eppure, in qualche modo, senza una ragione che sia ragionevole, si amano ancora. Al crocevia del destino, le loro vite non possono che intrecciarsi ancora per un ultimo giro di giostra. E la morale è a portata d’immagini: il pentimento non garantisce il perdono; il sacrificio non implica la giustizia.
Più disciplinato che rigoroso, almeno fino al rutilante benché stonato finale, The Sun Rises on Us All sembra accordarsi troppo ai caratteri respingenti dei suoi protagonisti (interpretati da Xin Zhilei e Zhang Songwen, comunque mirabili), quasi volesse raggelare il mélo che brucia in fondo alla storia per assecondare il loro disperato desiderio di non cadere nelle trappole dell’amore. Ma così Cai finisce per trattenere tutto ciò che poi lascia deflagrare in quel finale – non svelabile, per quanto ipotizzabile – che chiede il conto al genere, al coinvolgimento, all’empatia fino a quel momento snobbata.
Dello stesso tono è la scelta di una fotografia – curata da Kim Hyunseok – che ha i cromatismi del piombo, capace sì di comunicare l’uggia climatica e la mestizia degli interni ma anche di acuire una distanza dalla materia narrativa forse eccessiva. Eppure Cai anela un approccio immersivo per farci precipitare negli abissi di questa storia d’amore e d’odio, di due che si vorrebbero estranei ma in realtà non si son persi mai, ma nel cercare la solennità si ritrova impagliato, incartato, disarmonico. Lo dimostra proprio quel finale, un colpo di coda che non monta la tensione del film ma si rivela tardivo rispetto a ciò che avrebbe potuto perseguire.