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Qui vit encore
Avevano qualcosa. Casa, lavoro, famiglia e, sì, una terra, una patria: hanno perso, financo tutto. Via da Gaza, via dall’essere persone per divenire numeri: tutti uguali, tutti condannati al sé stessi che non sono più. Scrittori, influencer, artisti, manager, e ancora: dai 14 ai 62 anni, gazawi uguali e contrari, in direzione – per volontà altrui – ostinata e diasporica. A restituirli allo schermo, - no, alla vita che pria no – è il regista svizzero Nicolas Wadimoff con Qui vit encore, evento speciale alle 22esime Giornate degli Autori di Venezia 2025.
Con la forza della realtà, la tensione della verità, il tesoro del memento, il documentario annovera nove rifugiati palestinesi, chiamati a declinare generalità e vissuti che furono prima del 7 ottobre 2023 e prima dell’Armageddon israeliano.
Laddove c’era il territorio c’è la carta, laddove c’era la terra c’è la mappa, à la Dogville di Lars von Trier: il resto sono parole, solo parole, a proiettare, financo a edificare, dalle strisce di vernice bianca su sfondo nero per la Gaza che fu – sineddoche impossibile, parte per il vuoto anziché il toto.
Sicché i gazawi espropriati del loro stesso ubi consistam, confinati nei quadrati che “rievocano” le rispettive città della Striscia, con gli sfollamenti per complementi di stato, pardon, di moto a luogo, ovvero erranza coatta: la valigia è quella di un lungo viaggio, manca solo il letto.
Oggi queste persone sono “riparate” in Sudafrica, uno dei pochi paesi al mondo che consente l’ingresso ai palestinesi senza visto, sono nella disgrazia dei privilegiati, dei sopravvissuti senzienti, dei fantasmi con mandato di comparizione: Jawdat Khoudari, Mahmoud Jouda, Adel Altaweel, Haneen Harara, Malak Khadra, Hanaa Eleiwa, Firaz Elshrafi, Eman Shanan e Ghada Alabadla, sono i loro nomi, sottratti alla conta anodina e anonima, restituiti al racconto, alla narrazione, allo stato dell’arte. Professionisti che dicono di sé, e nel mentre dicono a noi, in un documentario sobrio e resistente, piano e indomito, umano fino allo strazio, umanista fino alla speranza.
Co-produzione di Svizzera, Francia e Palestina, Qui vit encore ha le parole per dire quello che vive ancora: spes contra spem.