PHOTO
Julia Windischbauer in Etty
Come può un inusuale itinerario spirituale condurre da una sterile chiusura egocentrica alla necessità etica di “cercare di essere una benda per molte ferite”? È questo il cammino di Etty Hillesum, un percorso spiazzante e anticonvenzionale, quello di una giovane donna che, in modo del tutto inaspettato, intraprende un viaggio interiore verso una relazione profonda e trasformante con il Dio della vita. È una ricerca che nasce nel cuore stesso di uno degli avvenimenti più laceranti della storia: l’Olocausto.
La sua vicenda è al centro della miniserie Etty, presentata al Festival di Venezia. Etty è una produzione franco-germano-olandese diretta dal regista israeliano Hagai Levi (nato nel 1963), che si ispira ai diari di Etty Hillesum per raccontare il risveglio spirituale documentato nei suoi scritti. La serie ripercorre la sua radicale trasformazione interiore e il suo incontro con Dio, fuori da ogni percorso religioso istituzionale. Un cammino che la porterà a fare della propria vita un dono, nel bel mezzo di una delle più grandi tragedie del Novecento.
Ma chi è stata Etty Hillesum? Nata a Middelburg nel 1914 e morta ad Auschwitz nel 1943, Etty è conosciuta soprattutto per i suoi diari e lettere, scritti durante l'occupazione nazista dei Paesi Bassi. Etty studia lingue, psicologia e diritto, e nel 1941 inizia a tenere un diario in cui documenta la sua trasformazione interiore e la sua crescita spirituale, nonostante le crescenti restrizioni e minacce contro gli ebrei. I suoi scritti riflettono una vita interiore intensa, influenzata dallo psico-chirologo Julius Spier, suo mentore e amante. Nel 1943 Etty viene deportata nel campo di transito di Westerbork, dove sceglie di prendersi cura degli altri internati. Successivamente sarà trasferita ad Auschwitz, dove troverà la morte a soli 29 anni. I suoi scritti, pubblicati postumi, sono oggi considerati una delle più potenti testimonianze dello spirito umano.


Julia Windischbauer in Etty
Una delle scelte più evidenti nella serie è l’ambientazione visiva: sebbene la narrazione si svolga nella Amsterdam occupata dai nazisti, costumi e scenografie sono contemporanei. Una decisione che può inizialmente disorientare, ma che si rivela efficace: se da un lato, ha probabilmente facilitato la produzione e ridotto i costi, dall’altro suggerisce l’universalità e l’atemporalità del percorso di Etty.
La tragedia storica resta sullo sfondo – presente, ma mai spettacolarizzata. Invece di soffermarsi sui dettagli più violenti dell’epoca, la regia guida lo spettatore a seguire i passi incerti, poi sempre più convinti, della protagonista. In questo modo, il focus si sposta dalla cronaca storica all’evoluzione interiore, rendendo il messaggio spirituale attuale, anche di fronte alle forme di violenza e disumanità del nostro tempo. Soprattutto nella prima puntata, emerge chiaramente un clima di inquietudine e tensione, espresso attraverso toni visivi spenti e bruschi movimenti di macchina.
Questi elementi restituiscono un’atmosfera di oppressione e inquietudine sociale che riecheggia, in forme diverse, molte realtà contemporanee segnate da repressione e brutalità, al di là del solo riferimento all’occupazione nazista.
Seguendo il cammino spirituale di Etty – che passa attraverso l’incontro con Spier e gli esercizi da lui proposti – il regista si sofferma sulla scoperta della sua interiorità. In particolare, viene tratteggiata la nascita di una vita di preghiera, che si manifesta in gesti fisici, come l’inginocchiarsi. Per “la ragazza che non poteva inginocchiarsi”, come lei stessa si definisce, quel gesto è difficile e carico di significato: rappresenta la lotta interiore nel lasciarsi andare, nell’arrendersi spiritualmente.


Julia Windischbauer e Sebastian Koch in Etty
Attraverso una scelta registica evocativa, che ricorda in parte lo stile poetico di Terrence Malick, il regista accompagna le scene dei suoi momenti di preghiera in ginocchio con brani tratti dai suoi diari e lettere, trasformandole in veri e propri momenti di meditazione visiva. La macchina da presa indugia sui tappeti, sui pavimenti, sugli spazi in cui Etty si inginocchia, che gradualmente si dissolvono in paesaggi naturali di rara bellezza, come se la preghiera aprisse varchi verso una libertà interiore sconfinata. Questa libertà radicata in Dio le permette di affrontare con leggerezza anche le umiliazioni subite come ebrea nei luoghi pubblici di Amsterdam.
Una delle frasi più forti del diario, nel film attribuita a Spier, esprime bene questa libertà e forza interiore: «Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nellʹaria».
La miniserie non nasconde gli aspetti più controversi del cammino di Etty, come la complessa relazione con Julius Spier, di quasi trent’anni più grande, o quella con Han Wegerif, vedovo sessantenne e suo padrone di casa. Pur vivendo al di fuori delle convenzioni morali – e nonostante alcune scelte etiche controverse – nulla impedisce a Etty di incontrare il Dio della vita e di offrirsi a Lui, trasformando la propria esistenza in un dono totale, anche nelle prove più estreme, come la tragedia dell’Olocausto.
L’ultima puntata, nel sottolineare la fermezza e la lucidità con cui Etty affronta i preparativi, mette in evidenza la sua risolutezza. È come se si percepisse inviata a una missione speciale, di cui solo lei ha piena consapevolezza, mentre si prepara consapevolmente al dono della propria vita. Nelle sue sei puntate, la serie tratteggia dunque la gradualità e l’imprevedibilità di un autentico cammino spirituale.


Julia Windischbauer in Etty
La serie fa di Etty la testimone di ciò che può accadere anche nelle circostanze di vita più inattese: attraverso vie sconvolgenti e sorprendenti, è possibile scoprire la presenza di Dio nel profondo del cuore umano, fonte primaria di una vera libertà religiosa e spirituale. Lo stesso regista, Hagai Levi, ha sottolineato quanto l’esperienza di Etty parli ancora oggi: «Le idee di Etty Hillesum sono troppo urgenti per il mondo di oggi per restare confinate nella storia; devono irrompere nella nostra realtà vissuta, soprattutto dopo gli orrori che hanno scosso il mondo di così tante persone negli ultimi due anni. Il suo rifiuto dell’odio, la solidarietà con i meno privilegiati e la libertà interiore hanno portato conforto e significato a innumerevoli lettori nei quarantaquattro anni trascorsi dalla pubblicazione dei suoi diari. Io sono uno di loro. Spero che questa serie aiuti a raggiungerne molti altri».