I titoli targati A24 hanno da tempo un pregio indiscutibile: il coraggio. Sono divisivi, a volte estremi. Giocano con gli eccessi, sono sovraccarichi, ma sanno come distinguersi in un panorama cinematografico sempre più omologato. Pensiamo agli horror di Ti West, alla fantascienza di Alex Garland (aspettando Civil War), al talento di frattura di Ari Aster, protagonista quest’anno con Beau ha paura.

La A24 si presenta in concorso alla Berlinale con A Different Man di Aaron Schimberg, che aveva avuto la sua anteprima al Sundance. È un viaggio di sola andata in un’umanità al limite, troppo legata alla società delle immagini e agli stilemi del nostro tempo. Il regista provoca, gioca con i generi, si destreggia tra il body horror e la commedia grottesca. Omaggia un immaginario ben riconoscibile, strizza l’occhio a The Elephant Man di Lynch, ma anche a L’uomo senza volto con Mel Gibson.

Il protagonista è Edward, vorrebbe fare l’attore. È affetto da una malattia rara, che gli deforma il viso. Non riesce ad avere una vita normale. Vicino a lui si trasferisce la bella Ingrid, drammaturga di grande talento. Edward si innamora, ma resta a distanza. Intanto si sottopone a una cura sperimentale per trasformarsi, e diventare finalmente attraente.

È qui la chiave di A Different Man. È un film sulla bellezza celata, sull’accettare l’altro, a tratti anche respingente. Si attaccano i pregiudizi senza retorica, si sfidano le apparenze per mettere in scena una società di maschere. Il teatro si unisce al cinema, a un certo punto ci si sposta sul palcoscenico. Allora A Different Man si fa ancora più ambizioso. Evita inutili pietismi e si interroga su che cosa significhi essere dei “mostri”. L’aspetto, il primo sguardo, finiscono in secondo piano. Il principe azzurro viene ghettizzato, e a vincere è colui che all’apparenza non avrebbe alcuna speranza.

Schimberg dirige una favola per adulti dalle tinte fosche, in cui non accetta soluzioni facili e sfida anche lo spettatore a tenere gli occhi aperti. Realtà e finzione, verità e menzogna. In un film dove il mondo non è un paese delle meraviglie, ma un luogo in cui si può ancora scoprire l’incredibile. Sorprendente. Nel cast il “Soldato d’Inverno”, lanciato dalla Marvel, Sebastian Stan e Renate Reinsve, che dopo il premio al Festival di Cannes per La persona peggiore del mondo sta vivendo un momento di grazia: qui a Berlino è in concorso anche con Another End di Piero Messina.