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Leonard Nimoy in Star Trek (credits: PARAMOUNT PICTURES)
C’era una volta la vecchia “scuola di inglese”. Un corso pomeridiano o serale dopo le regolari lezioni mattutine in cui, magari ogni martedì e giovedì dalle 15 alle 16.30, ci si ritrovava tutti insieme in una classe a ripetere, tra le altre, frasi rimaste nella memoria collettiva che, un giorno, si sarebbero usate: da «What a wonderful! What is that? That is Piccadilly Circus» in poi.
“Laboratori”, spesso, un po’ polverosi, dove il supporto tecnologico era dato da qualche VHS o da magnetofoni fané. Una forma di apprendimento che, con buona pace di Proust, aveva un ‘odore’ di vecchia tecnologia analogica che ancora oggi resta indissolubilmente legato a tante espressioni idiomatiche e, forse, perfino a qualche piccola “cotta” per la vicina di posto da incontrare timidamente solo in quell’occasione.
Nell’era digitale sia l’apprendimento delle lingue che il loro perfezionamento e utilizzo scoprono nuove frontiere grazie ai Social Media diventando un gioco, ma soprattutto una “competizione” finalizzata all’apprendimento. Qualcosa di impensabile senza la tecnologia che estende il nostro campo d’azione per imparare al mondo intero. Le pareti della vecchia “classe” si aprono e raggiungono un mondo immateriale dove, giocando, una comprensione di base è garantita per qualsiasi lingua.
Ed è, forse, questo l’aspetto più innovativo e sorprendente dei Social Media. Ognuno di noi ha le sue passioni linguistiche che non necessariamente debbono afferire alle lingue “tradizionali” come inglese, francese, spagnolo, tedesco e russo, ma che possono spaziare ben oltre le “nuove” lingue di successo come giapponese, arabo e cinese. Grazie alle app connesse ai Social Media oggi ci sono comunità di persone che studiano insieme lingue altrimenti molto complesse da trovare insegnate nelle proprie città: navajo, hawaiano, urdu, hindi, il gaelico scozzese sono tra le offerte possibili per non parlare anche di lingue “inventate” come l’esperanto e il Klingon, lingua assurta agli albori del successo fantascientifico grazie ai film di Star Trek.
Cosa cambia rispetto al passato? Difficile dire se grazie a queste app si possa davvero imparare o meno una lingua da zero. È ovvio che le pubblicità e le esperienze di chi l’ha già fatto dicano di sì, ma il punto non è questo, bensì il cambio di paradigma. Dal materiale si passa all’immateriale e la “classe” diventa un concetto effimero, ma tangibile. Si studia insieme ad altre persone, verosimilmente, dislocate in parti diverse del mondo e tutti insieme si gioca studiando ad imparare questa o quella lingua. E si compete.
Per vincere cosa non è chiaro, ma certamente per imparare. E lo studio prende lo stesso tempo, ma nuovi spazi. Seduti in metropolitana, in piedi su un autobus, in un treno si può “studiare e giocare” condividendo sfide e interessi, ma anche approfondendo insieme tematiche, espressioni e – ovviamente – tutti gli elementi che definiscono tratti e caratteristiche di una certa cultura. Dal cibo alla letteratura, dal cinema alla storia. Tutto senza muoversi da casa o senza lasciare tempo e spazio ad altro.
Questi “giochi” linguistici oltre a permettere incontri ed amicizie, consentono lo sviluppo di un dialogo differente e globale. È vero, come spesso accade nei giochi, sono degli Avatar a costituire i nostri alter ego, eppure questo conta di meno. Quello che è più interessante è come anche nel campo dello studio delle lingue, l’elemento di una socialità trans-materiale abbia ridefinito il senso ultimo dell’apprendimento stesso. Persone che, forse, non avrebbero avuto tempo, voglia, risorse, possono mettersi a studiare dove, come e quando vogliono. Condividendo i loro progressi, i loro successi e i passi falsi con “amici” che seguono lo stesso percorso di studio.
Tutto semplice e banale? Non proprio. Le cose, purtroppo o per fortuna, non stanno così.
Una delle piattaforme di cui stiamo scrivendo e che non citiamo per non dare l’idea di volere fare pubblicità tanto, peraltro non le serve; annunciando i suoi dati ci dice che ha già registrato 590 milioni di download, supporta 38 lingue, conta 40 milioni di utenti attivi al giorno e nell’ultimo anno ha fatturato un incremento del 129% rispetto all’anno precedente.
Tutto molto bello, direbbe qualcuno, ma la questione diventa inquietante quando leggiamo – tra i numeri offerti al pubblico - che i giovani americani preferirebbero studiare lingue su questa piattaforma anziché a scuola…
Ecco quindi, che il gioco diventa la vita e – peggio ancora – il mezzo prende il posto del messaggio. Benissimo studiare, giocare e condividere, ma come fanno delle app a poche decine di euro a sostituirsi ad interi corsi scolastici? Ovviamente è una notizia senza una fonte precisa e chiara, eppure vera anche solo parzialmente, getta in ogni caso un’ombra sulla nostra modernità.
Per capire, infatti, questo fenomeno ricorriamo prima ancora che ai giornali e ai saggi a Tik Tok e vediamo dei video, purtroppo in apparenza realistici, di giovani studenti europei che come exchanging students in licei e college americani chiedono ai loro colleghi che cosa ne sanno dell’Europa. Ecco, dunque, che la “capitale dell’Italia” si chiama “Francia”. Che Parigi è una nazione, che Londra è in Germania e che Berlino è stata distrutta e non esiste più.
Come diceva emblematicamente una suora che ha insegnato alle elementari “Questi sono i re dei somari’, ma sinceramente è possibile che ci sia sotto qualcosa di molto peggiore.
L’ignoranza è il male peggiore di cui soffra l’umanità e i cui danni si avverte profonda l’eco in tutti gli orrori della nostra società: come fa, quindi, un sistema evoluto a generare persone così totalmente ignoranti della loro contemporaneità? Qualsiasi sia la risposta ecco spiegato il motivo per cui vi sia un maggiore numero di studenti americani su un App anziché a scuola, perché in un contesto disarticolato, uno strumento “integrativo” diventa in tutto e per tutto l’elemento centrale di questa forma di studio cui gli studenti possono affidarsi con fiducia.
Se, davvero, quasi un decimo dell’umanità studia lingue su piattaforme digitali, interagendo quotidianamente con altri studenti, ecco questo fenomeno è destinato a prendere sempre più piede nella nostra società.
Chi vuole andare oltre, poi, ha ancora altri strumenti: se alcune App sono un gioco evoluto, altre, invece, permettono di connettersi con studenti di tutto il mondo e professori di lingue che offrono lezioni individuali in collegamento. Una delle piattaforme di maggiore successo che non a caso ha un social media autonomo per i suoi studenti offre le lezioni di circa 32.000 insegnanti di oltre duecento nazionalità diverse che quotidianamente, 24 ore al giorno, in tutti i fusi orari insegnano oltre 120 materie (non solo lingue).
Tra tutte le lingue, però, qui ne manca una: il russo. Immediatamente dopo l’inizio della guerra, la piattaforma in questione ha bandito il russo e i suoi insegnanti temendo la propaganda.
Una scelta saggia? Difficile essere d’accordo. Parafrasando Fëdor Dostoevskij oggi diventato, suo malgrado, il simbolo della repressione culturale in Ucraina con la sua effigie appesa su teatri, scuole e università conquistate, ecco che “la conoscenza salverà il mondo” e ovviamente anche l’apprendimento del russo. Nonché di tutte le altre lingue, visto che – ad esempio – dalle statistiche pubbliche di queste App mentre a studiare inglese ogni giorno sono, prevedibilmente, 400 milioni di persone, anche il nostro Italiano si difende bene con quaranta milioni di studenti in tutto il pianeta.
Quindi, anche se forse resta complesso, ma non impossibile prendersi una cotta per qualcuno conosciuto sui Social che studia le stesse nostre lingue, l’elemento “romantico” della conoscenza linguistica resta immutato in virtù di una condivisione globale in ogni momento e in ogni luogo.
Eppoi, diciamoci la verità, il piacere di scrivere un messaggio in Latino, in Klingon o nella lingua creata da George R. R. Martin ad un amico dall’altra parte del mondo, resta davvero un grande piacere.