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Uno scatto di Papa Francesco con il futuro Papa: Robert Francis Prevost; @Vatican Media
Il 267° pontefice della Chiesa cattolica è un uomo venuto da oltre oceano. Si chiama Robert Francis Prevost, ha 69 anni, è nato a Chicago, è stato missionario in Perù e, da oggi, è Papa. Col nome di Leone XIV, entra nella storia come il primo americano a salire al soglio di Pietro.
Alle 18:08 di giovedì 8 maggio, il segnale tanto atteso: fumata bianca dal comignolo della Cappella Sistina. Dopo meno di 24 ore di conclave e diversi scrutini, i 133 cardinali elettori — record assoluto nella storia moderna — hanno trovato il nome. Circa un’ora dopo, sul balcone centrale della Basilica Vaticana, il nuovo pontefice si è affacciato con un semplice saluto: “Pace a tutti voi”. Poi, davanti a una folla commossa e festante, ha aggiunto: “Dobbiamo essere un popolo solo, sempre in pace”. Nelle sue prime parole, anche un omaggio al predecessore: “La voce di Francesco, anche negli ultimi giorni, restava viva nel mondo”.
Sulla pace, Leone XIV ha detto ancora: “Questa è la pace di Cristo Risorto. Una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio. Dio che ci ama tutti incondizionatamente.” E ha poi proseguito con parole di coraggio e speranza: “Il male non prevarrà, siamo tutti nelle mani di Dio. Senza paura, uniti mano nella mano, andiamo avanti, siamo discepoli di Cristo.” Il suo volto, mostrato in primo piano dalle telecamere, tradiva l’emozione.
Papa Francesco, nato Jorge Mario Bergoglio, è scomparso lo scorso 21 aprile, a 88 anni, dopo dodici anni di pontificato segnati da un forte impulso riformista e dall’apertura a temi prima impensabili nei sacri palazzi. A eleggere il nuovo pontefice sono stati in gran parte (oltre l’80%) cardinali da lui nominati: più giovani, provenienti da tutti i continenti, spesso sensibili alla spinta al cambiamento avviata da Francesco.
Ma chi è Papa Leone XIV? Agostiniano, studioso di diritto canonico, missionario, vescovo, prefetto, poliglotta. È stato chiamato a Roma nel 2023 proprio da Francesco per guidare il Dicastero per i vescovi — uno dei più strategici della Curia romana — e da lì ha rapidamente conquistato la fiducia di molti. Si è formato spiritualmente e pastoralmente lontano dagli Stati Uniti: vent’anni passati in Perù, di cui è cittadino naturalizzato, come parroco, docente, poi vescovo. Ha girato il mondo come superiore dell’ordine agostiniano. Parla fluentemente spagnolo e italiano. Ama dire che “un vescovo non è un piccolo principe seduto nel suo regno”.
Il suo profilo è, in molti tratti, affine a quello di Francesco: attenzione ai poveri e ai migranti, umiltà nello stile, prossimità alle periferie. Anche per questo è visto come l’uomo giusto per dare continuità alla linea del predecessore.
Sul tavolo, per lui, si aprono ora sfide cruciali: il processo sinodale avviato da Francesco, il ruolo dei laici e delle donne, la lotta agli abusi, il ripensamento del modello di Chiesa in un mondo sempre più secolarizzato. La sua elezione, data per improbabile fino a pochi giorni fa — troppi timori in Curia per un papa statunitense in tempi di egemonie globali — è invece il segno di un collegio cardinalizio che guarda oltre i confini nazionali.
In Italia, il suo nome ha subito evocato un precedente fittizio ma radicato nell’immaginario: Lenny Belardo, l’“Young Pope” americano inventato da Paolo Sorrentino e interpretato da Jude Law. Ma Robert Francis Prevost non è un papa da fiction. È reale. Ed è la prova che la realtà, a volte, può essere più sorprendente della finzione.
Un’ultima curiosità cinematografica chiude simbolicamente il cerchio: l’ultimo pontefice a portare il nome di Leone, Leone XIII, fu anche il primo ad essere ripreso da una cinepresa. Era il 1896, l’operatore era Vittorio Calcina, e il Papa, nei giardini vaticani, impartiva la benedizione. Oggi, quasi 130 anni dopo, un altro Leone si presenta al mondo. E, ancora una volta, l’immagine è destinata a fare storia.