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La vita va così @ Claudio Iannone
“Io credo nelle persone, nella potenzialità che hanno dentro di dare un segnale”. Riccardo Milani presenta La vita va così, film di apertura della XX Festa del Cinema di Roma, dal 23 ottobre nelle nostre sale.


Riccardo Milani @Gianmarco Chieregato
Fuori concorso nella sezione Grand Public, inquadra Efisio Mulas (Giuseppe Ignazio Loi), un pastore sardo che vive da sempre, tra il mare e i suoi animali, nella piccola casa dove è nato: non intende cederla al gruppo immobiliare presieduto da Giacomo (Diego Abatantuono) che su quella spiaggia intende costruire un lussuoso resort, confidando nel capo cantiere Mariano (Aldo Baglio). Tra questi mondi inconciliabili si muove Francesca (Virginia Raffaele), la figlia di Efisio, divisa tra le sirene del cambiamento, l’appartenenza alla propria terra e alla propria comunità attratta dalle prospettive economiche del resort: che ne sarà del furriadroxiu, la tradizionale abitazione agropastorale monofamiliare sarda di Efisio?
Scritto da Milani e Michele Astori, La vita va così è ispirato a una vicenda che ha fatto il giro del mondo finendo anche sulle pagine di testate internazionali: “10 anni fa leggevo, la spiaggia di Tuerredda la conosco bene, quando il protagonista (Ovidio Marras, NdR) è morto, ho chiamato il mio produttore Mario Gianani, era giunto il momento di raccontarla. Qui c’è un uomo che sa dire di no, che ha il coraggio che manca a tutti noi; dall'altro lato, c’è una comunità spaccata, cosa che avviene spesso in Sardegna e anche altrove. È il conflitto tra la necessità del lavoro e il rispetto del territorio: non vanno mai d'accordo”.
Milani avoca alla commedia “questa storia esemplificativa e significativa per tutti, anche per chi non la pensa come me”, Raffaele parla di “Metodo Milani, un esperimento sociale” e rivendica la “possibilità umana che ti trovi a vivere, immergendomi nella comunità, prima quella abruzzese di Un mondo a parte e poi questa sarda”.
Se, malgrado sia una storia vera, per Baglio è “una anomalia, una utopia: non credo il mondo si muova così”, Abatantuono conserva il “dubbio fino alla fine: è questo un cinema fatto di speranza e ipotesi” e elogia Gigi Riva, ché “ha rappresentato questa resistenza a non essere comprato: tener duro è la cosa più importante”.
Alla prima esperienza di attore, Loi confessa: “Temevo un lavoro pesante, che non ce la facevo, poi ci sono riuscito grazie al lavoro di tanti”. Ha anche fatto da coach a Raffaele, che rivela di aver “studiato il sardo come l’inglese” e alla Festa del Cinema plaude a un “film che muove, divisivo nella storia e nei personaggi. Veicola un messaggio bello di dignità e coraggio, che arriva da un pastore sardo in lotta contro una grande società milanese: un invito a sognare”. La sfida è anche di genere, Abatantuono dice che “la commedia è la forza del cinema italiano, Scola, Monicelli, Risi e via dicendo: la commedia è la vita quotidiana, e qui c’è anche il Neorealismo con un De Niro Loi, NdR) in miniatura”.
Del proprio personaggio Diego aggiunge che “non fa ridere mai, è convinto di essere nel giusto, crede di dare del lavoro, di fare una cosa bella, ma si scontra con una persona resistente, Efisio, che convince tutti, anche il mio personaggio”.
Belle musiche di Moses Concas, Milani osserva che “non so se abbia fatto altri film più divertenti di questo, ma non c'è una strategia da parte mia, bensì l’istinto. È una commedia con riflessione: gli immobiliaristi da una parte, la popolazione dall'altra, in mezzo il ricatto del lavoro - e qui forse c’è una nota amara in più”.
Conclude il regista sulla presunta assenza della politica dall’agone, “la politica è presente come amministrazioni locali, l’ultimo anello della catena, il territorio. Le persone decidono di sé stesse da sole, l’ottantenne con la quarta elementare Efisio trova una strada, trova la giustizia. C’è il distacco dalla politica, anche il concetto di Stato lì nel Sud Sardegna è molto lontano”.