Uno spazio sintetico che non invecchia, non imputridisce, non mostra i segni della catastrofe che nutre le sue radici: in quel luogo c’è l’allegoria perfetta dell’anima del nazista
Corpi estranei la cui parestesia rende insensibili al reale. Forse è questo il lato ambiguo della bellezza: nasce per indicare la via e finisce per dar corpo ad un miraggio
Nei suoi quadri la tensione narrativa è sospesa al punto da rendere la scena irreale. Ciò che vediamo ci viene mostrato come in una teca, si dichiara distante, sottilmente “altro”
Ombre e forme dove l’assenza non è concepibile: un racconto luminoso, potente e vitale, celebrazione di permanenza, certificazione di una morte impotente
La grammatica di Arancia meccanica – tra quelle poche opere che segnano inevitabilmente un prima e un dopo – diluisce la violenza fino a neutralizzarla nella ricerca estetica