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Kim Novak's Vertigo
(Cinematografo/Adnkronos) – Otto minuti di applausi. Un intero teatro in piedi. E una voce che ha tagliato il silenzio con la grazia e la forza delle grandi anime. Kim Novak, 92 anni, ultima diva dell'età d'oro di Hollywood, ha ricevuto oggi il Leone d'oro alla carriera alla 82esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Ma ciò che resterà inciso nella memoria del Lido non sarà soltanto la celebrazione di una filmografia leggendaria, quanto le parole che l'attrice che non compare in pubblico da decenni ha scelto di pronunciare, con cuore lucido e spirito ribelle: "Io sono voi e voi siete me. Io vi amo e voi mi amate. La verità conta. I vostri diritti contano. Le vostre vite contano".
Dopo l’introduzione del direttore Alberto Barbera, che ha definito la leggendaria attrice statunitense "un'icona indelebile, una stella che non ha mai smesso di brillare nel firmamento delle dive intramontabili", e la laudatio del regista messicano Guillermo del Toro, è stato Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale, a consegnare il Leone. Ma è stata Kim Novak stessa a rendere la cerimonia indimenticabile, pronunciando un discorso che ha mescolato tenerezza, urgenza politica e una profondissima coerenza esistenziale.
"Oh mio Dio, sono alla Mostra del Cinema di Venezia, è semplicemente incredibile. Sono senza parole". E subito dopo Novak ha aggiunto: "E devo essere fedele a me stessa. Uno dei motivi per cui sono qui è per ispirare il più possibile le persone, per far capire che la loro libertà conta, che le loro vite contano, i loro diritti contano, la verità conta". Nel suo tono, non c'è stata retorica. Solo una dolente lucidità che ha trafitto il cuore del pubblico. E poi, come un colpo di teatro che nessun copione avrebbe saputo scrivere meglio: "Per tutte le democrazie nel mondo, dobbiamo unirci, collaborare, essere creativi, trovare il modo di aprire gli occhi, guardare cosa sta succedendo e fare tutto il possibile per salvare le nostre democrazie. Troppi uomini, troppi soldati hanno sacrificato la vita. Troppe persone sono morte solo per cercare di essere oneste e autentiche. Non possiamo permettere che vada tutto perso. Non dovrei cercare di influenzarvi, ma per me conta così tanto".
Kim Novak è molto più della musa hitchcockiana di "La donna che visse due volte" (Vertigo), il film spesso considerato il più grande di tutti i tempi. È una donna che ha saputo dire 'no' quando contava, e 'sì' solo a sé stessa. Nata come Marilyn Pauline Novak a Chicago, è diventata una star mondiale negli anni '50 con successi come "Picnic", "Pal Joey", "Una strega in paradiso", "L'uomo dal braccio d'oro". Ma ha sempre rifiutato di essere una marionetta.
"Una star libera. Una ribelle nel cuore del sistema", l'ha definita Barbera. Nel momento del massimo splendore, Novak abbandonò la Hollywood dorata e si ritirò in Oregon, dedicandosi alla pittura, alla poesia e alla natura. Con il marito, il veterinario Robert Malloy (scomparso nel 2020), ha vissuto in un ranch immerso nel verde, circondata da cavalli e animali salvati. Le sue opere d'arte sono oggi esposte in musei americani ed europei, e la sua storia personale è diventata un simbolo di libertà femminile e autodeterminazione. La sua storia è stata ora raccontata nel documentario "Kim Novak's Vertigo" di Alexandre O. Philippe, presentato Fuori Concorso proprio a Venezia.
"Non farò un discorso…" Così ha esordito Kim Novak, con una frase che racchiude tutta la sua grazia, la sua ironia e la sua vulnerabilità. Con parole semplici ma profondamente autentiche, la diva ha lasciato da parte le formalità per condividere qualcosa di molto più prezioso: un pezzo della sua anima. Davanti a un pubblico commosso, ha ringraziato non un dio solo, ma "tutti gli dèi lassù in cielo", per averle donato un riconoscimento così importante proprio ora, in un’età avanzata. "Hanno aspettato il momento più significativo della mia vita", ha detto con voce tremante. E poi ha aggiunto: "Sono senza parole".
Tra i ringraziamenti, un pensiero speciale è andato ai suoi genitori. Suo padre, che le ha trasmesso "una bussola morale". E sua madre, che le ripeteva ogni giorno una frase che l'ha accompagnata per tutta la vita: "Tu sei il capitano della tua nave." Un mantra di forza, autonomia, dignità. "E penso che siano parole che tutti dovremmo dire. Dobbiamo essere in grado di farci sentire. Di far sentire la nostra voce".
Nel cuore del suo discorso, anche il racconto della nascita del documentario che l'ha riportata sotto i riflettori: un progetto nato quasi per caso, grazie a un'amica fidata e all’incontro con il regista Alexander Philippe. "Il giorno dopo che l'ho conosciuto abbiamo iniziato a girare", ha raccontato. "Lui era un essere umano così bello. È riuscito a entrare nel diario della mia vita". Un diario fatto di arte, ricordi, fragilità e riscatto.
La parte più toccante del discorso è arrivata alla fine, quando Novak ha parlato apertamente della sua lotta contro il disturbo bipolare: "A volte la depressione mi prende, e non vuole lasciarmi andare", ha ammesso con estrema onestà. "Ma la pittura, l'arte… mi ha aiutata tantissimo". Non serve essere bravi, ha detto, "basta esprimersi". La pittura, per Kim Novak, non è solo una passione, ma una forma di salvezza. Una via d’uscita, un modo per restare in contatto con sé stessa nei momenti più bui. Il discorso si è chiuso così, con un semplice e potente "Grazie".
Durante la laudatio, Guillermo del Toro (La forma dell’acqua, Nightmare Alley, Il labirinto del fauno) ha celebrato Kim Novak come un'attrice straordinaria, capace di spaziare tra generi diversi con profondità, mistero e grazia. A differenza di molte star hollywoodiane, ha mostrato "un’eccezionale versatilità e coraggio nelle sue scelte artistiche, lavorando con i più grandi registi e attori". "La sua recitazione racchiude sempre un senso di vulnerabilità e umanità che la rende unica e indimenticabile - ha detto il regista messicano - Dopo aver toccato l’apice del successo, ha scelto il ritiro e una vita più intima, dedicandosi all’arte e alla natura. Del Toro la omaggia come icona luminosa e profondamente umana, che merita tutto il nostro affetto e riconoscimento". (di Paolo Martini)