Proseguono gli Stati Generali del Cinema in Sicilia. Questo pomeriggio a Siracusa si sono incontrati i gestori delle sale cinematografiche nel panel dal titolo Esercizio di salute: sala quel che sarà, le difficoltà del presente e la via comunitaria, incontro moderato da Laura Delli Colli, Presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani – Premio Nastri d’argento.

Egidio Bernava, Presidente Regionale AGIS Sicilia, ha lanciato un grido d’allarme per la politica “Non possiamo condannare a morte le sale. Abbiamo bisogno di sapere cosa vuole fare la politica per salvarle. Sono necessarie misure drastiche, non bastano contributi a pioggia per salvare quel baluardo di cultura che è la sala, tanto importante nei piccoli centri come nelle grandi città”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Sino Accursio Caracappa, Vice Presidente Vicario ANEC – Delegato FICE Sicilia. Il dirigente ha chiesto a gran voce “un incontro specifico con la Regione Siciliana, con l’Assessorato e la Film Commission locale per dare risposte a tutto l’esercizio regionale che conta su 80 strutture e 250 schermi”.

Caracappa, inoltre, ha messo in luce come nell’isola si stia affrontando “un momento difficilissimo. Bisogna cominciare a ragionare in termini di filiera così come non è stato fatto in passato. Stiamo vivendo da febbraio una situazione di estremo disagio, l’industria è rassegnata al fatto che sia succube anche del Festival di Sanremo, in cui non esce nessun film italiano in sala. La campagna Cinema Revolution, però, l’anno scorso ha funzionato, adesso c’è bisogno di nuove progettualità all’orizzonte che sinceramente non vedo”.

Non è proprio dello stesso avviso, invece, Domenico Dinoia Presidente di Fice – Federazione Italia Cinema d’Essai “Veniamo dalla migliore stagione estiva di tutti i tempi, abbiamo avuto film con incassi di 30 milioni di euro, senza dimenticare lo straordinario successo di film come Perfect Days, Past Lives e Fallen Leaves che sono stati apprezzati da un pubblico giovane a dimostrazione che le sale d’essai non sono rifugi per pensionati. C’è, invece, un forte interesse e una riscoperta di cinema in lingua originale, non solo in francese e in inglese ma anche in giapponese e altre lingue asiatiche. In Italia tantissime abbiamo tantissime strutture, circa 700 su oltre 1200 con uno schermo o due schermi che hanno bisogno di multiprogrammazione per aumentare il pubblico. Non fare lo stesso film per tre settimane aiuterebbe anche la distribuzione indipendente. Non a caso – conclude Dinoia - le sale di qualità che hanno adottato programmazioni di livello, hanno già recuperato il gap del 30% rispetto al triennio 2017-19”.

A proposito di stutture con una sala sola era presente Valerio Carocci, Presidente Fondazione Piccolo America che gestisce il Cinema Troisi di Roma. Il gestore ha riconosciuto che “il nostro cinema gode di concessioni dai distributori che altri cinema non hanno. Ma che senso ha essere delle eccezioni? La nostra esperienza deve diventare un regola per tutte le sale, non un privilegio. Il confine  tra esercizio e distribuzione viene spesso superato con delle irregolarità. Il distributore ordina il numero di spettacoli e gli orari di programmazione. L’esercente, però, deve poter gestire al meglio il film: è rarissimo che possa vederlo prima di programmarlo. Questa è una follia.” Poi la critica alla politica: “Non ci possono essere dipendenti pubblici che stanno nelle commissioni che distribuiscono i fondi: i bandi non possono essere un punto dove la politica nasconde le proprie mani. Siamo l’industria che vive di più sul finanziamento pubblico, dobbiamo lottare affinché sia distribuito in maniera equa e per tutti, perché c’è sempre bisogno di avere finanziamenti per le sale storiche”. 

Davide Milani, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, è il gestore di un’altra realtà cinematografica virtuosa come il Cinema Nuovo Aquilone di Lecco: “Abbiamo aperto una sala che non c’era durante la pandemia grazie a molti contributi pubblici. Questo cinema è un investimento enorme per una parrocchia, in una piccola città come Lecco: rappresenta un luogo di elaborazione culturale, prima facevamo cinema solo in piazza o nei cortili. Invece é fondamentale per una comunità avere un luogo stabile dove si pongono delle domande e si cresce insieme. La Chiesa si occupa di cinema perché è un fatto culturale. – argomenta Milani –  Il cinema è una delle espressioni più alte di cultura che abbiamo. Bisogna proporre delle opere con le realtà associative del territorio che portino il pubblico a ragionare su dei temi che altrimenti non avrebbe mai affrontato. Serve una maggior considerazione di ciò che è la sala, soprattutto dal mondo delle distribuzioni. Il cinema vale tutti gli investimenti pubblici che si fanno”.

A proposito di distribuzioni, Milani, inoltre, ha rilevato come al Cinema Nuovo Aquilone “con uno schermo solo, la multiprogrammazione su un fine settimana non sia molto promettente. Imporre dei film per poter programmare poi quelli richiesti è un suicidio perché da gestore, so bene cosa apprezza il mio pubblico, ma se sono obbligato a fare un film che non va bene per quel target so che non verrà nessuno in sala. Il diktat distributivo penalizza molto le monosale" ha concluso Milani.

Altro esercizio virtuoso è rappresentato da Anteo Spaziocinema di Milano gestito da Lionello Cerri “In questo momento si fa molta fatica a portare avanti un rapporto con il pubblico soddisfacente. Sarebbe bello approcciarsi con produttori, Film Commission, i distributori, con tutti quelli che fanno questo mestiere. Inoltre – rileva Cerri - manca il protagonista principale dei nostri bisogni, il pubblico. Dobbiamo interpellarlo e capire insieme qual è il sistema per avere un pubblico di riferimento costante nella grande città come in periferia”.

Cerri, però, rifiuta la definizione di “esercente” per il suo mestiere:  “Mi dà fastidio questa parola, siamo dei piccoli imprenditori o organizzatori culturali e facciamo crescere le nostre attività perché diamo lavoro. Dobbiamo cambiare il nostro linguaggio e lavorare con tutti, dai distributori, alle Film Commission,ai media che spesso non valorizzano piccoli film che meriterebbero più spazio come La chimera, Felicità o Misericordia”.