PHOTO
I 400 colpi
Gian Piero Brunetta, massimo storico del cinema, qual è il suo film della Nouvelle Vague?
I 400 colpi, è il primo che ho visto e sono stato catturato da questo interno di taxi con lo sfondo della Tour Eiffel. E poi, Hiroshima mon amour, Fino all’ultimo respiro, L’anno scorso a Marienbad. Quattro film che ho visto tra i 18 e i 21 anni, e che mi hanno influenzato molto. L’attrazione c'era per il cinema, ma era un interesse per tutte le arti, questi film m'han fatto sentire che si poteva scrivere il cinema in maniera più facile, più diretta, anche senza tutto l'apparato produttivo. E potevano raccontare delle storie vicine alle generazioni come la mia, ventenni aperti alle esperienze della vita, con alle spalle la storia difficile del dopoguerra.


Gian Piero Brunetta
(Riccardo Ghilardi)Un'educazione sentimentale, anche.
Jules e Jim. Ma anche la libertà di Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg, filmati a letto a parlare per 20 minuti in Fino all’ultimo respiro. Venni posto di fronte a un modo diverso di raccontare, a dei ritmi, a una sintassi narrativa per me inediti. Il cinema che conoscevo era sottoposto a delle regole differenti, qui vedevo una libertà di narrazione, di uso della macchina da presa, del montaggio, del dialogo: “Guarda – ti diceva la Nouvelle Vague – che il cinema non è un modo di esprimersi impossibile, è a portata di mano, molto di più di quanto non sembri”. Si può scrivere con la macchina da presa – e non sapevo ancora niente della caméra-stylo di Astruc. E devo confessare…
Confessi.
Con un compagno, al primo anno di università, nel ‘62 andai a Parigi, e facemmo un filmetto. Credo di essermelo perso, ma ricordo che riprendevamo delle scene dall'interno dei taxi e… fingevamo di essere dei barboni sulla Senna. L’abbiamo girato con mezzi poverissimi, pensando appunto che anziché registrare un pranzo di famiglia si potessero raccontare queste storie…