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Re della terra selvaggia
Come sappiamo, viviamo nel secolo dell’incertezza, un’epoca liquida, come ha scritto il sociologo Zygmunt Bauman, in cui “la paura è diventata il carburante della vita quotidiana” e l’insicurezza è permanente, diffusa, quasi ontologica. Tutta la nostra società è dominata dall’attesa di improvvisi “cigni neri”, eventi drammatici inaspettati con cui doversi confrontare.
Il “cigno nero” per eccellenza è stata la pandemia, naturalmente, ma quotidianamente viviamo a stretto contatto con almeno altri due fattori di rischio: la crisi climatica e le migrazioni, che non sono più eventi isolati, ma condizioni permanenti. Proprio per questo i tre “cigni neri” appena identificati si sono trasformati in immagini e narrazioni, attraversando il cinema degli ultimi venticinque anni.
Viaggiando attraverso alcune delle rappresentazioni più emblematiche di queste paure contemporanee, cerchiamo di delineare i “cronotipi” del primo quarto di secolo, esplorando come il grande schermo abbia reagito ai mutamenti epocali, riflettendo le fratture del nostro tempo. L’obiettivo è cogliere non solo i temi, ma anche le forme che hanno preso vita in questo crocevia di shock collettivo, crisi culturale e nuove estetiche della vulnerablità.