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Terrazza Sentimento
C’è un passaggio, nella docuserie Terrazza Sentimento (tre episodi su Netflix), in cui si affronta uno dei tipici effetti collaterali della cronaca nera: la spettacolarizzazione veicolata soprattutto dal mezzo televisivo. Come capita sempre in questi casi, i programmi di infotainment – genere che per definizione contamina e confonde informazione e intrattenimento – si sono fiondati sui carnefici come sulle vittime, affamati di sapere tutto sulle vite degli altri in bilico tra cinismo e moralismo.
Da Bruno Vespa, appollaiato in studio che si sfrega le mani annunciando l’intervista esclusiva alla prima donna che ha denunciato Alberto Genovese, a Massimo Giletti, in piedi accanto alla testimone pronta a snocciolare i più pruriginosi retroscena di quelle feste scellerate, la televisione ha sfruttato al massimo le vicende della Terrazza Sentimento, l’attico della Milano da bere (e da farsi) dove, in tempo di Covid, l’imprenditore milionario, già fondatore di alcune startup, organizzava feste esclusive a base di droghe, stupri e sevizie.


Terrazza Sentimento
La docuserie, scritta da Alessandro Garramone, Davide Bandiera (già autori di Wanna sull’imbonitrice Marchi e Il giovane Berlusconi) e Annalisa Reggi (molte esperienze nel true crime) per la regia di Nicola Prosatore, si sofferma en passant su questa dimensione, ampliando il discorso alla ricezione social della narrazione mediatica, con i commenti della gente comune orientati soprattutto contro le ragazze, malgrado fossero le evidenti vittime della situazione. “Se mi invitano a una festa con della droga gratis, capisco che devo dare qualcosa in cambio”, commenta Vespa dal suo trespolo televisivo.
Sono i momenti più interessanti di Terrazza Sentimento perché tentano di raccontare e interpretare il caso dentro l’Italia patriarcale e moralista, ben disposta a guardare con distacco e forse invidia il predatore e ad accusare le donne considerate pronte a tutto perché apparentemente lontane da noi. Ancor di più considerando il periodo: come non disprezzare e invidiare chi si divertiva in feste proibite mentre tutta Italia era chiusa dentro casa? A rafforzare l’impianto teorico ci sono riflessioni sull’oggettivizzazione dei corpi, sulla mercificazione del sesso, sull’abitudine alla degenerazione e il contributo della psicologa Stefania Andreoli è decisivo (“Non credo che lui facesse ciò che faceva perché si drogava. Credo che si drogasse per fare quello che faceva”).


Terrazza Sentimento
Il problema di Terrazza Sentimento è che non trova un tono omogeneo, alternando ragionamenti sull’eccezionalità della cocaina nell’alveo delle droghe (“Ci sarà un motivo se la prendevano anche due papi” dice Filippo Facci) a testimonianze sull’adolescenza irrequieta di Genovese (ci pensa un compagno di classe), preferendo il sensazionalismo al rigore, ricostruendo i fatti anche grazie all’intelligenza artificiale (curioso considerando la quantità di filmati, ma è un modo per tutelare le vittime). Ne viene fuori un rotocalco accattivante ma disordinato, più moraleggiante che trasparente, un po’ confuso se non ambiguo nelle conclusioni, meno efficace di altre docuserie true crime come il capolavoro SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano o il più gustoso Wanna.
