Sembrerà strano, ma i più grandi risultati in termini di premi e riconoscimenti Mark Ruffalo li ha ottenuti in tv. Un grande attore, di sicuro sottovalutato soprattutto da quando ha preso parte al Marvel Cinematic Universe nel ruolodi Bruce Banner/Hulk, ma che nonostante Zodiac, Foxcatcher e Povere creature!, ha scritto il suo nome negli albi d’oro con il film tv The Normal Heart prima e poi con la miniserie Un volto, due destini, con la quale ha vinto un Golden Globe e un Emmy nel doppio ruolo dei gemelli Birdsey.

Come quella, anche il nuovo lavoro per il piccolo schermo di Ruffalo, Task, è realizzato per HBO (e nuovamente trasmesso in Italia da Sky Atlantic) e si muove sulle coordinate del doppio, del confronto fra simili, anche se non identici come allora. Qui Ruffalo interpreta Tom Brandis, un agente dell’FBI, richiamato in servizio dopo un periodo di pausa preso per una tragedia familiare, forma una squadra per combattere una banda di rapinatori che sta seminando il panico nella periferia di Philadelphia derubando spacciatori e trafficanti.

Task
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A capo dei banditi, c’è Robbie Prendergrast (Tom Phelphrey, bravissimo a tener testa a Ruffalo), un netturbino e padre di famiglia che assieme al miglior amico e collega Cliff (Raùl Castillo) decidono di affrontare la sfida della criminalità insoddisfatti dalle loro vite familiari. Sette episodi, creati e scritti da Brad Ingelsby, affidabile sceneggiatore cinematografico e autore di Omicidio a Easttown, la miniserie che fece vincere Emmy e Golden Globe a Kate Winslet; alla regia, si trovano Jeremiah Zagar e Salli RIchardson-Whitfield.

Al cuore della serie, che sceglie la via del dramma poliziesco, del confronto tra individui e situazioni familiari prima che la caccia al ladro da parte delle guardie, c’è lo scavo dei personaggi principali, il confronto tra le loro famiglie, il continuo gioco di sovrapposizione e distanziamento tra due nuclei, quello di Brandis e quello di Prendergast, soprattutto tra le situazioni emotive delle famiglie. Quella del protagonista, devastata da un crimine inizialmente non meglio precisato che ha compiuto Ethan, figlio adottivo di Tom e Susan (la moglie di Brandis, morta sei mesi prima dell’inizio del racconto), e che lo ha lasciato solo con Emily, figlia anch’essa adottiva e distantissima; e quella dell’antagonista, al contrario accogliente e allargata, con la nipote Maeve che si prende cura dei figli di Robbie (anche lui figura di padre single, in un modo o nell’altro) e di Sam, il piccolo di uno spacciatore ucciso durante una rapina, pur con gli attriti che quella situazione precaria rende inevitabili.

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Il parallelo tra le vite private dei due rivali si riverbera sulla costruzione narrativa di Task che all’inizio pare ricalcare l’andamento mesto e malmostoso proprio della serie di Cianfrance con cui Ruffalo ebbe gli onori nel 2020, concentrandosi sull’interpretazione tutta introiettata, quasi implosa del protagonista, in relazione al carattere più rotondo di Pelphrey; poi, per fortuna, il crescendo degli episodi si rivela efficace e, oltre alla disamina dei temi più profondi, Ingelsby si ricorda anche di inserire tensione e suspense, psicologie, ovvero il campo preferito in cui operare.

A ogni modo, Task resterà impresso, nel frullatore seriale che rende difficili sedimentazioni più lunghe di qualche settimana, per lo scontro tra due attori, interprete che finora non aveva ancora avuto un vero lancio globale e che, invece, si merita una bella carriera.