Diciott’anni sono pochi per promettersi il futuro, cantava qualcuno, figuriamoci diciannove, soprattutto nella società della fretta che tutto brucia sull’altare della performance. Eppure, chiusa la pratica della maturità, ogni adolescente è chiamato a una scelta, che in quel momento pare essere l’unica a poter determinare il corso di un’intera vita. A risolvere il problema ci pensa un diciannovenne smanettone appena diplomato, che vive nel profondo trevigiano con gli affettuosi genitori trascorrendo le giornate con gli amici di sempre: ha creato un’app per aiutare i suoi coetanei a scegliere la facoltà universitaria.

La purezza del ragazzo è fuori discussione, così come la malizia di un misterioso tecnocapitalista che gli chiede di raggiungerlo a Roma per sviluppare la startup nella sua avveniristica struttura hi tech. Il giovane rinuncia all’agognato viaggio della maturità e accetta la proposta dell’affascinante magnate: ovviamente le cose non sono come sembrano. Perché il mondo sia degli squali: veloci e sempre in movimento, che scivolano nel mondo con candore sfacciato.

C’era l’intenzione dello spaccato generazionale nel romanzo di Giacomo Mazzariol – classe 1997, già autore del bestseller Mio fratello rincorre i dinosauri, da cui l’omonimo film, e co-sceneggiatore della serie Baby – all’origine di Squali, l’opera prima di Daniele Barbiero presentata nel Panorama Italia di Alice nella Città. Un progetto che il film si premura di mettere in immagini, partendo dalla provincia come prisma per osservare sogni e bisogni della GenZ – e, di riflesso, i rimpianti degli adulti che stanno lasciando un mondo peggiore – e arrivando alla grande città in mano al capitale che si offre quale unico spazio di crescita professionale umana.

James Franco in Squali
James Franco in Squali

James Franco in Squali

Barbiero – cortista rinomato, alla regia della serie teen Clan e di numerosi videoclip e spot pubblicitari – cerca una forma per plasmare lo spettro delle aspettative e l’orizzonte emotivo dei protagonisti, coadiuvato dalla fotografia di Andrea Reitano (che cerca una sintesi tra l’oleografia d’esportazione e l’asettica freddezza tecnologica) e dal montaggio sincopato di Gianluca Conca (nello iato tra il respiro del romanzo di formazione e l’estetica del reel).

Lo schema è semplice, se non proprio scolastico, e così il messaggio visibile nella sua didascalica linearità. Le immagini si dichiarano, da Lorenzo Zurzolo che si sente sprofondare nel letto e cerca una sponda nel pubblico in pochi momenti nei quali sfonda la quarta parete a James Franco – plasmato su tutti i tecnocapitalisti che abbiamo imparato a odiare – che appare come un’ombra nella targa del suo ufficio. E in questo modesto ribaltamento di The Social Network non può mancare il tema dell’amicizia, con Zurzolo che cerca di aiutare Francesco Centorame, tormentato dal primo momento perché il mondo va veloce e lui non sa che fare.

Il problema di Squali non è nei messaggi – la persistenza dell’umano contro gli inganni del capitalismo – ma nel manico, nella scrittura approssimativa (Francesco Gheghi cerca di dare spessore a una figurina funzionale che accentua lo schematismo della storia) e poco credibile nel lessico (da brividi l’incontro con un universitario che dice “bro” e “spaccare l’internet”, ma anche un repertorio di facili metafore e tutto quel frasario che, come direbbe Michael Pirozzi, “setta il mindset”).