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Sound of Falling - @ Fabian Gamper / Studio Zentral
Una grande fattoria, unità di luogo che collega le esistenze di quattro figure femminili nel corso di oltre un secolo.
Lo spunto potrebbe ricordare il recente Here di Robert Zemeckis, a sua volta ispirato alla graphic novel di Richard McGuire, ma Sound of Falling di Mascha Schilinski - in concorso a Cannes 78 e già acquistato per l'Italia da I Wonder Pictures - segue traiettorie completamente dissimili.
L'opera seconda della regista tedesca è un film spettrale, che mescola senza soluzione di continuità il gotico e l'art-house, arditi piani-sequenza (strepitoso quello ad inizio racconto, con la domestica che insegue le ragazzine all'interno della casa dopo essere stata vittima di un loro scherzo) e soggettive altalenanti: il talento concettuale e artistico di Mascha Schilinski (che sceglie l'aspect ratio di 1:1.5., un 3:2 per intenderci) è evidente, cristallino, plateale.
Il problema forse è proprio in questa esibita e smaccata padronanza del mezzo, abilità che rischia più volte di sfociare nel manierismo a scapito di un ingranaggio narrativo che diventa sempre più farraginoso e difficoltoso da seguire, appesantito inoltre dalla durata non proprio accomodante di 150 minuti.


Sound of Falling - @ Fabian Gamper / Studio Zentral
Al netto di tutto questo, però, resta indelebile la suggestione di un ragionamento che sembra partire - soprattutto per quanto riguarda la linea temporale del passato - dal fermo immagine di antiche fotografie che prendono vita, o - come avviene negli anni Settanta con l'irrequieta Angelika (Lena Urzendowsky) - da figure che vogliono venire via dall'istantanea di una Polaroid per poi svanire davvero nella realtà. E dalla storia.
Come pure non manca l'arguzia di suggerire protocolli che oggi adoperiamo digitalmente e solamente una volta catturata l'immagine: al tempo, per "ritoccare" una fotografia bisognava agire prima, cucendo le palpebre di una figlia defunta per farla apparire ancora in vita, seduta sul divano per la foto di famiglia.
Si sente inoltre il peso degli eventi (la brutalità con cui si preferisce amputare un proprio figlio piuttosto che mandarlo in guerra) e la tenebrosa vitalità di un'infanzia, quella di Alma (Hanna Heckt), che segue lo scorrere emotivo del tempo, delle varie dinamiche familiari, dai continui conati della madre alle cure non proprio ortodosse che una domestica offre al giovane dolorante, attraverso le fessure delle porte.
Per non parlare del costante feeling con la morte, a volte anche inseguita pur di fuggire a destini già segnati, l'accenno a situazioni incestuose o a probabili ossessioni derivanti da nuove e inaspettate amicizie, come accade all'adolescente Lenka (Laeni Geiseler), ragazza dei giorni nostri.
Insomma, Sound of Falling offre più di qualche semplice spunto, ereditando una sorta di anomalo zeitgeist cinematografico che sfiora le derive hanekiane di Il nastro bianco e il recente exploit di Jonathan Glazer con La zona d'interesse.
Il giorno che Mascha Schilinski avrà ereditato anche quel controllo sul mezzo espressivo sfornerà un capolavoro.