[PERICOLO SPOILER]

Possiamo ormai affermare senza ombra di dubbio che, già da un paio di stagioni, Stranger Things non è più soltanto una serie su mostri, su ragazzini in bicicletta che giocano a Dungeons&Dragons e sulle lucine di Natale. È una storia sulla paura di esistere, di crescere. Un racconto di formazione che usa l’horror per parlare di identità, diversità e soprattutto liberazione.

Su Netflix è disponibile la prima parte della quinta stagione, il capitolo finale della saga firmata dai fratelli Duffer e che esordiva ormai dieci anni fa.

I primi quattro episodi di Stranger Things 5 abbandonano le atmosfere inquietanti e decisamente più splatter della stagione precedente, pur riprendendo la narrazione esattamente da dove l’avevamo lasciata. Hawkins è in quarantena, l’enorme frattura apertasi grazie ai quattro portali ai lati della città è stata ricoperta con delle enormi lamiere, l’esercito controlla la città e continua a cercare quella che ritiene la causa di tutto, Undici.

Il ritmo della narrazione non è più incalzante e ossessivo ma, inaspettatamente, si fa più ragionato, a tratti persino introspettivo. E non perché il pericolo sia passato, ma perché il vero orrore non ha più bisogno di mostrarsi: non è un caso che Vecna appaia soltanto alla fine del quarto episodio. Dopo un lento accumularsi di domande, i nodi narrativi rimasti sospesi per quattro stagioni iniziano finalmente a sciogliersi ma soprattutto intuiamo la legittimità della domanda che aleggiava sin dal primissimo episodio: è un caso che, la notte del 6 novembre 1983, a sparire e a essere portato nel Sottosopra sia proprio Will Byers?

© 2025 Netflix, Inc.
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STRANGER THINGS. Linda Hamilton as Dr. Kay in STRANGER THINGS. Cr. Courtesy of Netflix © 2025 (Courtesy of Netflix )

Will, emblema del trauma e della fragilità per quattro stagioni, diventa ora il vero centro del racconto, l’asse su cui ruota l’intera mitologia della serie. Da vittima indifesa, da bersaglio, da corpo da salvare, finalmente si trasforma in soggetto dell’azione: smette di essere il bambino rapito, “zombie-boy” e inizia ad andare incontro al suo destino. Il suo rapporto con Vecna e con la mente a sciame – che richiama piuttosto esplicitamente il legame simbiotico tra Harry Potter e Voldemort e, chissà, forse anche la profezia che li riguardava – cessa di essere una condanna, ma diventa una risorsa e lo diventa soltanto nel momento in cui Will lo accetta e smette di fuggire. A spingerlo verso questo cambio di rotta è l’amicizia con Robin, in cui Will rivede una parte di sé ma al contempo anche ciò che vorrebbe riuscire a essere. La conversazione che i due hanno nei tunnel, mentre cercano di salvare i dodici bambini che Vecna si prepara a rapire, è uno dei momenti chiave della prima parte della stagione. Non è un invito all’eroismo o alla resilienza a tutti i costi, ma un discorso sull’identità, sull’avere il coraggio di capire chi si è e non avere paura di esserlo fino in fondo.

“Poi ho trovato un super 8, l’ho rivisto dopo anni e mi sono ritrovata a guardare la versione più piccola di me stessa. E quella piccola me quasi non la riconoscevo. Era talmente spensierata. E anche senza paura. Amava ogni parte di se stessa. Cercavo risposte negli altri, ma dentro di me c’erano già. Dovevo solo smetterla di avere tutta quella paura. Paura di chi ero davvero. Una volta fatto questo mi sono sentita libera, come se potessi volare”.

Quando Will accetta il proprio destino e sceglie di non fuggire più, compie l’atto più sovversivo possibile: smette di essere vulnerabile.

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STRANGER THINGS. (L to R) Gaten Matarazzo as Dustin Henderson, Finn Wolfhard as Mike Wheeler, Caleb McLaughlin as Lucas Sinclair, and Noah Schnapp as Will Byers in STRANGER THINGS. Cr. Courtesy of Netflix © 2025 (Courtesy of Netflix )

Come Will, anche gli altri personaggi avanzano lungo il loro percorso, non senza colpi di scena. Undici e Hopper irrompono in una base militare nel Sottosopra e qui la ragazza si ricongiunge a sua sorella Kali, Numero 8, tenuta prigioniera dall’esercito come la più pericolosa delle creature. La sua cattura, l’accanimento delle forze militari contro lei e Undici, rilancia con forza una delle grande linee tematiche della serie: il vero pericolo non è il diverso, ma chi tenta di controllarlo e annientarlo a tutti i costi.

Ritroviamo poi Max, che non si arrende alla sua prigionia e continua a cercare una via di fuga dai ricordi di Henry, dove la raggiunge la piccola Holly Wheeler. Il rapimento di Holly non è solo il compimento di una minaccia latente, ma la conferma che non è affatto un caso se la bambina è sempre stata a un passo dal Sottosopra. Proprio come il Pennywise di King si nutriva dei bambini e delle loro paure, Vecna sceglie i bambini “esseri deboli nel fisico e nella mente” per ripopolare il suo mondo. Anche nell’ultima stagione, Stranger Things non rinuncia a riferimenti diretti all’horror degli anni Ottanta, da Poltergeist a Nightmare, strizzando l’occhio - soprattutto nelle scene ambientate nel Sottosopra e nelle basi militari - ai videogiochi degli anni Novanta come Resident Evil.

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STRANGER THINGS: SEASON 5. (L to R) Caleb McLaughlin as Lucas Sinclair and Sadie Sink as Max Mayfield in Stranger Things: Season 5. Cr. COURTESY OF NETFLIX © 2025 (COURTESY OF NETFLIX © 2025)

Gli anni Ottanta però, protagonisti indiscussi della serie, non sono più l’oggetto di una qualche “operazione nostalgia”. I richiami alla cinematografia non sono decorativi, ma strutturali: gli incubi non popolano più solo le fogne o i sogni, ma invadono le identità, abitano il sottotesto. Come dimostra l’utilizzo della musica, che ha sin dalla prima stagione un ruolo cruciale. Da Shoul I Stay or Should I Go dei Clash a Every Breath You Take dei Police, da Master of Puppets dei Metallica a Running Up That Hill di Kate Bush, la musica è parte integrante della narrazione e, come spiega Max a Holly, “la musica ti trova sempre” anche nei posti più oscuri.

La prima parte di Stranger Things 5 suggerisce chiaramente che non si parla più soltanto di mostri, portali e altre dimensioni, ma della paura fisiologica dell’essere umano verso ciò che non comprende. Ci ricorda che il trauma non è qualcosa da cui fuggire, ma qualcosa da attraversare e riconoscere come parte di sé. Vecna non vive soltanto nel Sottosopra: vive nei nostri silenzi, nella rimozione, nelle versioni di noi stessi che abbiamo imparato a odiare per sopravvivere. L’unico modo per sconfiggerlo, paradossalmente, è comprenderci. Dobbiamo guardare il Super 8 della nostra vita per smettere di avere paura, per smettere di cercare fuori quello che in realtà è dentro di noi, da sempre e per sempre. E sentirci finalmente liberi di volare.