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La ballata di un piccolo giocatore
Dopo i 4 premi Oscar per Niente di nuovo sul fronte occidentale e il fortunato Conclave (Oscar alla migliore sceneggiatura non originale), il regista austriaco Edward Berger prende nuovamente spunto da un romanzo (stavolta firmato Lawrence Osborne, edito in Italia da Adelphi) e realizza La ballata di un piccolo giocatore, disponibile su Netflix.
A Macao, capitale mondiale del gioco d’azzardo, il sedicente Lord Doyle (Colin Farrell) è un gwai lo, un fantasma straniero avvolto nell'invisibilità: si trascina da un casinò all'altro, il baccarà come questione di vita o di morte, i debiti accumulati una montagna che diventa giorno dopo giorno sempre più improbabile scalare. L'incontro con la misteriosa Dao Ming (Fala Chen) lo illude di poter avere un'ancora di salvezza, quello con l'investigatrice Cynthia Blithe (Tilda Swinton) lo risucchia nella realtà di un passato dal quale tentava di fuggire.
Perfettamente a suo agio nei panni del gambler/loser alcolizzato e finto-raffinato, Farrell incarna con disperata disinvoltura quest'uomo posseduto dal demone del gioco e, appunto, "balla" senza alcuna logica razionale dentro questa sorta di trip lisergico illuminato dai neon di una città dove il confine tra il divertimento e la perdizione si assottiglia sempre di più.
È forse l'aspetto più riuscito di un film che strada facendo si indebolisce a dispetto delle proprie premesse, finendo per rimanere intrappolato nello stesso loop del suo protagonista, che sembra morire per poi rinascere ogni volta in quella che non si sa bene più se sia la proiezione di una nuova, seducente possibilità o la ripetizione di una "non" vita nella gabbia luminescente di un non luogo popolato da fantasmi.
E neanche il miraggio hongkonghese dell’isola di Lamma, dove il mare ancora sembra in grado di difendersi rispetto alle invadenti costruzioni di Macao, e dove si attende di festeggiare il consueto rito dei "fantasmi affamati”, basterà a ridonare spessore ad un’operazione che non riesce a scavare sotto la superficie riflettente delle sue illusorie ambizioni.

