“Il mio unico desiderio è che questo film vada oltre lo schermo, e possa generare riflessione, nuove possibilità, nuove forme di vita, in cui ogni esistenza valga la gioia di essere vissuta”.

Le parole, e questa storia, sono quelle di Carla Antonella Rodríguez, la prima donna transgender a lavorare come minatrice nel bacino carbonifero della Patagonia argentina.

Ispirandosi alla sua vicenda, la regista Agustina Macri realizza Miss Carbón, portando sullo schermo la sceneggiatura di Erika Halvorsen e Mara Pescio: in concorso Progressive Cinema alla XX Festa di Roma (sarà distribuito prossimamente da Fandango), il film si avvale dell’ottima interpretazione di Lux Pascal (sorella del più noto Pedro), attrice cilena naturalizzata statunitense e attivista transgender.

“Ho sognato di essere una minatrice prima di sognare di essere una donna”: a Rio Turbio, in Patagonia, alle donne è vietato mettere piede all’interno delle miniere di carbone (l’attività principale della zona), perché considerate portatrici di sfortuna e di crolli minerari. A sfidare questa ridicola superstizione ci pensa appunto Carlita, che al compimento dei 18 anni – ancora uomo per la legge – viene assunta dopo un periodo d’addestramento per lavorare all’interno della miniera. Salvo poi essere “rilocata” in amministrazione all’indomani della transizione. Ma quello che Carlita si era guadagnata, il poter lavorare nel buio delle viscere della terra, alla pari dei colleghi “uomini”, non glielo può togliere nessuno…

Paco León e Lux Pascal in Miss Carbón
Paco León e Lux Pascal in Miss Carbón

Paco León e Lux Pascal in Miss Carbón 

Appassionato ma non urlato, Miss Carbón sa unire l’intimità di uno sguardo sul difficile percorso della sua protagonista (il rifiuto del padre, gli ostacoli di una donna trans in una società patriarcale e arretrata) alla maestosità naturale di un paesaggio che lascia senza fiato, trovando oltretutto nel simbolismo mai smaccato della miniera anche l’aggancio per farsi film capace di ragionare sul “rito del passaggio”.

La regista di Soledad predilige una cifra narrativa che mescola il realismo all’onirico (i vari momenti in cui Carlita si astrae dal contesto) e alimenta il sussurro di una lotta e di una rivoluzione (in parte compiuta, sia per quello che attiene la vicenda personale di Carlita che l’Argentina tutta, tra i paesi attualmente più avanzati per quello che riguarda i diritti LGBT) accarezzando i vari stati d’animo del personaggio principale, incarnato con naturalezza straordinaria da Lux Pascal, più che credibile nel restituire lo spirito di questa donna resistente e combattiva, decisa a difendere i suoi sogni e i suoi diritti, la cui forza – come ricorda la stessa Macri – “nasce da una natura potente e ostile, che impone la sopravvivenza, e lei è, prima di tutto, una sopravvissuta”.