Alla festa della rivoluzione, ovvero all’avventura fiumana. 1919, tra il rosso(sangue) della Prima Guerra Mondiale e il nero dell’incipiente fascismo balugina l’impresa di Fiume, la Reggenza italiana del Carnaro, la rivoluzione visionaria – Carta del Carnaro, ovvero l’avveniristica e inclusiva costituzione, canta – del vate ed eroe di guerra Gabriele D’Annunzio. Come non occuparsene cinematograficamente, sulla scia della fortuna audiovisiva che il poeta-guerriero ha conosciuto negli ultimi anni, da Il cattivo poeta di Gianluca Jodice, che su Fiume vagheggiava una serie, a Duse di Pietro Marcello, passando per M – Il figlio del secolo? Sicché Alla festa della rivoluzione, liberamente sceneggiato a partire dal saggio omonimo (Il Mulino) di Claudia Salaris da Silvio Muccino e Arnaldo Catinari, il noto direttore della fotografia che dirige – e chissà se fosse così dal principio, o sia subentrato alla regia.

In cartellone alla XX Festa del Cinema di Roma, sta a metà tra Boris – mi son ritrovato a ghignare di un possibile episodio “Fiume o Orte” - e M, privilegiando sovente il “lo dimo” al “lo famo”, toccando nel più o meno intenzionale feuilleton Gli occhi del cuore, facendo di Storia storielle, con il cielo in una stanza e il mondo in un oblò – evviva il microcosmo, lunga vita al due camere e tinello.

Comunque, D’Annunzio è il bravo Maurizio Lombardi, e potremmo votare il miglior Vate u.s. tra lui, Castellitto (Il cattivo poeta), Russo Alesi (Duse) e Pierobon (M) – in palio il vinile di Fiumi di parole. Egli il vertice del quadrato, il triangolo triangolante, ovvero “una vicenda di vendetta, redenzione e amore che vuole essere un film popolare, avvincente e intrigante”, spetta a Beatrice Superbi (Valentina Romani, poco espressiva), italiana d’esportazione bolscevica, lo spione per conto Italia Pietro Brandi (Riccardo Scamarcio, tutto d’un pezzo) e il medico e disertore anarcheggiante Giulio Leone (il teen idol Nicolas Maupas).

Diciamo che Fiume è sullo sfondo, la camera in camere, i sentimenti sentimentosi, l’ardire mai ardito/i, la trattazione a rischio, e questo sensibilissimo, diorama - un po’ come se anziché al Fiume l’attenzione andasse ai suoi affluenti... e defluenti.

Su RaiUno andrà bene, anche benissimo, in sala potrebbe faticare, ma di ‘sti tempi Alla festa della rivoluzione può vantare un merito ineludibile, persino un coraggio dannunziano: appellare Mussolini traditore. Senza se e senza ma.