Macchina comica oliata, ritmo secco, montaggio ellittico, giudizio spietato. Il cinema di Quentin Dupieux in purezza atterra alla Festa del cinema di Roma, come il pianoforte incriminato sul corpo di un’ottima Adèle Exarchopoulos: promettendo sfraceli ma facendo in fondo solo un po’ di baccano.Il problema de L’Accident de piano è che non dà mai l’impressione di essere qualcosa di più di un giochino. Usciti dalla sala, ce ne si dimentica abbastanza in fretta.

Per gli amanti delle sinossi: Magalie (Adèle Exarchopoulos), star dei social “insensibile al dolore”, costruisce la propria fama su ferite reali mostrate in video; un incidente con un pianoforte la spinge a rifugiarsi tra neve e silenzi in uno chalet di montagna. Qui la incalzano il suo agente servile, Patrick Balandras (Jérôme Commandeur), e una giornalista pronta al ricatto, Simone Herzog (Sandrine Kiberlain), decisa a strapparle l’intervista della vita. Intorno, un circo di attenzioni tossiche che la spinge verso un epilogo più oscuro.

L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA
L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA

L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA  
 

La sensazione è che il cinema di Quentin Dupieux inizi a mostrare il fiato corto. Che sul tema si sia già detto tutto e che la parodia non sia il linguaggio giusto per affondare il colpo sui social come dispositivo idiota di potere.

Dupieux rimette in campo la sua grammatica: pochi set, tempi comici chirurgici, scarti di logica che disinnescano il pathos e lo sostituiscono con un’ironia letale. È il suo marchio, e quando funziona - pensiamo al colpo di mano teatrale di Yannick o al feticismo di Deerskin - l’assurdo diventa autopsia del reale. Qui, però, il bisturi gli scivola un po’ di mano, cadendo nell’ovvio: la visibilità è moneta, il dolore si può mettere a reddito, l’informazione sa trasformarsi in ricatto. Novità, ne abbiamo?

L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA
L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA

L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA  
 

Il punto è anche il tono e il registro. La parodia, per sua natura, appiattisce il bersaglio portandolo su un piano di equivalenze: tutto può essere smontato, tutto può essere ridicolizzato. Ma l’ecosistema dei social - con le sue micro-estorsioni, la grammatica dell’algoritmo, l’economia dell’attenzione -richiede un linguaggio capace di cambiare quota, di fare male quando serve. Qui si resta nell’ammiccamento, nella gag. Brillante quanto si vuole ma raramente necessaria.

Non che manchino gli spunti. Lo chalet di montagna come camera di decompressione della menzogna è un set concettuale riuscito; il lavoro sugli spazi chiusi e sul fuori campo conferma l’abilità di Dupieux nel trasformare l’economia di mezzi in forma. Soprattutto, Exarchopoulos lavora in sottrazione: la sua influencer “insensibile al dolore” non è una macchietta, è un corpo muto, un volto schermato che racconta meglio di qualsiasi battuta la logica dell’ipervisibilità. Anche Sandrine Kiberlain e Jérôme Commandeur modulano con precisione il tema servo-padrone che regola la scrittura. Ma la drammaturgia resta a somma zero.

L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA
L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA

L'INCIDENTE DEL PIANOFORTE ©2025 CHI FOU MI PRODUCTIONS ARTE FRANCE CINEMA AUVERGNE RHÔNE ALPES CINEMA  
 

Rispetto a Yannick, dove l’irruzione dello spettatore scardinava la liturgia della scena, qui l’irruzione è quella - più prevedibile - del circolo vizioso dei social. Il film lo riproduce con efficacia, non lo scompone.

Anche la consueta prodezza di Dupieux nel ribaltare le cornici - il suo metacinema a incastri - qui è più timida. Non c’è il corto circuito tra livelli di realtà di Reality, non c’è la ferocia “monomaniaca” di Deerskin. C’è un film corretto, persino elegante nel dosaggio, che però non osa contaminare la propria forma con l’oggetto criticato. Il film colpisce dove deve - autolesionismo e anestesia come coordinate del presente — ma poi parodia e sarcasmo smussano invece di scavare.

Se i social sono un linguaggio (e un ambiente cognitivo), la satira dovrebbe sporcare la propria sintassi, perdere il controllo, “farsi algoritmo” per sabotarlo dall’interno. L’Accident de piano sceglie invece la buona distanza: guarda, giudica, ironizza. E si ferma.