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Maria Esposito e Andrea Arcangeli in Io sono Rosa Ricci
Citando l’esordio di Lyda Patitucci, da Come pecore in mezzo ai lupi a come lupa in mezzo alle pecore, dove gli ovini sono gli scagnozzi al servizio dei boss e la lupa è – o sarà – l’eponima protagonista di Io sono Rosa Ricci, opera seconda della regista ma soprattutto prequel di Mare fuori, l’unico teen drama italiano ad aver intercettato davvero un pubblico popolare e trasversale.
Un’operazione simile a quella di L’immortale, il midquel/spin-off di Gomorra – La serie che si concentrava su Ciro Di Marzio, con la differenza che quel film, la cui narrazione si svolgeva in parallelo a quella della quarta stagione, costituiva in qualche modo un determinante elemento di comprensione per il quinto ciclo di episodi. Io sono Rosa Ricci fa qualcosa di meno complesso: è l’origin story del personaggio diventato centrale dalla terza stagione in poi, la terzogenita del boss camorrista Don Salvatore Ricci, entrata in carcere con il preciso scopo di uccidere Carmine per vendicare la morte del fratello Ciro, salvo poi innamorarsi proprio di lui, erede riluttante del clan rivale dei Ricci.


Raiz in Io sono Rosa Ricci
(Sabrina Cirillo)Sono informazioni che ci interessano relativamente, perché Io sono Rosa Ricci – sceneggiato dallo storico autore della serie, Maurizio Careddu, con Luca Infascelli – inquadra la quindicenne prima dell’inizio dei noti eventi, coccolata dal padre mentre il fratello è già detenuto all’IPM: quando Don Salvatore cade nella trappola del narcotrafficante boliviano Agustìn Torres, intenzionato a impossessarsi delle piazze di spaccio dei Ricci, Rosa viene presa in ostaggio e portata in una misteriosa isola, dove stringe un rapporto profondo con uno dei suoi carcerieri.
Trattandosi di origin story e conoscendo il destino della protagonista, capiamo bene che l’interesse del film sta nel raccontare la perdita dell’innocenza di un’adolescente cresciuta in un ambiente naturalmente criminale e la scelta “ineluttabile” della violenza come argomento dialettico, merce di scambio e strumento di potere, quasi fosse una vocazione per un certo tipo umano.


Maria Esposito in Io sono Rosa Ricci
(Sabrina Cirillo)Si dirà che, nel varcare la soglia dell’accettabilità, Rosa (Maria Esposito) rivendica la propria differenza rispetto agli altri e compie una scelta addirittura di cuore, ma in fondo è irrilevante perché – proprio conoscendo gli sviluppi – sappiamo quanto lei aderisce all’atroce e barbaro modello della morte che chiama la morte.
Va da sé, un tale racconto di formazione non può essere edificante, ma i veri problemi di Io sono Rosa Ricci non sono morali: al netto della professionalissima regia di Patitucci, il film è un fanservice per intercettare un nuovo pubblico dell’universo seriale (in attesa della sesta stagione, si parla già di una settima e di un’ottava) che rinuncia a quel senso del melodramma teen così forte nella serie madre e si rivela debole nel romanticismo maledetto, scolastico se non approssimativo nella rappresentazione dei cattivi (nel cast Andrea Arcangeli spagnoleggiante e Raiz come impetuoso boss), prevedibile nell’andamento. Presentato nel Grand Public della XX Festa del Cinema di Roma.