“L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare”.

Parafrasando (e un poco travisando) una delle massime di Sun Tzu (nel celeberrimo e antichissimo L'arte della guerra), il papà del tredicenne Felice, oltre a infiniti schemi di gioco e tattiche raccolte in un sacro quadernino, ricorda sempre la stessa cosa al figlio tennista: “Il miglior attacco è la difesa”. E così facendo, attenendosi scrupolosamente a quel dettame, Felice, un buon mancino ma attitudine da pallettaro, diventa campione regionale.

Per i successivi tornei nazionali il padre – ingegnere della SIP che dà anche ripetizioni per mettere da parte i soldi necessari alla “carriera” sportiva del figlio – sa che non può più bastare lui come allenatore. Lo affida quindi al sedicente ex campione Raul Gatti, nel palmares un ottavo di finale al Foro Italico e sterminati ritagli nella cronaca rosa.

Andrea Di Stefano abbandona la cifra cupa del precedente noir, L'ultima notte di Amore, si porta in dote un irresistibile Pierfrancesco Favino e torna all'edonismo malinconico degli anni '80 con un film che strizza l'occhio alle vecchie commedie all'italiana: brillante nel ritmo, Il maestro – un cartello iniziale ci avverte che come al solito “ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”, con l’aggiunta “… capito, papà?” – vuole essere “un omaggio ai mentori imperfetti, feriti ma pieni di cuore”.

Il maestro - Foto Andrea Miconi
Il maestro - Foto Andrea Miconi

Il maestro - Foto Andrea Miconi

L'andamento è quello del buddy movie, giocato naturalmente sulla profonda distanza tra i due protagonisti: Felice, interpretato dal giovane Tiziano Menichelli (una bella conferma dopo Denti da squalo), è un ragazzino talmente inquadrato e ligio alle regole da non pensare neanche per sbaglio di fare un passo in avanti, e questo vale sia nel campo da tennis che nella vita; Raul, uomo di mezza età e inguaribile tombeur de femmes che ha sperperato il proprio talento e, come capiremo più avanti, anche gli affetti più cari, ha un approccio all'esistenza e al rettangolo di gioco diametralmente opposto.

Non a caso il beniamino del primo è "il robotico" Ivan Lendl, mentre per l'altro nessuno è mai stato grande come l'argentino Guillermo Vilas, uno che la sera prima di ogni incontro "passava la nottata a bere e ballare”.

Venirsi incontro non sarà così semplice, ma in questo on the road attraverso le varie località costiere del nord Italia, accumulando una sconfitta dietro l’altra, Felice e Raul impareranno a conoscersi l’un altro: il primo scoprirà la possibilità che nella vita, lungo il cammino, si possono trovare anche altri “padri”, assaporando così il gusto della libertà, rompendo regole imposte e autoimposte, il secondo riscoprirà l’importanza e la potenza dei legami umani, tornando anche lì, in quel campetto vista mare ormai abbandonato, dove tutto era iniziato.

Andrea Di Stefano e Tiziano Menichelli sul set - Foto Andrea Miconi
Andrea Di Stefano e Tiziano Menichelli sul set - Foto Andrea Miconi

Andrea Di Stefano e Tiziano Menichelli sul set - Foto Andrea Miconi

In questo viaggio attraverso il dolore della crescita, Di Stefano si diverte a infilare elementi capaci di richiamare sia il contesto che lo spirito dei tempi (dalla mise dei vari personaggi al sacchetto di plastica trasparente pieno zeppo di gettoni che Felice porta sempre con sé per chiamare a casa), e sa scegliere con cura i caratteri dei comprimari: dal papà del ragazzo che ripone troppe aspettative sul suo futuro da tennista (Giovanni Ludeno, fantastico), passando per la vecchia maestra di Raul (Dora Romano), amori passati (Valentina Bellè) e contesse in tuta di ciniglia (Edwige Fenech).

Fuori Concorso a Venezia 82, Il maestro sarà nelle sale a novembre distribuito da Vision.