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Il Baracchino
Arriva nel momento forse più florido per la stand-up comedy italiana, Il Baracchino, prima serie animata italiana targata Amazon Original, creata e diretta da Nicolò Cucci e Salvo Di Paola. E funziona sotto vari punti di vista: come compendio di una generazione (diciamo millennials per sintesi); come foto di gruppo – deformata, va da sé – di un movimento in pieno fermento ma che soffre un certo divario professionale rispetto ai colleghi più adulti che hanno goduto di maggiore visibilità generalista (un’arma a doppio taglio, come si vede nella serie); e soprattutto come specchio di un certo modo di intendere la comicità, con le influenze americane nello stile, l’adesione ideale ai filoni anglosassoni contaminati con la specificità italiana (observational comedy, umorismo nero, blue comedy), l’ironia su chi si lamenta del politically correct.
Così la scelta del titolo, luogo fisico e spazio allegorico: Il Baracchino è un locale caduto in disgrazia, con il bianco e nero della fotografia che evoca il grande avvenire alle spalle e la malinconia del presente, che Claudia (doppiata da Pilar Fogliati, che arriva dalla comicità e si conferma la più predisposta e pronta a essere una protagonista), un’aspirante art-director idealista e nipote della leggendaria Tatiana (nome che a suo modo è un inside joke), decide di rilanciare con una serata Open Mic, nonostante l’ostilità di Maurizio (Lillo, che porta in dote un’altra tradizione ma anche il legame con la piattaforma di cui è diventato volto simbolo), il proprietario stanco e disilluso e già mentore (e non solo) della zia di Claudia.
Per tono emotivo, immaginario visivo e profondità tematica, Il Baracchino è una sorta di risposta italiana a BoJack Horseman: come nel capolavoro di Raphael Bob-Waksberg, galleggiamo in un mondo alternativo dove gli umani (Gerri, un depresso tuttofare con la voce di Salvo Di Paola) convivono con animali antropomorfi (il piccione tabagista e caustico di Luca Ravenna, la triceratopo punk con eco-ansia Tricerita di Yoko Yamada, Larry Tucano con la voce Pietro Sermonti) ma anche creature fantastiche (il genio boomer, John Lumano, di Daniele Tinti), cibi umanizzati (le ciambelle Donato ovvero Frank Matano, che ha un vuoto dentro ed è condannato a ripetere la battuta cringe “Sono Donato, sono arrivato”, e Noemi Ciambell, doppiata da Michela Giraud, un dolcetto dalla glassa amara che conosce Claudia a un corso di gestione della rabbia) e figure fuori dalla realtà (l’assurdo Leonardo Da Vinci di Edoardo Ferrario e la Morte di Stefano Rapone: migliori in campo, a ricordarci la disperata necessità di caratteristi all’altezza della nostra storia).


Il Baracchino
E la commedia come orizzonte elettivo che cede il passo al dramma senza che quest’ultimo prevalga davvero. Non a caso, prima del quinto episodio – che dei sei è il più amaro e struggente – c’è il personaggio programmaticamente più goffo e patetico (Donato) che avvisa il pubblico dell’imminente tristezza: come in BoJack, anche qui c’è una coppia di personaggi (Claudia e Maurizio) per cui il passato è un peso che grava sul presente e ostacola il futuro. Ma a tessere la tela dell’angoscia è anche il coro dei comprimari, i nuovi comedian del Baracchino che parlando di frustrazioni e aspettative costruiscono dei veri e propri numeri di stand-up.
D’altronde, nella costellazione di riferimenti della serie – oltre ai colori, cromatici e umorali, del Saturday Night Live – c’è anche The Office, con le interviste ai protagonisti che commentano e spiegano le vicende, la camera traballante da mockumentary degli anni Zero, gli ammiccamenti metatestuali (le postille sulle back story, le parafrasi sulle storyline, il MacGuffin della “battuta perfetta”). Ma Il Baracchino, grande commedia umana sul perché si fa comicità, ha una ricchezza espressiva che si manifesta soprattutto nell’animazione, testimoniata dall’accostamento di varie esperienze (tradizionali e avanzate, dai cartoni animati ai videogiochi passando per le graphic novel, la CGI, i meme), quasi un’utopia in un mondo che sembra annullare le differenze.