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I Am Curious Johnny
Che Julien Temple sia rincojonito? L’interrogativo tracima dalla visione di I Am Curious Johnny, il documentario che ha dedicato a tal Johnny Pigozzi, definito dai publicist del film “l’insider per eccellenza”, qualunque cosa voglia dire. In anteprima mondiale – e questo dice molto della qualità dello stesso – alla Festa del Cinema di Roma, racconta acriticamente, noiosamente, insopportabilmente vita, opere e soldoni di Pigozzi, erede della Simca, ovvero – per i suddetti publicist “una personalità fuori dal comune che potrebbe essere descritta come fotografo, ambientalista, filantropo, venture capitalist ed erede industriale. Ma sarebbe forse più corretto definirlo un collezionista: di idee, fotografie, distrazioni, curiosità, aneddoti e di persone”.
Il nostro, tronfio d’aspetto e d’eloquio, assurgerebbe addirittura per Temple a novello “Mr. Arkadin”, e davvero che ne è dell’autore dei videoclip di Rolling Stones, David Bowie e Kinks, di film quali Vigo e Pandaemonium, del doc Joe Strummer: The Future Is Unwritten? È passato al lato oscuro della forza, il capitale, ha venduto l’anima punk al diavolo prezzolato, s’è appunto rincojonito?
Nel dubbio, ecco il Johnny Pigozzi show tra piscine e arte africana, di cui è il maggior collezionista, ville da sogno, ma non dei migliori, a Panama, e una teoria di volti noti, con debito name dropping, quali Michael Douglas, Mick Jagger e Diane von Furstenberg a “impreziosire” il peana di sé stesso.
Inventore, che manco Leonardo, del selfie nei Settanta, Gianni Agnelli e Jimmy Goldsmith per mentori, questo signor nessuno che conosce tutti, e dunque nessuno, raduna da sultano ex fidanzate, eppure giureremmo sulla sua omosessualità, si bea dell’incontro-scontro con Roman Abramovich, si esalta per le proprie camicie, da fare rimpiangere i pigiama del gemello diverso Julian Schnabel – il terzo gemello si direbbe l’ormai fu Harvey Weinstein.
Ecco, tra glamour, autoindulgenza, autoassoluzione, fellatio metaforiche e autopraticate, il mai curioso I Am Curious Johnny ci ricorda che i soldi possono molto, forse tutto, ma non attizzare l’interesse. Caro Pigozzi, immeritoriamente Buddha del Temple, grazie, non abbiamo bisogno di nulla, tantomeno del tuo film.