Era già tutto previsto, anche se abbiamo voluto crederci fino in fondo. Come si può fare una serie che osserva e racconta, con ironia e complicità, le contraddizioni, le turbe, i capricci e le ossessioni di uno star system – o di quel che spacciamo per tale – se l’ironia s’annacqua nella parodia meno urticante, se la complicità diventa connivenza e se quello star system si mette a disposizione solo per compiacersi?

Le prime stagioni di Call My Agent – Italia (su Sky e NOW) seguivano l’originale francese senza sporcarsi troppo le mani, adattando le vicende dei talent francesi di Dix pour cent ai profili italiani, a volte con giuste intuizioni nelle convergenze parallele e a volte restando sulla superficie delle immagini. Non che sia un problema il trattamento di favore riservato alle star, ma è un peccato che un attore o un’attrice non colgano appieno la possibilità del cortocircuito tra realtà e rappresentazione, interpretando versioni alternative di sé pur in chiave iperbolica.

Dalla sua, tuttavia, Call My Agent – Italia aveva (e ha) l’affiatamento del cast, la cura della messinscena, la fluidità del passo. Sono caratteristiche, quest’ultime, che restano anche nella terza stagione, con l’uscita di scena della showrunner Lisa Nur Sultan (a scrivere i sei episodi sono Federico Baccomo, autore del soggetto di serie e di puntata, con Camilla Buizza e Tommaso Renzoni) e il cambio di regista (da Luca Ribuoli a Simone Spada, che ci mette eleganza e leggerezza).

Call My Agent - Italia
Call My Agent - Italia

Call My Agent - Italia

(Chiara Calabrò)

L’assenza di Marzia Ubaldi (morta nel 2023), la veterana dell’agenzia CMA che faceva da collante, diventa argomento narrativo: le sue quote passano ai soci ma un’inaspettata golden share, valida per diventare amministratore delegato, mette in competizione i tre agenti (Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico). Ma è un pretesto per aprire uno scenario più complesso, con il tentativo di acquisizione da parte della più potente agenzia americana con mire espansionistiche e la consapevolezza di un’imminente bancarotta per una gestione allegra dell’ex amministratore e fondatore. Sono elementi che permettono una linea orizzontale alla serie, che comunque preserva la narrazione episodica con i focus sui talent (nel cast fisso le conferme di Sara Lazzaro, Francesco Russo, Paola Buratto, Kaze più le new entry ricorrenti Gianmarco Saurino e Nicolas Maupas come se stesso).

Mediocri e sprecate le puntate con Luca Argentero che annuncia il ritiro per stare con la famiglia e con Michelle Hunziker e sua figlia Aurora Ramazzotti (con vago richiamo all’analogo francese con Nathalie Baye e Laura Smet) arruolate per un remake di Mamma Mia! e apparentemente indisponibili a lavorare insieme: l’happy end è ovviamente garantito, l’ombra di un vero conflitto o una puntura di spillo all’ego non sono nemmeno contemplate.

Più piacevole l’inserimento della sempre monumentale Stefania Sandrelli, mentre la reunion di Romanzo criminale è pura mitologia aziendalista, con Marco Bocci, Vinicio Marchioni, Francesco Montanari, Edoardo Pesce, Alessandro Roja e Daniela Virgilio richiamati sul set per un assurdo reboot (la stoccatina, forse, è a Suburraeterna). E se Miriam Leone sembra cogliere l’occasione giusto per divertirsi nel trasformismo, il finale con Ficarra e Picone cerca spazio in un episodio finale che pensa evidentemente ad altro.

Call My Agent - Italia
Call My Agent - Italia

Call My Agent - Italia

(Chiara Calabrò)

Chi funziona sempre è Emanuela Fanelli, usata a piccole dosi e senza un vero motivo narrativo, che però ci ricorda la mitomania di un settore sempre in bilico tra orrore e folklore. In un personaggio a rischio di macchietta e con una parabola naturalmente esagerata tra la parodia e la psichiatria, Fanelli fa ciò che non fanno i suoi colleghi protagonisti di puntata: mette alla berlina l’attitudine alla megalomania e alla superbia, gioca con gli stilemi della commedia all’italiana per ridimensionare la tendenza seriosa di chi non sa scherzare con i santi e ogni volta che irrompe nella scena è una mina vagane che crea qualche dinamica divergente rispetto al canone.

Ma l’impressione è che Call My Agent – Italia non sia all’altezza delle aspettative, quasi fosse esplicitamente a braccetto con un sistema che avrebbe un disperato bisogno di prendersi in giro davvero e invece preferisce preservarsi e cristallizzarsi senza dire niente di nuovo né di interessante o perfino scomodo sul rapporto tra vita e finzione, scrittura e riflessione, immaginario e industria.