Si presenta da solo, Franco Battiato, scomparso oggi all’età di 76 anni, con la sua opera colta e popolare che in mezzo secolo di carriera ha esplorato l’avanguardia, sperimentato l’elettronica, rivoluzionato il pop, ripensato la musica etnica, sondato i territori misteriosi del misticismo. Superfluo ricordare il catalogo di canzoni entrate nell’immaginario collettivo, meno banale osservare la preziosa diversità di una produzione sempre impressionante per profondità ed eclettismo.

Il cinema italiano ha amato Battiato. E Battiato ha amato il cinema: nel 1989 ha composto la complessa colonna sonora dello sceneggiato Una vita scellerata sulla vita di Benvenuto Cellini, ha collaborato con Elisabetta Sgarbi e dal 2003 ha diretto alcuni film molto personali e difficilmente incasellabili (come l'autobiografico Perdutoamor o Musikanten con Alejandro Jodorowsky).

D’altronde le canzoni di Battiato, specialmente quelle degli anni Ottanta, si misurano con la potenza di immagini duttili ed evocative, attraversate da testi apparentemente impenetrabili ma in realtà ogni volta capaci di configurarsi a pubblici diversi secondo logiche misteriose. Ecco un catalogo per entrare nel vivo di questo rapporto intenso e sorprendente.

Scalo a grado (1982) in Bianca di Nanni Moretti (1984)
“Ho fatto scalo a Grado/ La domenica di Pasqua/ Gente per le strade/ Correva andando a messa”

Ineluttabile, pensando al cinema, l’associazione tra il cantautore siciliano e Nanni Moretti, un cineasta che non ha mai nascosto la sua passione per il pop d’autore. In un film pieno di citazioni musicali (Il cielo in una stanza, Insieme a te non ci sto più, Dieci ragazze), Scalo a grado riempie la triste domenica a Castelporziano di Michele Apicella che, osservando le effusioni delle coppie stese in spiaggia, si adagia sul corpo di una bagnante scatenando giuste rimostranze.

I treni di Tozeur (1984) in La messa è finita di Nanni Moretti (1985)
“E per un istante ritorna la voglia di vivere/ A un’altra velocità”

Ancora Moretti: un bar di periferia, anziani che giocano a carte, una bambina fa i compiti. Un carrello si avvicina mentre don Giulio parla al telefono. L’armonia perduta sembra riaffacciarsi in quel pezzo di mondo che sembra immune al dolore: “Vi amo, voi tutti che state in questo bar!”. Riecheggia la canzone che Battiato realizzò con Alice: il memorabile video girato tra edifici abbandonati costeggiati da una ferrovia fu diretto da Renzo Martinelli. Ancor più memorabile l’esibizione dei due alieni all’Eurofestival.

E ti vengo a cercare (1988) in Palombella rossa di Nanni Moretti (1989)
“Questo sentimento popolare/ Nasce da meccaniche divine/ Un rapimento mistico e sensuale/ Mi imprigiona a te”

Tipico di Battiato il processo che porta una canzone nata con certi intenti verso nuove interpretazioni. Non fa eccezione questa canzone, dominata da suggestioni spirituali, che trova qui grazie a Moretti una sua dimensione altra alla luce della caduta del Muro di Berlino. Si sente in tre momenti: Michele Apicella prima la canticchia nel traffico di Roma, poi nel mezzo di una tribuna politica a segnare lo smarrimento politico e infine la intona con tutto il pubblico durante la partita di pallanuoto. A testimoniare l’impossibilità del riflusso, la fine delle ideologie, la resistenza del sogno.

Il giorno di San Sebastiano (1994) dal film omonimo di Pasquale Scimeca
“A lu vinti di innaru na matina,/ na curnetta che allegra sona”

Finita nell’oblio, l’opera prima di Pasquale Scimeca si avvale della colonna sonora di Battiato (in realtà selezionò brani già editi), che compose per l’occasione una canzone in lingua siciliana. Il film rievoca l’eccidio di Caltavuturo, in provincia di Palermo, avvenuto il 20 gennaio 1893: durante la festa di San Sebastiano Martire, un plotone di bersaglieri, istigato da un gruppo di campieri mafiosi, aprì il fuoco su una folla di contadini che rivendicava i diritti su un fondo demaniale. Morirono 13 contadini e più di 200 vennero arrestati.

La stagione dell’amore (1980) in La guerra degli Antò di Riccardo Milani (1999)
“Se penso a come ho speso male il mio tempo/ Che non tornerà, non ritornerà più”

Nel bellissimo finale dell'affresco generazionale di Milani, una corale punk abruzzese oggi un po' dimenticata, tutti gli Antò camminano sul bagnasciuga della spiaggia di Montesilvano: l'inverno non passa mai, come nei Vitelloni, e ci si ritrova grandi all'improvviso, mentre la voce di Battiato perfora il cuore tra le onde del mare mosso. Questa canzone amatissima la sentiamo anche nella colonna sonora dell'acida commedia La vita facile di Lucio Pellegrini (2011) e in Benedetta follia di Carlo Verdone (2018). Qui, in particolare, la troviamo in un bel momento malinconico: al tavolo di un ristorantino, Battiato accompagna l’attore in un nostalgico viale del tramonto sentimentale.

Insieme a te non ci sto più, Ritornerai e Se mai (2002) in Manuale d’amore di Giovanni Veronesi (2005); La canzone dell’amore perduto (1999) in Ex di Fausto Brizzi (2009)

Maestro delle cover, Battiato ha trovato un nuovo pubblico grazie ai Fleurs, tre album molto amati nei quali ha proposto splendide versioni di alcune canzoni del passato. Si capisce: difficile non credere al coefficiente di dolore che pervade la sua voce apparentemente timida, capace però di conferire peso a ogni parola d’amore altrove abusata. Per Manuale d'amore, fortunata commedia sentimentale in quattro episodi, Giovanni Veronesi scelse tre cover, e fece bene (di certo meglio dell’uso del capolavoro La cura nell’avventuroso Tutti per uno – Uno per tutti). Anche Fausto Brizzi ricorse a una cover del nostro: Claudio Bisio che ritrova le foto della moglie morta mentre Battiato ricanta il De André (a sua volta ispirato da Georg Philipp Telemann) è il momento migliore del corale Ex.

Ruby Tuesday (1999) in I figli degli uomini di Alfonso Cuarón (2006)

Sempre in zona cover, ricordiamo il curioso coinvolgimento di Battiato nella distopia di Alfonso Cuarón, tratta dal romanzo di P.D. James. Scoperta per caso, il regista messicano considera questa dolce e avvolgente interpretazione del caposaldo dei Rolling Stones (già citato in Cuccurucucù e poi tra i brani del primo Fleur) la più bella mai incisa. La si ascolta in una commovente sequenza con Michael Caine, anziano hippie rifugiatosi nella foresta con la moglie catatonica: bastano un giradischi, pochi movimenti, una camera ferma e uno sguardo pudico per raccontare un amore indissolubile e totalizzante mentre il mondo fuori sta scomparendo.

Radio Varsavia (1982) in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino (2017)
“E i cittadini attoniti/ Fingevano di non capire niente/ Per aiutare i disertori/ E chi scappava in occidente”

Per raccontare il passaggio in cui Battiato entra in questo grande racconto di formazione basta ricorrere a un’immagine, anzi, un frutto: una pesca. Un’estate in campagna, il battito accelerato che segna il tempo del primo amore, Timothée Chalamet travolto da un sentimento nuevo, Armie Hammer a stagliarsi quale oggetto del desiderio. Una pesca matura, un pomeriggio afoso, la luce del sole che filtra tra le serrande di una stanza buia, la musica di Battiato che riecheggia da un’audiocassetta. Il testo, al solito indecifrabile, non conta: è tutta una questione di suoni, sensazioni, evocazioni. Nel corto The Staggering Girl (2019), Guadagnino ha utilizzato un'altra canzone di Battiato: la cover di Ritornerai.

L'animale (1985) in L'animale di Katharina Mückstein (2018)
“Fingere, tu riesci a fingere quando ti trovi accanto a me/ Mi dai sempre ragione e avrei voglia di dirti/ Che è meglio che sto solo”

Sorpresa: questo pluripremiato film austriaco, opera seconda di Katharina Mückstein presentata alla Berlinale, si chiama proprio come la celebre canzone di Battiato. E parliamo del titolo originale, non di una traduzione: un coming of age alla scoperta di se stessi e delle proprie contraddizioni che prende spunto dalle parole del maestro siciliano. Testimoniando così l'incidenza della sua opera fuori dai confini nazionali.

Voglio vederti danzare (1982) e L’ombra della luce (1991) in EST – Dittatura Last Minute di Antonio Pisu (2020)
“Ricordami come sono infelice/ Lontano dalle tue leggi/ Come non sprecare il tempo che mi rimane/ E non abbandonarmi mai/ Non mi abbandonare mai” (L’ombra della luce)

A poche settimane della caduta del Muro di Berlino, l’avventura di tre giovani cesenati nella Romania del tiranno Ceausescu prossimo alla fine. Un film di viaggio attraversato da tre canzoni: una è la martellante Felicità di Albano e Romina, le altre sono di Battiato. E più del longseller che “gira tutto intorno alla stanza”, a imprimersi nella memoria è la ricorrenza ossessiva dell’altro brano, un’incantata mini-sinfonia di quattro minuti che sembra arrivare da un mondo sconosciuto e sembra invece nascere proprio a partire dai volti e dalle sofferenze di quel popolo oppresso.

Inverno (2009) in Le sorelle Macaluso di Emma Dante (2020)
“Anche la luce sembra morire/ Nell'ombra incerta di un divenire/ Dove anche l'alba diventa sera/E i volti sembrano teschi di cera”

Un’altra cover (ancora da De André, amico e maestro), un’altra canzone che finisce per dominare un intero film. Nella visione di una regista che a teatro come nelle incursioni cinematografiche sa servirsi della musica popolare sfidando banalità e pericoli, l’irruzione della voce del compaesano Battiato assume una potenza struggente e inquietante, divampando con forza e tenerezza nell’orizzonte di una terra arida, plasmando a partire dalla voce immagini, meraviglie, traumi.

Bonus track: Prospettiva Nevskij (1980)

Se non altro perché è un capolavoro che nasce anche da un immaginario cinematografico, a testimoniare la voracità di un artista che non si è mai accontentato di battere le strade più facili. Altrimenti non avrebbe certo scritto “E gli orinali messi sotto i letti per la notte e un film di Eisenstein sulla rivoluzione”, per dire.