“L’arte, anche quando racconta l’orrore dell’esistenza, è un forte strumento di pace. Porta sollievo e porta l’essere umano ad avere più empatia per l'altro”. Parola di Valeria Bruni Tedeschi che nel film Duse di Pietro Marcello, in concorso a Venezia 82 e dal 18 settembre nelle sale con Piperfilm, interpreta la grande Eleonora Duse. “Attraverso la bellezza l'arte cura l'anima”, dice il regista che ha scelto di inquadrare la Divina con la sua leggendaria carriera alle spalle, durante i tempi feroci tra la Grande Guerra e l’ascesa del fascismo, quando lei decide di tornare là dove la sua vita è iniziata: sul palcoscenico.

Per entrare nel personaggio la Bruni Tedeschi ha lavorato molto sul metodo Strasberg: “Quando ero giovane avevo una coach, Geraldine, che ci parlava molto della Duse e mi sono dunque molto riconnessa con lei. All’Actor Studio c’è un’enorme foto di lei. Era un’attrice che cercava la verità e io ho cercato di diventare una sua amica. Ho lavorato leggendo l’autobiografia di William Weaver e le lettere che scrisse a sua figlia Enrichetta (qui interpretata da Noémie Merlant, ndr), che sono un tesoro di scrittura. Lei amava moltissimo sua figlia, ma non riusciva a esprimere questo suo amore”.

E ancora: “Per tante cose mi sento spiritualmente familiare a lei. Per me il lavoro è ossigeno, adoro la possibilità di fare film e di scrivere. Lo stesso era per lei. Non era una star e anche io non mi sento tale. Per lei la cosa più importante di tutte era migliorarsi umanamente. Lei aveva la tubercolosi, ma per lei c’era più ossigeno sul palco che in una casa di cura in campagna. Mi tocca molto la sua umanità e il suo voler essere attenta alla fragilità degli altri”.

Sul suo film Pietro Marcello racconta: “Sono rimasto affascinato dalla Duse perché mi piacciono i personaggi in rivolta. Non ho fatto un cast per questo film, ho pensato subito a Valeria Bruni Tedeschi. Non ho voluto fare un biopic, ma ho voluto raccontare il suo spirito visto che di lei sono rimaste tante foto, il film Cenere e un audio che però è andato perduto. È un film che ho realizzato in stato di grazia. La Duse è un personaggio ottocentesco che si affaccia sul novecento. Erano gli anni della dissoluzione, un po' quello che avviene ora in questo tempo dell’ignavia, dove niente è vero e tutto è permesso”.

Valeria Bruni Tedeschi e Noémie Merlant in Duse © Erika Kuenka
Valeria Bruni Tedeschi e Noémie Merlant in Duse © Erika Kuenka

Valeria Bruni Tedeschi e Noémie Merlant in Duse © Erika Kuenka

E sull’attuale momento storico dice: “In Italia abbiamo avuto il neorealismo per la tragedia della guerra. Noi siamo figli dell’epoca della non speranza, della ignavia, della confusione, la nostra è un’epoca dove non esiste più l’immaginario. Ora è il momento della disobbedienza civile, siamo tutti soggetti all’industria culturale, ma bisogna tornare a fare il cinema dal basso con scuole popolari. Questo è un momento di riflessione per tutti e di autocritica. Sono per la disobbedienza civile totale. Mi emoziona che nel mondo ci sono i camalli genovesi pronti a bloccare il porto di Genova. Negli ultimi 40 anni un gesto così rivoluzionario e politico l’avevo letto solo nei libri. E questo mi riempie il cuore penso a Camus e al suo L’uomo in rivolta”.

Mentre sulla sua presenza alla Mostra del Cinema di Venezia: “Venezia è una delle città più belle del mondo, ci sono stato quando ero giovane. Credo un po’ al destino e tornare qui è una cosa che mi emoziona tantissimo". E sulla possibilità di vincere un premio: “La storia del cinema è piena di film che sono stati premiati e poi dimenticati. L'importante per me è che un film lasci una traccia”.

Sulla difficile relazione con la figlia Valeria Bruni Tedeschi racconta: “La famiglia spesso è un posto violento. È il posto della vera guerra personale. La Duse non trova il linguaggio giusto per parlare con sua figlia eppure la adora”. Sul rapporto della Duse con Gabriele D’Annunzio (qui interpretato da Fausto Russo Alesi: “Due personaggi a loro modo ingombranti, tossici in certi momenti”, dice l’attore) dice: “Lei è stata molto generosa con D’Annunzio. Ha avuto una vita sentimentalmente infelice. Abbiamo raccontato un legame profondo che si è mantenuto fino alla fine della sua vita nonostante la sofferenza. Un po’ come me che nella vita ho sempre mantenuto i rapporti anche con uomini con i quali è andato tutto storto”.

Mentre sul suo rapporto con il fascismo Valeria Bruni Tedeschi spiega: “A un certo punto, per ingenuità o per presunzione, si è sbagliata e ha pensato di poter ottenere un teatro da Mussolini, di andare contro la brutalità del fascismo e di poter vincere. Tutti possiamo sbagliare. Non ho raccontato un personaggio perfetto, ma quelli perfetti non sono interessanti da raccontare”. E Pietro Marcello aggiunge: “Il fascismo si è appropriato di questa figura così come lo ha fatto con il Milite Ignoto. Il potere è stato sempre attratto dagli artisti, che sono delle persone fragili e umane prima di tutto. Attraverso la bellezza l’arte cura l’anima”.

Infine Valeria Bruni Tedeschi conclude: “La Duse era conosciuta per piangere. Anche io ogni tanto lo faccio. È importante oggi raccontare la sua fragilità in un mondo in cui sembra che siano i forti che debbano vincere. Nella vita restano gli incontri e gli amori”.