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Le città di pianura, Pierpaolo Capovilla, Filippo Scotti e Sergio Romano © 2025 Vivo film, Maze Pictures
"Volevo legarmi alla tradizione letteraria di Trevisan, di Maino, e indagare con il cinema una terra, il Veneto, e non un territorio, che è una parola usata per vendere qualcosa. Inquadro il Nordest che sta scomparendo, e la crisi del 2008, che non è stata indagata dal cinema in Italia: volevo fare un film sull'oggi".
Francesco Sossai porta a Un Certain Regard Le città di pianura, prodotto da Vivo Film e distribuito da Lucky Red, in road e buddy movie ambientato nel Veneto profondo, interpretato da Filippo Scotti, Pierpaolo Capovilla e Sergio Romano.
Carlobianchi e Doriano, due spiantati cinquantenni, hanno un’ossessione: l’ultimo bicchiere. Una notte, vagando in macchina da un bar all’altro, si imbattono per caso in Giulio, un timido studente di architettura: l’incontro avrà conseguenze.
"Sui luoghi ho lavorato come un fotografo, ascoltando persone tra bar e mezzi, li ho uniti all'insegna della complessità, no di brutto e bello, categorie che non mi interessano", osserva Sossai.
Aggiunge Filippo Scotti, rivelato da È stata la mano di Dio di Sorrentino: "Il film indaga, magari indirettamente, tramite questo studente di architettura la mancanza affettiva, e invita a uscire dal contesto, da una bolla opprimente, per sentirsi, rapportarsi all'essere umano. È una forte storia di amicizia".
Se per Romano "l'ultimo bicchiere di Dori e Charlie White è l'ultimo bagno da piccoli, con la mamma che ti dice di uscire", Capovilla osserva come non "è mai sufficiente, quel bicchiere, perché non vuoi morire. Viviamo in una società prestazionale, ma anche del piacere: cerchiamo il godimento, non sappiamo più soffrire. Non voglio spingermi troppo marxianamente in avanti, ma l'unica libertà è il consumo, qui l'alcool, che non ti basta mai. Le città di pianura interroga chi lo guarda, non dà nessuna risposta, ti chiede che cosa stai facendo nella vita, attraverso l'incontro di due balordi, dominati dal rammarico e dal beviamoci, con uno studente in cui si manifesta la speranza".
Sossai avoca a sé la "tensione di indagare le zone d'ombra, di cui non bisogna più parlare" e "i protagonisti maschili, ovvero il contemporane laddove non c'è".
Tra le ispirazioni cita Mazzacurati, Jarmusch, Ozu, Bresson, e la volontà di “recuperare la tradizione della commedia all'italiana, uno strumento fondamentale per indagare l'oggi, il presente, e dunque Risi, Monicelli, e i primi due Fantozzi".