Il cinema va di pari passo con la storia. La racconta, la immagina, la disegna e ne segue i cicli. L’animazione, fino a qualche tempo fa, sembrava immune ai saliscendi, ma poi i boom al box office dal 2015 sono diventati sempre più rari, fino a scomparire con la pandemia. Il primo segno di ripresa è arrivato lo scorso anno, confermato anche dall’inizio del 2024. Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki ha incassato 45 milioni di dollari in America e ha debuttato al secondo posto al botteghino italiano. Un risultato incredibile per i tempi che corrono e per il budget dello Studio Ghibli. Eppure, da due anni a questa parte, l’animazione che ottiene più incassi è quella che spende meno. Una formula che vale anche per il mondo delle grandi case di produzione.

ridurre i budget senza rinunciare alla qualità

Il panorama attuale potrebbe essere diviso idealmente in due vallate. La prima valle, quella più verde, è quella della NBCUniversal che con Illumination Entertainment ha ridisegnato le gerarchie. Nel 2023 il film d’animazione più visto è stato Super Mario Bros. con un incasso di 1,3 miliardi di dollari, a fronte di una spesa di 100 milioni. Avremmo dovuto scrivere “soli” cento milioni, ma nel caso di Illumination, ci troviamo difronte a un’eccezione. L’ambizione principale del CEO Chris Meledandri è infatti quella di riuscire a realizzare film d’animazione di successo con un budget che non vada oltre i 70 milioni di dollari. Da qui deriva la scelta di spostare la maggior parte delle produzioni in Francia, negli studios di Parigi. Il minor costo degli artisti non coincide con un abbassamento della qualità, anzi. Basti pensare al buon risultato ottenuto al botteghino da Migration che, pur essendo una storia originale, priva quindi di una fan base da franchising, ha incassato 227 milioni di dollari.

Kung Fu Panda 4
Kung Fu Panda 4
(from left) Po (Jack Black) and Zhen (Awkwafina) in Kung Fu Panda 4 directed by Mike Mitchell. (DreamWorks Animation)

Il budget per l’atteso Cattivissimo Me 4 non supera i 100 milioni, così come quello di Kung Fu Panda 4, il meno costoso della saga, prodotto dalla DreamWorks. Quest’ultima, da quando è stata acquisita da Universal, sta adottando una strategia simile a quella di Illumination. Costi contenuti anche per i film di serie più celebri, in modo tale da poter sviluppare nuove storie originali con un budget equivalente, come The Wild Robot. D’altronde, i franchise sono una delle poche certezze rimaste nel mondo dell’animazione che, se sfruttate bene, portano risultati.

L’esempio migliore è quello di Sony Pictures Animation che sta ottenendo il massimo con i diritti dell’Uomo Ragno: Spider-Man: Across the Spider-Verse è stato il secondo film più visto del 2023 (690 milioni di dollari) con una spesa sempre attorno ai 100 milioni. Sony, per l’immediato futuro, si sta sempre più avvicinando alle case di produzioni indipendenti, come nel caso di The Garfield Movie prodotto da Alcon Studios con Columbia e distribuito da Sony.

crisi disney

La seconda vallata è rappresentata dai Walt Disney Studios Animation che sono in una situazione opposta. La strategia delle spese ingenti non ha pagato, neppure con l’ultimo Wish. Costato 200 milioni di dollari, ne ha incassati 223 quando invece e ne sarebbero serviti almeno 400 per considerarlo un progetto vantaggioso. La crisi della Casa di Topolino in realtà riguarda un po’ tutti i settori. Al momento sono previsti dei tagli annuali, circa 7,5 miliardi stando a quanto dichiarato dal CEO Bob Iger. Sono coinvolti anche gli studi Pixar. Secondo TechCrunch, quest'anno è prevista un'ondata di licenziamenti con tagli che potrebbero raggiungere il 20% della forza lavoro. In altre parole, il team Pixar potrebbe ridursi da 1300 persone a meno di 1000 nei prossimi mesi. La cosa che stupisce però, è che le più grandi speranze di rilancio degli Animation Studios di Disney, si riversano su Inside Out 2. Il primo capitolo aveva incassato più di 800 milioni, diventando il film Pixar con più guadagni negli Stati Uniti della storia, superando Alla ricerca di Nemo. Il secondo film, in uscita a giugno, è costato la bellezza di 175 milioni.

Prendi il volo
Prendi il volo

Prendi il volo

la riscossa degli indipendenti

Se le major stanno varando soluzioni differenti, chi sta cavalcando l’onda di questa inaspettata rinascita dell’animazione sono gli studi indipendenti. In che modo? Grazie alle partnership. Studio Ghibli, per esempio, ha da qualche mese chiuso un importante accordo con il colosso Ali Baba. Nel mondo occidentale entrano in gioco attori diversi, gli unici finora rimasti fuori da questa analisi: le case streaming. Chi si è mossa prima e in modo migliore è stata Netflix. Lo scorso ottobre la piattaforma ha firmato un accordo pluriennale con Skydance Animation, i cui studi sono divisi tra Los Angeles e Madrid (sì, ancora Europa). Già quest’anno arriverà Spellbound ed è previsto un film di Brad Bird (Gli Incredibili).

Altri accordi Netflix li ha conclusi con lo Studio Ponoc, fondato da Yoshiaki Nishimura (ex Studio Ghibli) – Prendi il volo sarà il primo film – e con Aardman Animation con cui, dopo Galline in fuga: l’alba dei Nugget, è previsto un nuovo capitolo di Wallace e Gromit. La scorsa estate il CEO Ted Sarandos ha confermato che la piattaforma investirà anche 17 miliardi nei Netflix Studios Animation, forte del successo di Leo e di Pinocchio di Guillermo Del Toro. La speranza è che certi film vengano fatti passare anche nelle sale. Ne va del futuro, perché è dall’animazione che spesso inizia la passione dei più piccoli per il cinema.