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A Simple Accident
La dicitura “film d’autore” fa storcere il naso a molti. Esiste un film senza un autore? È un’etichetta che si può ancora utilizzare dopo la Nouvelle Vague? Il dibattito è aperto. Ma di sicuro alcuni registi sono in grado di lasciare un’impronta forte, sanno distinguersi. Quali vedremo nei prossimi mesi?
Tanti fuoriclasse della macchina da presa arriveranno nelle sale (e sulle piattaforme) entro la fine dell’anno. E molti sono attesi per le prime settimane di gennaio, tra cui La Grazia di Paolo Sorrentino (apertura di Venezia) e Marty Supreme di Josh Safdie con Timothèe Chalamet, nei panni di un giocatore di ping pong. Il fratello Benny Safdie è invece impegnato nel raccontare la vita del lottatore Mark Kerr, con un sorprendente The Rock, in The Smashing Machine.
Netflix farà la parte del leone. Nella prima parte del nostro speciale vi abbiamo parlato di Frankenstein di Guillermo Del Toro (ma di mutazioni e corpi frammentati parla anche Julia Ducournau in Alpha) e A House of Dynamite di Kathryn Bigelow, a cui si aggiunge Jay Kelly di Noah Baumbach con George Clooney. Un uomo in cerca di identità prova a capire chi è davvero, sfidando il paradosso: tutti dicono di conoscerlo e capirlo benissimo. È solo lui a essere confuso.


Spostandoci dallo streaming alla sala, il tema dell’autodeterminazione resta centrale. Pensiamo a Giovani madri dei fratelli Dardenne, in cui la gioventù si mescola alla genitorialità. È una ricerca di senso, ormai perduto nel caso di The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania (ancora però senza data di uscita). Racconta della tragedia di Hind Rajab, una bambina che nel 2024 provò a salvarsi durante uno scontro nella Striscia di Gaza. Rimase al telefono con i soccorritori fino alla fine, che tentarono in ogni modo di raggiungerla prima dell’inevitabile.
Lo sguardo è quindi sull’attualità, come in Il mago del Cremlino di Olivier Assayas con Jude Law, dove si assiste all’ascesa di Putin. Dalla Russia all’Iran, da non perdere è la Palma d’Oro dell’ultima edizione del Festival di Cannes: Un semplice incidente di Jafar Panahi. È un road movie sulle orme della Storia, in cui una vittima, anni dopo le torture subite, pensa di riconoscere il suo aguzzino e decide di vendicarsi.
La realtà viene invece manipolata, trasformata in satira sferzante in Eddington di Ari Aster. Si parte dal Covid per arrivare alla situazione politica degli Stati Uniti, in una storia a tratti brutale. L’attenzione all’attualità è anche nel bellissimo documentario di Albert Serra Pomeriggi di solitudine, che si focalizza sulla violenza della corrida, sulla giornata tipo del torero. C’è un filo rosso che unisce questi film, una paura del presente, un tormento strutturale legato al nostro tempo.
Sono sentimenti che spiccano anche in Bugonia di Yorgos Lanthimos, in Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson e a suo modo anche nell’attesissimo Avatar – Fuoco e cenere di James Cameron (sempre citato nella prima parte). Non esistono più luoghi sicuri, come ci mostra Luca Guadagnino in After the Hunt: Dopo la caccia con Julia Roberts. Una studentessa accusa il suo professore di averla molestata. Dov’è la verità? Non saremo noi a svelarlo.


Un altro tema è quello della famiglia. Jim Jarmusch si interroga sulle dinamiche legate al focolare in Father Mother Sister Brother con Cate Banchett e Adam Driver. Ma forse il più intrigante è Anemone, opera prima di Ronan Cal Day – Lewis, che riporta al cinema il padre Daniel Day – Lewis dopo otto anni di assenza. Naturalmente sarà una vicenda di genitori e figli. E dall’Oriente? A brillare è il sudcoreano Park Chan – wook con No Other Choice. Il film si sofferma su un uomo che è stato licenziato. Per riavere il posto decide di eliminare fisicamente la concorrenza. L’accento è su un mondo del lavoro sempre più duro.
Concludiamo con gli italiani, tutti in concorso al Lido. Duse di Pietro Marcello è il ritratto testamentario di una leggenda del palcoscenico, Un film fatto per Bene di Franco Maresco è un doc graffiante, pieno di sorprese, e decisamente controcorrente. Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi è una fotografia all’ombra del Vesuvio, in cui a scorrere sono esistenze diverse. Elisa di Leonardo Di Costanzo presenta un’inedita Barbara Ronchi, interpreta un’assassina in prigione che deve confrontarsi con il suo lato peggiore.
Da Cannes arriva invece un film folgorante: Le città di pianura di Francesco Sossai. È un on the road senza requie, sempre su strada, in cui l’inseguimento dell’ultimo bicchiere si fa metafora di una quotidianità irrisolta. Per gli amanti delle cronache amorose, da non perdere è Material Love di Celine Song, che torna dietro la macchina da presa dopo il riuscito Past Lives. A prendere vita è un triangolo amoroso composto da Dakota Johnson, Pedro Pascal e Chris Evans. Si preannuncia una fine dell’anno molto ricca, in cui ogni tipo di spettatore potrà soddisfare le proprie esigenze, lasciandosi anche stupire.