Nulla è se non immagine

L’immagine scandisce e cristallizza uno stato preciso degli eventi fissandolo in forma utile a confermare, sconfessare, convincere, definire una realtà o quell’altra, offrire un appiglio verosimile a statements di sorta. Poco più di una convenzione funzionale alla comunicazione rapida di informazioni e al commercio sbrigativo di pensieri e oggetti, santino devozionale di una realtà statica del tutto artificiosa che alimentiamo costantemente per tentare di appropriarci delle complessità che conteniamo e che per paradosso non siamo in grado di concepire.

La genesi di una immagine ha quasi sempre a che fare con la imitazione di un modello che può essere grossolanamente materiale come una intangibile connessione di frequenze e pensieri. Il suo prodotto è un mediatore della percezione che generalmente soddisfa lo standard cognitivo medio. A volte la genesi è così immediata da non permettere di ipotizzare un prima, come se l’immagine fosse sempre stata. Il catalizzatore che permette alla immagine di staccarsi dal suo doppio originario è l’autore, anche lui somma di immagini di infiniti generi, le configurazioni delle sue cellule, delle molecole, le morfologie di ogni singolo organo e delle sue strutture, le architetture della propriocezione, le sinapsi, le catene cinetiche costantemente ridisegnate da un demiurgo interiore sconosciuto che gli consente di relazionarsi con il mondo. Impossibile risalire al momento cruciale da cui tutto questo immaginare è partito.

L’astronomia offre alcuni spunti per una riflessione al riguardo. Le fotografie dei corpi celesti ci raccontano di ambienti straordinari cui attribuiamo familiarità di fantasia attraverso il gioco delle somiglianze che ce li fa sentire vicini, comprensibili, perfettamente mutuabili nel nostro sistema convenzionale di traslati e metafore. È di una forzatura, ciò che appare solido e tutto sommato accessibile alla cosmogonia tascabile ricostruita attraverso le rappresentazioni più nitide ed esaustive, non è altro che il risultato degli addensamenti di polveri e gas le cui dimensioni sfuggono ad ogni riferimento, molto meno suggestivo di ciò che il telescopio restituisce in dpi e pixel.

L’immagine di un buco nero, ad esempio, rappresenta uno spazio che probabilmente non esiste in quella forma, forse non esiste in qualunque forma pensabile, forse il buco nero è il negativo di una assenza imperscrutabile. Eppure quell’immagine si prende la scena, indipendentemente dalla fondatezza del nesso con l’originale; la fotografia del buco nero diviene a tutti gli effetti il reale che possiamo frequentare, l’unico con cui riusciamo a stabilire un contatto perché l’altro, l’originale ovunque sia e qualunque cosa sia, è inaccessibile. L’universo ricomposto dal puzzle delle fotografie prende il posto dell’universo vero, diventa l’universo vero, in definitiva è l’universo vero, per noi. Immagine è anche la trama dei dati in un disco digitale. Immagine di processi dinamici, reticolo che riordina costantemente infiniti incidenti sintattici pronti a sconfinare nel mondo analogico, attraverso cui prendono forma tangibile i bit, i database, la scrittura, le fotografie e i disegni, le sintassi software, generando conseguenze, ancora altre immagini capaci di sopravvivere alla stessa memoria che ne permette l’addensamento apprezzabile.

Dunque, immagine non è semplicemente la contingenza che prende corpo per rispondere ad esigenze specifiche della segnaletica esistenziali, è la sostanza stessa di ogni contingenza, è il veicolo dell’esperienza. Nulla è se non corpo, nulla è se non immagine, la sola dimensione attraverso cui possiamo intessere una relazione, telaio e metodo. Non vi è vera separazione tra il di qua e il di là della telecamera (per riprendere la metafora del fotogramma), entrambi sono artefici e prodotti in un flusso continuo impossibile da catturare se non attraverso i relitti che lascia per strada, le immagini.

Sono date tante vie dell’immagine quante le immagini possibili e le unità di tempo e spazio minime in cui ogni singola immagine prende forma. Insiemi di infinite risonanze addossate una all’altra, osmoticamente compromesse, instabili e transitorie la cui gerarchia è pura invenzione. Gli autori sono l’incidente che obbliga tutto questo flusso a prendersi una pausa, illusione di un distinto irriducibile finalmente libero dalla costante riscrittura del reale che siamo destinati ad inseguire nelle vie impervie e affascinanti dell’immagine. Alcuni di questi incidenti saranno il tema delle prossime puntate.