"Il mio rapporto con Roma è legato al Gladiatore non al 100%, ma al 1000%. Ovviamente ho fatto altre cose dopo, ma l’accoglienza degli italiani, il calore, la famigliarità che ricevo qui grazie a quel film è fantastica. Mi considerate come un vostro zio, è un legame che trascende la fama e la notorietà: è un riconoscimento alle mie qualità artistiche. Riconoscimento che non ricevo in Nuova Zelanda”.

Russell Crowe torna in Italia. Però, niente film da girare o promuovere questa volta. L’occasione è il concerto di questa sera al Teatro Romano di Cinecittà in cui si esibirà insieme al suo gruppo, gli Indoor Garden Party, per sostenere la candidatura di Roma per l’EXPO 2030. L’attore, infatti, lo scorso anno è stato designato ambasciatore dal sindaco Gualtieri ambasciatore della Città Eterna per l’esposizione universale.

Il concerto romano, realizzato in collaborazione con Alice nella Città, prosegue un tour mondiale grazie al quale Crowe e soci da qualche settimana girano l’Italia, da Sud a Nord: "Sono entusiasta di cantare nel vostro Paese: mi piace molto il contatto con il pubblico italiano. A Catanzaro, per esempio, abbiamo suonato dentro un teatro. Prima gli spettatori erano contenuti, molto timorosi, poi hanno cominciato a partecipare, a cantare, a ballare: è stato bellissimo. Come a Taranto, dove ci siamo esibiti all’aperto. Non ho mai fatto un concerto a Roma prima d’ora, ne feci uno a Milano vent’anni fa, senza considerare la mia partecipazione a Sanremo. Ho un sogno: tornare l’anno prossimo e suonare al Colosseo.“ 

Ultima esibizione in Italia prevista a Bologna, martedì 27 giugno al Teatro Comunale Nouveau: “Scrivete, per favore, – sottolinea l’attore e regista –  che l’incasso del concerto andrà alle vittime delle alluvioni in Emilia Romagna”.

Non solo musica, però, l’incontro con la stampa che si è svolto nella sala Fellini di Cinecittà, è stato anche l’occasione per uno sguardo all’indietro sulla sua carriera e sui cambiamenti avvenuti al mondo del cinema: 

"Da quando ho fatto Il Gladiatore, il cinema è cambiato moltissimo, ma è dipeso tanti fattori. Mi sono accorto di un passaggio epocale nel modo di girare, però, sul set di Robin Hood. Erano state erette strutture altissime, addirittura avevano ricostruito un intero castello. Lì ho avuto un’epifania: sarebbe stata l’ultima volta per me, su un set di quelle dimensioni reali. Nei vari blockbuster in cui ho avuto modo di partecipare dopo, il set concreto è abbastanza inusuale, spesso si lavora in spazi aperti, ma vuoti. Si gira in un’enorme spazio blu”.

Crowe, poi, si sofferma anche sulle conseguenze del fenomeno: “Oggi non c’è più una via di mezzo tra i film indipendenti e quelli a grande budget. Manca tutta la fascia centrare in cui un tempo si collocavano film come Toro Scatenato o A Beautiful Mind, belle storie che avevano bisogno di un certo budget per essere girate. Oggi, c’è solo un estremo o l’altro. E quel vuoto è riempito dalle serie televisive".

Non solo set, il Premio Oscar ha voluto dire la sua anche sullo sciopero degli sceneggiatori in corso in America: "La questione va presa seriamente. Le grandi produzioni hanno progressivamente distrutto, come ho detto, un certo tipo di cinema. E vale anche per le sceneggiature. L’Intelligenza Artificiale è una minaccia per la creatività, se le lasciamo prendere il sopravvento, la distruggerà. I produttori ovviamente spingono per una soluzione rapida, ma essendoci troppi soldi in ballo, diventa difficile. Io spero che ci si arrivi al più presto, perché se lo sciopero e le trattative si prolungano, non si arriverà ad una soluzione migliore, ma peggiore”.

A chi gli chiede poi perché il Gladiatore 2, che è in produzione proprio in queste settimane, non lo veda coinvolto, prima prova a cavarsela rispondendo con una battuta: "Io sono morto nel primo (ride, ndr)”. Poi, però, pungolato ancora dalla giornalista, non nasconde l’amarezza: “Non ne so nulla, nessuno dalla produzione mi ha contattato, non ho niente a che fare col film. Leggo le notizie dai giornali, come tutti voi”