Che il 2025 non sia stato un anno particolarmente felice per il mercato – e per 01 – lo dice lo stesso Paolo Del Brocco, richiamando più volte la “debolezza del prodotto USA” e l’andamento sotto le aspettative un po’ ovunque. I numeri della controllata Rai Cinema, però, consentono una lettura meno cupa: circa 6,2 milioni di spettatori, 43 milioni di euro d’incasso, una quota intorno all’11%, prima tra gli indipendenti dopo le major. Non sarà stato un trionfo, ma nemmeno una catastrofe. Tanto più che Follemente di Paolo Genovese, commedia di punta del listino, è stato il film italiano più visto dell’anno e si aggiudica il Biglietto d’Oro ANEC nel quadro delle Giornate Professionali di Sorrento (da oggi fino al 4 dicembre), mentre il titolo più visto in assoluto resta Lilo & Stitch, davanti a Mufasa: Il Re Leone e allo stesso Follemente.

Sul podio degli incassi italiani salgono anche Diamanti di Ferzan Ozpetek (Vision Distribution) e Io sono la fine del mondo di Gennaro Nunziante (Vision Distribution), mentre a 01 va pure il riconoscimento per Elisa quale film italiano campione d’incassi nel periodo dell’iniziativa estiva “Cinema Revolution”. Il bicchiere si può vedere in due modi: la distribuzione può contare ogni anno su alcuni titoli-evento, ma resta pericolosamente sguarnita sul resto del listino, incapace di generare una massa critica paragonabile, soprattutto fuori dalle alte stagioni.

È in questo contesto che 01 scopre le carte per il 2026. Del Brocco rivendica il ruolo industriale e culturale di Rai Cinema – “volano” per un tessuto produttivo che in venticinque anni si è profondamente trasformato – ma ammette che dal prossimo anno la parola d’ordine sarà selettività, complice il blocco del canone e il ripensamento in corso sul Fondo Cinema e sul tax credit. L’obiettivo dichiarato è non arretrare sul pluralismo dei produttori, ma scegliere meglio i progetti, “bei film pensati per il pubblico pagante”, in un ecosistema dove le finestre sono saltate e l’“unicità” della sala è messa quotidianamente in discussione.

Il listino 2026 è a fortissima trazione italiana: circa quattro quinti dei titoli sono produzioni o co-produzioni guidate dall’Italia. Da un lato, le commedie e i film medio-mainstream; dall’altro, un nucleo compatto di cinema d’autore.

Fanno parte del primo gruppo Un bel giorno di Fabio De Luigi, Le cose non dette di Gabriele Muccino, Amore e altri guai di Simone Aleandri, la rilanciata operazione generazionale Notte prima degli esami 2026. Sono film pensati per coppie, famiglie, pubblico generalista, sorretti da volti noti e da un immaginario riconoscibile, in continuità con la scia vincente di Follemente. Il rischio, semmai, è l’uniformità: quanta varietà di tono e di sguardo ci sarà davvero tra queste proposte?

Il cuore identitario del listino resta il cinema d’autore, il terreno su cui Rai Cinema ha costruito negli anni la propria reputazione. Tornano registi “di casa” come Francesca Archibugi (Illusione), Daniele Vicari (Bianco), Gianni Amelio (Nessun dolore), Guido Chiesa (Piccolo miracolo), Pupi Avati (Nel tepore del ballo). A questi si affiancano l’attesissimo Succederà questa notte di Nanni Moretti e Scherzetto di Mario Martone, one-man movie cucito addosso a Toni Servillo. È un blocco pensato per il pubblico d’essai, per i festival e per le città medio-grandi, in cui Del Brocco individua come comune denominatore i “legami”: famiglie, coppie, comunità, relazioni che si spezzano e si ricompongono.

Ma non è tanto il valore potenziale delle singole opere a essere messo in discussione. Tra questi film troveremo verosimilmente diverse eccellenze. L’interrogativo riguarda semmai la loro capacità di diventare motore di un pubblico dubbioso, impigrito, in un altro anno in cui i titoli d’autore non avranno l’appoggio di un forte traino americano. Basteranno alcuni nomi, da soli, a portare spettatori dalle piattaforme alle sale? Molto dipenderà dalla capacità di trovare alchimie migliori tra uscite, campagne e tenitura sul medio periodo.

Un capitolo a parte meritano i film che strizzano l’occhio ai pubblici più giovani. Sono in particolare Alla festa della rivoluzione di Arnaldo Catinari e Je so’ pazzo di Nicola Prosatore, dove le scelte di cast rispondono anche a una “riconoscibilità seriale”: da Nicolas Maupas a Massimiliano Caiazzo, cercando un ponte tra l’universo delle serie e il cinema di sala. Qui si tratterà non solo di capire se quei volti sposteranno davvero il pubblico giovanile verso il grande schermo, ma anche se il racconto saprà parlare la lingua delle nuove generazioni.

Sul versante più scuro, L’estranea di Paolo Strippoli – co-produzione Italia-Francia-Belgio con Jasmine Trinca, Romana Maggiora Vergano, Adriano Giannini e Valeria Bruni Tedeschi – porta nel listino un cinema dalle tonalità cupe e perturbanti. Non è propriamente un horror, ma un dramma “nero” che conferma l’interesse di 01 per un genere emotivamente più spigoloso, in grado di intercettare quel pubblico che negli ultimi anni ha trovato nel thriller e nell’horror d’autore una nuova forma di racconto socioculturale. Anche qui il dubbio è legittimo: quanto mercato reale c’è, in Italia, per un cinema di genere che non sia né pienamente commerciale né apertamente festivaliero?

La componente estera è contenuta ma strategica. Una di famiglia – The Housemaid di Paul Feig (con Sydney Sweeney e Amanda Seyfried) e Pressure di Anthony Maras (Working Title/StudioCanal, con Brendan Fraser e Andrew Scott) rappresentano gli innesti anglofoni più evidenti, pensati per un pubblico giovane-adulto abituato al cinema e alle serie in lingua originale. Sul versante europeo, Il figlio del deserto di Gilles de Maistre guarda al pubblico family, mentre Il mago del Cremlino – Le origini di Putin di Olivier Assayas si colloca nell’area del grande racconto politico e geopolitico, destinato alla platea d’essai più informata. Anche qui la linea è chiara – pochi titoli, selezionati – ma resta irrisolta la questione di come questi film dialogheranno con un’offerta internazionale sempre più affollata sulle piattaforme.

Ne esce un listino stratificato per target: famiglie e teen (tra cinema scolastico e titoli family), coppie adulte e pubblico generalista (commedie e drammi sentimentali italiani), cinefili e frequentatori di festival (Moretti, Martone, Amelio, Archibugi, Vicari, Assayas), pubblico giovane-seriale attratto dai volti delle piattaforme. L’identità di 01 resta quella di un marchio a forte trazione italiana, che integra il prodotto estero solo come innesto mirato e complementare.

È una ripartenza nel segno della coerenza che lascia però aperti diversi interrogativi: sulla capacità della commedia di non sedersi sui pochi ma importanti successi; sul peso effettivo del cinema d’autore in un mercato complessivamente debole e orfano dei grandi titoli americani; sulla tenuta in sala di un paio di titoli esteri “di prestigio” ma non necessariamente popolari; sulla possibilità di riportare davvero i giovani in sala lavorando su pochi titoli-ponte. Le risposte arriveranno. Per ora, l’impressione è quella di un listino riconoscibile e molto italiano, che può fare tesoro del Biglietto d’Oro per Follemente, pensandolo non nei termini di un’eccezionale e fortunata meteora, ma come l’inizio di una strategia capace di trasformare un’identità editoriale in quota di mercato.